“Not here – Non qui” si legge su una grossa croce gialla all’ingresso del palazzo di Viale delle Province 196. È il segno di riconoscimento dei luoghi occupati ideato nel 2014 dall’artista Mauro Cuppone. Un’opera che “dipinge la mappa degli spazi occupati a Roma e in altre città (e “li protegge”) per il diritto di avere una casa”, scrive l’artista. All’ingresso non c’è nessuno che presidia l’edificio: il cancello è chiuso. E anche all’interno la guardiola della portineria è vuota. “C’è una colonia di gatti, fanno loro da guardiani”, dice Rafael. Sulla croce gialla passano ogni mattina i componenti di quasi 200 famiglie, di tutte le età e di tutte le nazionalità.
L’ex palazzo INPDAI: da ufficio a condominio
Nel dicembre del 2012 il gruppo Blocchi Precari Metropolitani ha occupato lo stabile, che fino al 2002 ha ospitato gli uffici dell’Istituto Nazionale Previdenza Dirigenti d’Aziende Industriali, oggi assorbito dall’INPS. Nel cortile ci sono carcasse di motorini, vecchi frigoriferi e detriti. “È il risultato dell’inverno”, dice Rafael. Dall’ingresso agli spazi comuni i segni della viva quotidianità non coprono il senso di abbandono che si percepisce, forte.In questa torre di babele un italiano faticoso è la lingua comune, spiega Rafael. Dal 2014 ha un suo posto nello stabile, prima viveva in strada. “Come tutti noi”, dice un altro inquilino di passaggio. Sulla soglia dei cinquant’anni è partito dal Venezuela con una laurea in Sviluppo Culturale conseguita presso la facoltà di Pedagogia all’Università Simon Rodriguez: la sua fede islamica era diventata incompatibile col mestiere di insegnante. “Avevano paura che trasformassi gli studenti in terroristi – spiega – e mi avevano allontanato dall’insegnamento”. Il suo desiderio è tornare in cattedra:”quando avrò sistemato i documenti mi piacerebbe lavorare nella scuola italiana”. È in attesa di scoprire l’esito del ricorso per il respingimento della richiesta d’asilo e nel frattempo cerca di portare la cultura nel gigante di vetrate e alluminio che apparteneva all’INPDAI.
Il progetto di Rafael
Fa da Cicerone: “Qui c’è un auditorium e stiamo facendo nascere una biblioteca. Sono appena cominciati i lavori e adesso dobbiamo procedere alla catalogazione dei libri secondo gli standard internazionali”, dice Rafael con fierezza indicando gli spazi al piano terra e al seminterrato. “L’obiettivo è che prima di tutto i ragazzi della casa possano imparare cose che non si insegnano a scuola. Fotografia, teatro, scrittura, lettura. I giovani devono essere abituati a leggere, è utile anche creare occasioni di scambio tra loro”. Nei suoi progetti la biblioteca sarà un laboratorio di creatività, a stretto contatto con la strada, dove si trovano gli stimoli giusti per creare. La biblioteca, spera Rafael, sarà utile per costruire un rapporto col quartiere e per dare linfa culturale agli inquilini. Ma vorrebbe che attirasse anche persone dall’esterno, semplici curiosi o gruppi di artisti.Mentre si incammina verso il suo spazio di casa, passa a rassegna le stanze: “Qui abita una dottoressa ucraina di elettronica, qui una laureata in ingegneria informatica che viene dal Camerun. Non mi piace parlare di politica ma a Salvini vorrei dire: se tu cerchi gente cattiva, la troverai. Ma che ne facciamo di quelli bravi?”L’ignoranza conduce alla paura, la paura all’odio e l’odio conduce alla violenza. Rafael argomenta con le parole del filoso Averroè. Scala dopo scala, parla di Leonardo Da Vinci e di Gramsci. In cima all’edificio, percorrendo le scale di sicurezza, si accede al corridoio che porta alla sua stanza. Già davanti alla porta ci sono pile di libri.
La vita quotidiana in pochi metri quadri
Uno spazio di pochi metri quadrati è diviso in zona giorno e zona notte. “C’è un po’ di disordine”, si scusa. “Inganno il tempo aggiustando elettrodomestici”, le giornate sono lunghe, insieme alla lettura e alla scrittura, resistenze e fili gli fanno compagnia. In sottofondo c’è una vecchia tv portatile sintonizzata sul Tg La7, Rafael parla di religione, di geopolitica, di leggende sudamericane, di femminismo e di donne. “Lei è Marilyn”, indicando un quadro della Monroe, “si banalizza quando si dice che era semplicemente l’amante del presidente”. Passa velocemente dal profano al sacro e mostra un adattamento per bambini della Divina Commedia di Dante: “Mi piace tanto questo libro e il viaggio del protagonista. Ho trovato un contatto con la mia religione”.Lo spazio dell’ex ufficio è saturo: contiene tutto quello che dovrebbe contenere una casa. E anche di più. Ovunque sono accatastati i libri e sono di tutti i tipi: dai sussidiari ai classici passando per volumi di enciclopedie incomplete. Li conserva per impiegare il tempo e per dare vita al suo progetto. La biblioteca, quando sarà pronta, darà alle passioni di Rafael lo spazio che manca alla sua vita quotidiana.
Rosy D’EliaFotografie di Giuseppe Marsoner4 aprile 2018
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