Nella sede della Federazione Nazionale Stampa Italiana a Roma, il 17 marzo la Articolo 21, Carta di Roma, Federazione nazionale della stampa italiana e COSPE (cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti), in collaborazione con www.illuminareleperiferie.it, hanno presentato la ricerca “L’odio non è un’opinione. Hate speech, giornalismo e migrazioni”.
La ricerca è stata realizzata da COSPE nell’ambito del progetto europeo contro il razzismo e la discriminazione su web, “BRICkS” – Building Respect on the Internet by Combating hate Speech”, per il quale ha approfondito questo fenomeno.
“Nell’anno appena trascorso sono stati circa 700 i casi di istigazione all’odio online, secondo l’UNAR e la mancanza di una normativa italiana che sanzioni l’hate speech fa temere per un 2016 con lo stesso trend” chiarisce Alessia Giannoni del COSPE. “è raro che nelle testate online ci sia un social media manager che gestisca i commenti online” sottolinea la Giannoni “questo, insieme all’assenza di una policy chiara in materia, rende difficile l’equilibrio tra la libertà d’espressione e la necessità di regolamentazione.”
Si tratta di un problema di mancanza anche per Giuseppe Giulietti, presidente FNSI “assenza di conoscenza, dei principi costituzionali di eguaglianza e non discriminazione. Il linguaggio della verità non ha bisogno dell’odio”. E rilancia, in merito alla carta di Roma, codice deontologico dell’Ordine dei giornalisti relativo a come affrontare i temi legati all’immigrazione, “dovrebbe essere allegata al contratto di lavoro giornalistico, anche per promuovere una presa di coscienza”.
“Il punto centrale da chiarire è che bloccare i discorsi d’odio non è una censura ma piuttosto un dovere professionale” evidenzia Pietro Suber, vicepresidente associazione carta di Roma “come giornalisti abbiamo il compito di confutare le affermazioni razziste e chiarire ai lettori la loro falsità intrinseca”.
Elisa Marincola di Articolo 21 ed Ejaz Ahmed, mediatore e giornalista, sono concordi nell’affermare che “esista una gerarchia delle notizie. Ad esempio si scrive dell’arresto del presunto terrorista, ma poi si dedicano solo poche parole alla notizia del rilascio” omettendo così una parte della notizia. I media online ed i social network diventano in tal modo un contenitore dove il contenuto viene diffuso talvolta in maniera approssimativa, alimentando, questa volta sì, quell’hate speech, il discorso d’odio, che aumenta le distanze e non va nella direzione di una società multiculturale.
Piera Francesca Mastantuono
(23 marzo 2016)
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