Il nuovo centro islamico Imam Mahdi: gli italiani dell’islam

La sala conferenze del centro
La sala conferenze del centro
Sabato 5 maggio 2018 sarà ricordato come un giorno fondamentale dai musulmani sciiti in Italia. E’ stato infatti inaugurato il nuovo centro islamico, dell’associazione Imam Mahdi, in zona Tuscolana. In Via Spiello sono accorsi credenti ed amici da molte parti del mondo come Madagascar, India ed Inghilterra ma la maggioranza dei presenti è di nazionalità italiana. Questo perché la caratteristica dell’associazione è quella di essere guidata e diretta principalmente da musulmani sciiti italiani.

L’associazione nasce ufficialmente a Roma nel 2005. Salman, siciliano, racconta di quando, prima di avere una sede fisica dove incontrarsi, i credenti si riunivano sulle scalinate dei monumenti romani per conoscersi e iniziare a darsi degli obbiettivi e un’organizzazione. Nei 12 anni seguenti, grazie ai contributi e alle donazioni provenienti dalle comunità sciite nel mondo, sono stati in grado di raccogliere i fondi necessari per acquistare il nuovo centro che è da sempre impegnato su più versanti: dall’impegno culturale e umanitario a quello istituzionale, dal dialogo interreligioso alla traduzione di testi islamici in italiano.

la libreria del centro
la libreria del centro

Le responsabilità dei centri islamici in Italia

Tre dei quattro relatori seduti al tavolo di fronte al pubblico sono musulmani italiani. Il primo ad intervenire è Pietrangelo Buttafuoco, noto giornalista e scrittore, che ricorda come l’islam abbia radici profonde e collegate alla spiritualità italiana, racconta “mi hanno offerto una regia per mettere in scena la passione di Cristo, ho studiato quel rito e mi sono sbalordito di come esista un chiaro collegamento con la tradizione musulmana. Se c’è un filo conduttore tra la nostra storia e la storia dei nostri antenati siciliani musulmani è nella passione di Cristo, che nella sua ritualità assomiglia particolarmente all’Ashura.”Gli altri due italiani a prendere la parola sono Gabriele Ibrahim Iungo, autorità religiosa sunnita, e Damiano Abbas Di Palma, il presidente dell’associazione ospitante. Entrambi gli interventi mettono soprattutto in risalto il ruolo spirituale delle moschee, dei centri islamici e l’importanza della preghiera, dice Iungo “le oasi di questo viaggio, che è la vita, sono le moschee, ma questo non significa che il resto sia un deserto”.

La nuova sala di preghiera
La nuova sala di preghiera
Al termine dei discorsi dei relatori, dal pubblico, prima una donna e poi un uomo, sollevano una questione “bellissime le parole che abbiamo sentito oggi tra queste mura, come se non succedesse niente fuori. Vorremmo sapere quali sono le strategie e le azioni che si possono intraprendere per aiutare i giovani a trovare il posto giusto nella loro condizione di identità ibrida tra oriente ed occidente, come si può costruire questa identità mista.”

La risposta data da Iungo parte dal presupposto che nella società contemporanea la vita non sia più regolata dalla religione “questo Centro è molto periferico rispetto al centro della società italiana, non possiamo attribuirgli le responsabilità che avrebbe se fosse il centro della vita, dobbiamo prima capire come possiamo renderlo centrale per alcune vite.
E’ difficile comunicare ai giovani il senso della trasmissione tradizionale, non riconoscono più l’autorità. Il nostro lavoro parte dal concetto di autorità per far capire come si definisca e perché sia importante. Stiamo parlando di processi generazionali, noi dobbiamo fare il massimo del possibile nel limite del possibile.”
 

Italiani nell’islam

Tra gli interessati all’evento ci sono musulmani italiani di Roma, Como, Pavia e originari della Sicilia. Giorgio spiega “molti di quelli che non nascono musulmani hanno un percorso particolare ed estremamente personale che li ha portati all’islam, tanto che alcuni italiani non vogliono parlare del loro percorso. Tranne chi magari è diventato musulmano perché ha sposato una musulmana”. Per quanto riguarda il suo approccio alla religione afferma che “non è derivato dallo studio o da una conoscenza, è avvenuto ad un altro livello, è stato un canale che si è aperto. E’ come se ti mettessero in mano uno strumento e all’improvviso scoprissi che quello strumento è una tua passione.”
Damiano Zannetti
(8 maggio 2018)
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