“Era il 13 ottobre di quattro anni fa. Mi ricordo benissimo la notte in cui abbiamo occupato lo stabile: abbiamo dormito nell’atrio, era tutto sporco. E io mi vergognavo, stavamo facendo qualcosa di illegale, ma necessario. Ero una mamma sola con due ragazzi”, ancora adesso Mercedes racconta l’occupazione dell’ex sede INPDAP con una punta di rammarico. Vive nello stabile da quattro anni con i figli Micaela, 15 anni, e Miguel, 23. Dopo 12 anni il marito l’ha raggiunta dalla Bolivia solo qualche mese fa: “Io faccio la domestica e mio figlio lavora a chiamata come operaio per il montaggio dei palchi. Magari potessimo vivere in una casa! Abbiamo sempre pagato l’affitto, abitavamo a Monterotondo, poi sono entrata in contatto con Action e in due mesi si è presentata questa opportunità. L’obiettivo è accedere alle case popolari”.Action – Diritti in Movimento gestisce l’occupazione. Nel palazzo di 7 piani, all’angolo tra via Santa Croce in Gerusalemme e via Statilia, vivono 180 nuclei familiari di 18 nazionalità diverse. “Ci sta un mondo qua dentro!”, dice con entusiasmo Micaela. Ma Mercedes precisa: “Non è semplice far convivere tante culture diverse, a volte manca un po’ di libertà. Noi sudamericani siamo più aperti e liberali, gli arabi hanno un atteggiamento diverso, ad esempio”. “Però in camera tua stai tranquillo”, aggiunge Miguel. “Tutti devono rispettare le regole di convivenza civile e non violenza, stabilite dal comitato che è come un piccolo parlamento di persone elette tra gli inquilini. Alle famiglie vengono assegnate delle stanze in base a quanto sono numerose”. Negli uffici adibiti a camere ognuno può crearsi il suo perimetro di vita privata, che si interrompe subito oltre la soglia:“Ogni corridoio ha le sue docce e tre bagni in comune. La mattina bisogna fare un po’ di fila, ma poi diventa la normalità”.
Più difficile per Miguel è rassegnarsi all’idea che ogni giorno possa essere l’ultimo nel posto in cui vive:
“Alla paura non ti abitui, quella c’è dal primo giorno. Non ti abbandona, non sai mai un cambiamento nella politica e nel governo cosa potrà generare”. Nonostante ciò, l’ex sede INPDAP ormai è “casa” a tutti gli effetti, ed è anche il luogo in cui far rivivere la cultura di casa, la Bolivia.“Siamo fortunati ad avere un posto dove provare le nostre danze, sono 7 anni che il gruppo è attivo ma prima provavamo nei parchi e d’inverno era molto difficile. Poi siamo arrivati qui e il dirigente di questo posto ci ha chiesto se volevamo fare delle attività culturali”.
Miguel è coreografo del gruppo Central Bolivia: “Ho imparato a ballare nel mio paese, si studia la danza anche a scuola”.
Ogni mercoledì sera a partire dalle 19.00 uno stereo trasforma quella che un tempo era una sala d’attesa in una sala da ballo. Ci sono immagini sacre affisse alle pareti, divani, tavolini, e sedie da ufficio a ricordare che lo stabile ha una vita precedente. La sala ha una destinazione sempre diversa: laboratori per bambini, incontri, riunioni. Un foglio affisso all’ingresso riepiloga i turni.
I bambini che si sfidano a colpi di pallone lasciano il campo ai ballerini e alle ballerine boliviane che provano i passi del caporales, del tobas e del morena, danze tipiche dell’area occidentale. “Arrivano alla spicciolata, dopo il lavoro da tutte le parti di Roma, tra organizzatori e danzatori siamo circa 40”, dice Mercedes, che è la presidente del gruppo e segue le prove da un angolo della sala. “Io ad esempio non ballo, ma quando vedo loro non provo più nessuna nostalgia del mio paese perché mi sembra di essere lì.
Sono contenta che diffondano la nostra cultura anche in Italia. È importante che si esibiscano anche in occasioni di incontro altre comunità. Gli appuntamenti fissi sono il carnevale e la festa che organizziamo con tutti i altri gruppi per raccogliere fondi”, spiega.
Ma i balli della Bolivia non sono l’unica sorpresa che il palazzo riserva, Mercedes fa da Cicerone nei sotterranei.”È meglio muoverci insieme, affinché nessuno pensi che siate poliziotti.
Dopo i fatti di Piazza Indipendenza facciamo i turni per avere più controlli, la situazione è più tesa. Ma ci piace anche l’idea che questo sia un posto aperto“.Nelle viscere di cemento dell’ex sede INPDAP prendono vita idee e progetti di creatività. C’è una falegnameria, un bar e uno spazio per concerti e attività culturali gestito da
Spin Time Labs. In uno spazio colorato dai murales un gruppo di musica boliviana si riunisce per mangiare insieme e ripetere il repertorio, mentre poco distante, nell’auditorium che un tempo ospitava convegni, ad uno ad uno arrivano i musicisti dell’
Orchestra Notturna Clandestina per le prove settimanali. I passi di danza, le note, i colori coprono il grigiore dei vecchi uffici in disuso. Ma il
senso di precarietà si percepisce in ogni angolo del palazzo.
Rosy D’EliaFotografie di Giuseppe Marsoner25 settembre 2017
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