Abbiamo imparato a conoscere quell’infame commercio dei nostri tempi che è il traffico illegale di migranti attraverso le tragiche cronache sui media, le inchieste o i saggi . Ma evidentemente è una realtà così terribile per l’umanità intera da diventare anche materia di narrazione letteraria.
Il romanzo Ancóra dello scrittore turco Hakan Gϋnday, pubblicato in Italia da Marcos y Marcos, è stato scritto nel 2013, quando ancora il “mestiere” dei trafficanti di uomini era parzialmente conosciuto. E’ un merito dunque dello scrittore aver immaginato, anticipato e raccontato quella che è presto diventata la realtà di migliaia di esseri umani disperati, trasformati in merci nelle mani di altri esseri umani che ne fanno un’occasione di lavoro redditizio, regolato dalla logica del profitto. La fiction ha anticipato la realtà.
L’unico aspetto a cui si doveva prestare attenzione era questo: che il numero delle persone non variasse dalla ricezione alla consegna. Del resto, non aveva nessuna importanza che pensassero di fuggire dall’inferno verso il paradiso. Noi trasportavamo carne. Soltanto carne. I sogni, i pensieri, i sentimenti non erano compresi nel prezzo… Nel vano di carico del nostro camion erano stipati ventidue adulti e un neonato. Come potevo sapere che quel grido soffocato proveniva da una madre disperata che si era accorta della morte del figlio che teneva in braccio?
Come un pugno allo stomaco arriva al lettore il racconto in prima persona che Gazâ, protagonista di questo romanzo, fa del suo lavoro di trafficante di migranti. È figlio di un passeur e, ancora bambino, affianca il padre nella detenzione e nel trasporto di uomini, donne, bambini, che in fuga da Siria, Afghanistan, Pakistan arrivano in Turchia diretti in Grecia – lungo la “rotta balcanica”.
Dotato di grande intelligenza e contaminato dalla violenza in cui cresce, impara presto il “mestiere”, anzi va oltre le richieste del padre: non si limita a riprodurre coercizione e controllo, ma a sua volta minaccia, ricatta, stupra e fa di quell’umanità dolente un oggetto di studio psicologico. Analizza i comportamenti dell’uomo imprigionato e impaurito. Ne emerge, un racconto che come un periscopio si immerge nel fondo oscuro del male nella versione attuale dei mercanti di uomini. Gazâ cresce in questo mondo. Un tragico evento gli procurerà uno shock e, nel vano tentativo di dimenticare il passato cercando una nuova vita, si ritroverà al punto di partenza, ma questa volta in una prospettiva diversa: su un camion, stipato insieme a uomini, donne e bambini, simili a quelli che lui trasportava. Accanto a loro troverà una forma di riscatto.
In alcune parti finali il romanzo smarrisce la direzione dilungandosi nel racconto della perdizione di Gazâ, ma la lucida ferocia con cui narra la violenza e l’orrore di uno dei mestieri più infami – e che rimanda a Un viaggio al termine della notte di Céline – agisce nel lettore come un monito a tenere desta la coscienza.
SCHEDA:
Hakan Gϋnday, Ancóra, Marcos y Marcos, 2016 ,pagg. 495, € 18.
Traduzione di Fulvio Bertolucci
Un romanzo che con lucida ferocia getta luce sul mestiere infame del trafficante di uomini.
La storia si articola in quattro parti: l’infanzia e l’apprendistato di Gazâ come trafficante; l’adolescenza e la trasformazione di Gazâ in un lucido aguzzino; capovolgimento della situazione a seguito di un tragico evento, e follia di Gazâ; epilogo e riscatto del protagonista.
Luciana Scarcia
(30 maggio 2017)
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