“Ciò che è peggio è che quello che l’ISIS desidera essere l’Iran lo è già da trent’anni”. Tra il 1978 e il 1979 Esmail Mohades era in piazza con milioni di iraniani che si ribellavano alla dittatura dello scià. Dopo l’instaurazione del regime islamico di Khomenini ha dovuto abbandonare il paese e oggi vive in Italia e continua a lottare per la democrazia. Nel volume Una voce in capitolo, presentato mercoledì 26 febbraio alla biblioteca Villa Leopardi di Roma, racconta le battaglie che hanno attraversato l’Iran dall’ottocento ai giorni nostri.
“L’Iran è un paese particolare: nel novecento ha vissuto ben tre rivoluzioni legate non a questioni materiali ma alla conquista della libertà”. Una storia che si ripete in modo tristemente uguale quella raccontata da Mohades: la spinta verso la democrazia con milioni di persone che scendono in piazza, puntualmente arrestata dall’intervento di potenze straniere che favoriscono l’instaurazione di regimi autoritari: “In passato in chiave anti-russa, oggi per tenere a freno l’avanzata della Cina”. Al centro gli eterni protagonisti di ogni guerra: il petrolio, il potere. Nel mezzo migliaia di persone ammazzate o finite in carcere, a diluire il tutto l’ottima scusa: la religione.
“Se il regime dello scià non garantiva libertà politica quello di Khomeini ha eliminato anche lo spazio sociale: né le donne né gli uomini iraniani possono vestire come vogliono. Gli iraniani chiedono la laicità, che è cosa diversa dall’ateismo, ma sanno bene che questo regime non ha nulla a che vedere con il loro credo”. Per Mohades non c’è nessuna differenza tra l’Iran e l’ISIS: “ISIS vuol dire governo islamico, la costituzione iraniana applica in modo integrale la sharia e tutte le leggi devono ottenere l’approvazione della guida islamica che non è eletta. L’uno taglia le gole, l’altro in passato ha fucilato milioni di persone, per non parlare delle ragazze recentemente sfregiate con l’acido perché poco velate”.
La sua tesi è che l’instabilità dell’area mediorientale sia legata alle mire di potere del regime iraniano: “Dal Libano alla Striscia di Gaza, dall’Iraq alla Siria l’Iran ha finanziato i conflitti che hanno incendiato il medio oriente e le schegge sono arrivate fin qui, come dimostrano i fatti di Parigi”. E l’occidente? “Non reagisce, anche di fronte all’ISIS: come è possibile che 3.000 persone riescano a conquistare una città di 300.000 abitanti come Mosul?”.
Il filo rosso per cui gli iraniani si battono per la democrazia però continua: “Tant’è che il regime è in grandissima difficoltà”. In prima fila ci sono proprio quelle donne che dal 1979 sono obbligate a indossare il velo, che non possono accedere a ruoli chiave nello stato, che vengono date in spose anche prima dei 13 anni a uomini molto più vecchi di loro, devono accettare la poligamia e non hanno diritto di divorziare: “la leader dei mujaheddin è una donna, la vera forza della resistenza è femminile”. L’unica via per la democrazia in Iran e in medio oriente è per Mohades l’abbattimento del regime monarchico e del regime islamico: “Quando la riforma non basta serve la rivoluzione”.
Sandra Fratticci (5 marzo 2015)
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