Accoglienza profughi: dall’ Africa al Municipio II sognando una vita migliore

accoglienza-municipio-IISono passati poco più di due anni dallo scandalo di Mafia Capitale e a Roma, dopo l’appello di Papa Francesco, c’è qualcuno che prova ad offrire ai profughi un’accoglienza degna scegliendo di affiancarsi a chi è costretto a fuggire da guerre e persecuzioni. E’ il caso della parrocchia San Roberto Bellarmino, a piazza Ungheria, nel Municipio II, che con l’arrivo dell’anno nuovo ha regalato ad una famiglia congolese l’opportunità di iniziare una nuova vita.

Dopo l’appello di Papa Francesco la parrocchia e tutti i suoi volontari si sono attivati. Era da tempo che cercavamo di accogliere una famiglia perché avevamo a disposizione un piccolo appartamento. Ci siamo messi in contatto con la Caritas e la prefettura e appena hanno finito di fare i sopraluoghi, il parroco ha chiamato gli operai e con i soldi della parrocchia sono stati sistemati i locali”. A parlare è Rossella D’Agostino, responsabile del centro “Telefono D’argento” di San Roberto Bellarmino.

Per arrivare in Europa dal Congo ci vogliono mesi, anche anni se si hanno pochi soldi o si è sfortunati, e bisogna rischiare la vita mentre si attraversa l’Africa in un viaggio che è una lotteria. Salomè, lo ha fatto. E’ arrivata a Roma da sola circa due mesi fa lasciando alle spalle il suo lavoro di coordinatrice in un presidio sanitario del Congo e diverse persecuzioni da parte del governo del suo paese. Finalmente è riuscita a scappare e ad ottenere lo status di rifugiato con il riconoscimento della Convenzione di Ginevra per poi iniziare una nuova vita nel piccolo appartamento offerto dalla parrocchia San Roberto Bellarmino.

“Abbiamo deciso di inserirla in questa parrocchia perché San Bellarmino dimostra da anni una tradizione di vicinanza con i rifugiati grazie alla presenza del Centro Welcome, associazione che lavora insieme a loro per favorire la conoscenza e l’incontro con diverse culture attraverso corsi di formazione professionale, anche per persone extra-comunitarie. E questa cosa ci tranquillizzava”, spiega Donatella Parisi, responsabile per la comunicazione del Centro Astalli.

Per ora, Salomè è riuscita a portare in Italia due dei suoi quattro figli grazie al ricongiungimento familiare. ”Gli altri due si trovano ancora nel Congo a casa di una sua amica. Purtroppo i requisiti e la documentazione necessari per ottenere il ricongiungimento familiare sono molto lunghi e costosi”, racconta Parisi.

Salomè si alza la mattina presto, accompagna i suoi figli di 9 e 17 anni a scuola e poi va in giro alla ricerca di un lavoro. “C’è un medico in parrocchia che ha saputo che Salomè faceva l’infermiera nel suo paese e ha deciso di aiutarla a ottenere il riconoscimento della laurea in Italia, speriamo che con questo aiuto sia più semplice”, spiega Parisi.

I suoi figli si sono integrati, soprattutto il più giovane, “frequenta la scuola elementare nel Municipio II e ora si è iscritto anche alle medie, fa il chierichetto e ogni tanto gioca a calcio in partite organizzate dalla parrocchia. L’altro invece – continua Parisi – sta frequentando un corso di italiano al Centro Astalli”.

Oltre alla mancanza di un lavoro, una delle principali difficoltà di Salomè è integrarsi, costruire rapporti amicali, relazioni. Un argomento che, spiega Rosella D’Agostino, è stato trattato anche in Consiglio Pastorale. “Purtroppo, ogni sera, Salomè si chiude nell’appartamento insieme ai suoi figli, non conosce nessuno. Noi invece vogliamo integrare questi migranti nel quartiere e abbiamo pensato che magari, durante la messa, nella quale ci sono tante persone, potremmo presentare Salomè e la sua famiglia. Anche se per ora la parrocchia non ha organizzato iniziative da fare insieme a loro,” conclude. Infatti la situazione non è facile per Salomè. Per ricostruire un rapporto con i figli ritrovati ci vogliono tempo ed energie. Allo stesso tempo però è importante che tutti si sforzino; Salomè, i figli e la comunità parrocchiale in modo di rendere questa presenza una ricchezza per tutti.

Il sole tramonta sulle case del Municipio II, è l’ora di cena e Salomè e i suoi due ragazzi si recano al deposito dei cibi forniti dalla Caritas che si trova all’interno della parrocchia per prendere quanto necessario per preparare la cena. Finisce così un’altra giornata per questa famiglia congolese che spinta dal desiderio di costruirsi una vita migliore di quella che hanno lasciato alle spalle porta avanti il sogno di lavorare e vivere in Europa, un viaggio che non è ancora finito, anzi, è appena iniziato.

 

Cristina Diaz(09 marzo 2016)

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