Clemantine Wamariya: coraggio e determinazione delle donne rwandesi

Giovedì 4 maggio, all’Università Lumsa di Roma, Clemantine Wamariya, appassionata sostenitrice dei diritti umani, story teller impegnata nel lavoro di sensibilizzazione attraverso la forza della narrazione, ha incontrato i migranti dei centri d’accoglienza della Croce Rossa di Roma, per testimoniare la sua esperienza di vita.Ad introdurre l’argomento è stato Filippo Giordano, ricercatore del Dipartimento di scienze economiche, politiche e delle lingue moderne alla Lumsa: “la testimonianza positiva di una donna come Clemantine, che si è prodigata all’aiuto dei suoi connazionali e ci invita affinché i migranti dei centri d’accoglienza aiutino ad accogliere chi sbarca,  è determinante per contrastare le paure ed una visione negativa e meramente numerica dei flussi migratori. Inoltre va fatto presente che le organizzazioni non governative riescono ad assistere novemila migranti su Roma e provincia”.Dell’accoglienza parla anche Debora Diodati presidente della Croce Rossa di Roma: “la nostra mission non si ferma alle prime necessità, ma cerchiamo di portare avanti un progetto di vita per le persone migranti: solo così è possibile sconfiggere paure e pregiudizi”.La parola poi passa a Clemantine Wamariya, originaria del Rwanda, che incentra il suo intervento sull’importanza della pace e dell’aiuto reciproco per contrastare i genocidi e la lotta fratricida tra le etnie tutsi e hutu. Questo lo spunto di partenza per trasmettere ai giovani un messaggio di inclusione ed aiuto nei confronti dei migranti: “ricordo di aver passato l’infanzia in un paese tranquillo, mia madre era accogliente con tutti; quello che aveva lo condivideva con famigliari e amici, poi all’improvviso ci furono i massacri,  ma mia madre non ha mai smesso di essere amorevole. A causa della guerra civile io e mia sorella Clere – continua Clemantine – abbiamo lasciato il paese per cercare di raggiungere il Congo, uno stato tranquillo dove la qualità della vita era buona, ma siamo finite in un campo profughi dove abbiamo trascorso otto lunghi anni.  Qui Clere era il mio esempio: si prodigava per cercare di curare, aiutare gli altri del campo e dare degna sepoltura ai tanti cadaveri destinati alle fosse comuni.Una volta fuggite da quella situazione ci siamo stabilite in Congo, mia sorella è rimasta lì con la famiglia che si è creata, un anno e mezzo dopo il nostro arrivo è scoppiata la guerra. Da due donne forti come mia madre e mia sorella ho imparato l’importanza dell’ascolto e del rispetto tra popoli diversi.”A conclusione dell’incontro Clemantine ricorda gli errori dei paesi europei da non ripetersi nei confronti il continente africano: “L’Europa deve avere più rispetto per le popolazioni africane, purtroppo, in passato siamo stati spinti all’odio ed alla guerra civile, ciò è più grave rispetto al saccheggio  delle materie prime che appartengono al nostro territorio. E’ anche fondamentale creare aziende e lavoro: nel popolo e nelle donne africane non c’è solo povertà, ma ci sono molte capacità”.

Marzia Castiglione Humani

(7, maggio 2017)

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