La Storia di Tety: da clandestina a insegnante di Italiano L2

la storia di tetyana
Tetyana è una delle corsiste del Laboratorio di giornalismo sociale Infomigranti. Arrivata dall’Ucraina sette anni fa, oggi insegna Italiano ai bambini stranieri.

Tety,  prima di iniziare a parlare di sé ha bisogno di fumare una sigaretta, non le capita molto spesso di aprirsi su certe cose.Ha 29 anni e vive in Italia da sette. Si è trasferita a Formia dopo aver preso una laurea in Economia nel suo paese d’origine, l’Ucraina, perché sua madre viveva già in Italia e la voleva accanto.Inizialmente non è particolarmente entusiasta dell’Italia, ha grosse difficoltà con la lingua e  per il distacco dai suoi amici, ma decide di rimanere e studiare l’italiano.

La prima opportunità è un corso d’italiano L2 offerto dall’Associazione Insieme – Immigrati in Italia. E’ tra gli allievi migliori ed è scelta per insegnare l’italiano ai più piccoli. L’associazione le dà anche “la spinta a guardare il lato positivo del restare in Italia”. Si mette in gioco e può dare sfogo al suo lato artistico: “in Ucraina facevo cose molto pratiche, non pensavo di essere brava nella fotografia. Qui invece ho fatto diverse mostre. Mi piace, mi sento realizzata.”

Nel frattempo iniziano i guai burocratici. “Scade il visto turistico e divento una clandestina. Vivo nel terrore di essere fermata in macchina o per strada. Non ho documenti di riconoscimento.”Tety interrompe il racconto, prende fiato e poi continua: “Quando sei clandestina vivi nell’ombra, non sei niente, puoi solo aspettare e aspettare e aspettare. Nient’altro.

Dopo due anni di clandestinità la prima richiesta di soggiorno le viene negata. “In tanti ti prendono in giro, quando sei clandestina, lavori e ti pagano in nero, mai un contratto vero. Per lo Stato non esisti e tu vivi nell’angoscia costante”Appena viene emanato il Decreto Flussi, nel 2013, fa di nuovo domanda per il permesso di soggiorno. Dal momento della richiesta al momento del responso vive in un limbo, lo status non è quello di clandestino e neppure quello di regolare.

La richiesta è accettata nel 2015: ha aspettato la risposta due anni. Ora, finalmente, può restare in Italia. Tra un anno le scadrà il permesso di soggiorno e lei preferisce non pensarci ora. “Sono anni che vivo così, posso solo sperare di avere tutti i documenti in regola quando mi servono”.

Proiettata verso l’Italia, ormai non le manca granché l’Ucraina. Da un anno vive con amici a Formia, adesso insegna italiano agli stranieri. Recentemente ha preso l’attestato di Esaminatore Celi ed è corsista nel Laboratorio di giornalismo sociale Infomigranti.

Casa mia? Ormai quella in Ucraina non è più casa mia ma neanche l’Italia è casa mia. Il viaggio continua sempre.

Magheda Ali El Shami

(26 maggio 2016)

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