Scuolemigranti alla Grande Moschea per la festa del sacrificio

_mg_5272
Scuolemigranti alla Grande Moschea

Sono le otto e via della Moschea è gremita: il mondo mussulmano romano si riunisce per celebrare Eid al Adha, la festa del sacrificio. Anche quest’anno la rete Scuolemigranti è presente e coglie l’occasione della festa per far conoscere i suoi corsi, tenuti da oltre cento associazioni, con due banchetti: uno posizionato vicino al cancello d’entrata, l’altro un po’ più in là, di fronte alle scalinate di accesso. Con le teste coperte e tanti volantini Paola Piva, coordinatrice della rete, e 14 volontari di varie associazioni promuovono le nuove iniziative ai curiosi che si avvicinano. Sono moltissimi i partecipanti alla prima funzione e tra i banchetti di dolci e di kebab, gli abbracci e i sorrisi si sprecano. L’importanza della celebrazione si respira nell’aria e rende l’atmosfera molto intensa. “Conosce la rete scuolemigranti?” chiede Simona, della Casa dei diritti sociali, ad Haquz che viene dal Bangladesh “Offriamo corsi di italiano gratuito, si clicca qui” spiega utilizzando un portatile “e si trova la sede del corso sulla cartina”.  Haquz è in Italia da vent’anni, sta chiedendo informazioni perché il suo italiano ancora non lo soddisfa: “Non ho tempo, lavoro tutto il giorno al ristorante”. A lui si aggiunge Sanro, che viene dal Gambia ed è in Italia da un anno e tre mesi, prima a Marcellina, ora al centro Enea: “Vorrei trovare una scuola vicino a Battistini”.Ci sono anche personalità importanti nel mondo islamico come l’onorevole Khalid Chaouki con la sua famiglia e riconosce come fondamentale un’iniziativa come quella di Scuolemigranti: “In un momento in cui si vogliono costruire muri bisogna opporre ad essi delle belle esperienze di dialogo” o Omar Camilletti, collaboratore del Centro Islamico Culturale d’Italia “Tutto ciò che va nella direzione dell’integrazione supplisce alle carenze che incontrano inizialmente i migranti anche la Grande Moschea lavora in questo senso”.C’è chi l’Islam l’ha scoperto da adulto come l’ex pugile Nino La Rocca, campione europeo dei pesi welter nell’89, di papà maliano e mamma siciliana, ora allenatore.Alcuni ragazzi marocchini prendono dei volantini “Noi siamo nati qua e frequentiamo la scuola italiana, ma forse qualche amico potrebbe averne bisogno”.

_mg_5328
Kamal e Khaled alla Grande Moschea per la Festa del sacrificio

E infatti la novità di quest’anno è proprio che molti di quelli che si avvicinano per chiedere informazioni parlano molto bene l’italiano ma diventano intermediari per le loro famiglie e le loro comunità. Come Hamid, che viene dal Sudan, in Italia da quindici anni, che prende i volantini da dare ai nuovi immigrati: “E’ importantissimo conoscere la cultura italiana, se no si è isolati. Il mondo è complicato, bisogna essere informati”. Per lui è stato vitale quando è venuto qui. La sua espressione preferita é “mai dire mai” perché “bisogna sempre darsi la possibilità di provare”. O come Kamal e Khaled, 18 e 19 anni egiziani che frequentano l’Istituto tecnico industriale Galilei da cinque anni, venuti da soli  con una borsa di studio: “Per noi l’inizio è stato molto difficile, siamo stati inseriti nelle classi, non capivamo niente. Invece il progetto di Scuolemigranti offre un servizio volontario che è fondamentale perché aiuta i giovani a capire la cultura del paese in cui vivono”.Per Paola Piva quest’anno la promozione dei corsi di Scuolemigranti è stata anche un’occasione per incontrare giovani e studenti di seconda generazione che si sono offerti di fare volontariato nella Rete. “Le provenienze sono varie: guarda oggi che integrazione, Somalia, Nigeria, Sudan, Afghanistan” dice Silvio della scuola Che Guevara, “e che interesse” secondo Alek della Casa dei Diritti Sociali “In crescita rispetto al passato”. E’ presente l’intera Associazione afghana di Torpignattara  con il vice presidente Mojeeb, che lavora come operatore sociale in un centro d’accoglienza, e Jamal membro attivo della comunità che pensa che gli stranieri debbano essere aiutati a studiare e integrarsi. Ci sono Rufaii e Mohamed della comunità somala, la cui parola preferita è “benvenuto”.Sara, del centro aggregativo Matemu, ritrova un suo studente, Atal di Kabul: “Sono contenta di incontrarti, mi ero preoccupata, non ti avevo visto per molto tempo, ti trovo bene”.La festa del sacrifico alla Grande Moschea vede abbracciati siriani e senegalesi come Mahmoud e Mamadou che si sono conosciuti alla comunità Sant’Egidio e da allora sono inseparabili. “La rete Scuolemigranti fa un lavoro fondamentale” dice Mamadou “E’ un ottimo passo: una persona che vuole studiare può farlo dove vuole. La mia parola preferita è serietà, perché la vita deve essere seria” dice con un gran sorriso mentre si allontana con il suo amico.

21/09/2016

Elena Fratini

Leggi anche:Festa del Sacrificio: la comunità islamica fra fede e polemicheLa Festa del Sacrificio e le donne musulmane non arabeRete Scuolemigranti: Piuculture in MoscheaGrande Moschea di Roma: “Il Ramadan ci rende più uniti”