Mal Mediterraneo: il viaggio dei migranti sul filo della speranza

Alla Torrefazione Morettino di Palermo l'esposizione dell'artista Nino Raso: venti bandiere realizzate con i relitti dei barconi utilizzati dai migranti per le traversate nel Mediterraneo

 

 

“Bandiere, fascioni di legno di barche cariche di vite, identità e speranze appese ad un filo, con la forza ed il desiderio di un futuro più colorato e multietnico. Bandiere del mondo, barche del nostro mare, colori riuniti in legni che tessono un intreccio interculturale intriso di grida, sorrisi, speranza ed accoglienza.” Recita così il pannello posto all’ingresso della mostra aerea Flags-Malmediterraneo, ideata dall’artista pantesco Nino Raso e allestita all’interno della Torrefazione Morettino di Palermo.

Si tratta di un’iniziativa, patrocinata dall’UNHCR in collaborazione con il Comune e la Fondazione dello storico Teatro Massimo di Palermo, inserita nel calendario ufficiale di “Palermo Capitale della Cultura 2018”.  La mostra, visitabile gratuitamente previa prenotazione, consiste nell’esposizione di venti bandiere di vari paesi del mondo, realizzate con l’assemblaggio dei pezzi di legno dei barconi usati dai migranti per la traversata e ritrovati sulle coste di Pantelleria.

Arturo Morettino, proprietario e responsabile dello stabilimento, accoglie i visitatori su una passerella di ferro posta ad un’altezza ideale per ammirare le bandiere attaccate ad un filo trasparente che pende dal soffitto.

Il punto cardine della mostra, non a caso, è proprio l’ospitalità. Da cosa nasce l’idea di questo progetto e la realizzazione di una mostra aerea?

Il tema dell’accoglienza e l’unione tra i popoli è il fulcro di questa mostra; lo scopo è quello di ribadire l’importanza dell’ospitalità, valore fondante per la città di Palermo e per la Sicilia in generale, il cui splendore nel corso dei secoli è sempre dipeso dalla presenza sul territorio di culture diverse.

L’idea di appendere le bandiere ad un filo trasparente che scende dal soffitto è stata di Nino Raso, l’artista che ha ideato il progetto. Questi pezzi di legno “sospesi”, metaforicamente ricordano le vite “sospese” dei tanti disperati che ogni giorno affrontano il Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore in Europa.

L’installazione è stata fatta all’interno dello stabilimento dove viene tostato e macinato il caffè. C’è un motivo particolare alla base di questa scelta?

Certo, abbiamo deciso di realizzarla proprio all’interno della fabbrica, sopra le macchine tostatrici, per ribadire un connubio importante tra il tema dell’esposizione e il caffè, che da sempre simboleggia lo scambio tra le culture, uno scambio pacifico e prolifico. Non a caso, sono stati proprio i Mori a introdurre le prime miscele di caffè in Sicilia, la diffusione di questa bevanda nasce proprio dall’incontro di popoli tanto diversi tra loro.

La mostra è stata inserita all’interno del calendario di eventi “Palermo Capitale della Cultura”. Il giorno dell’ apertura al pubblico e cosa avete organizzato per quel giorno?

L’inaugurazione è stata fatta il 12 luglio 2018. Ha aperto la serata la performance del regista e attore Martino Lo Cascio accompagnato dal contrabbassista Gabrio Bevilacqua. Lo spettacolo si è ispirato al racconto di Aicha Fuamba, una giovane donna congolese sopravvissuta al tragico sbarco avvenuto a Pantelleria nel 2011, premiato al Salone del Libro di Torino. A seguire c’è stato l’esibizione del Coro di Voci Bianche e del Coro Arcobaleno della Fondazione Teatro Massimo di Palermo. L’arte, in tutte le sue forme, ha il dovere di parlare delle tragedie che sta vivendo il nostro tempo e aprire gli occhi a più persone possibile. Il nostro mare, il Mar Mediterraneo, che non a caso abbiamo rinominato “Mal Mediterraneo”,  si è tinto troppo spesso del rosso del sangue di tanti innocenti, non si può far finta di niente.

C’è qualcos’altro che vorrebbe raccontare sulla storia di queste bandiere?

Sì, ci tengo a dire che i pezzi di legno con cui sono state fatte le bandiere non sono stati né ridipinti né ripuliti dai segni del mare. I colori sono quelli originali, facilmente riconoscibili perché connotano i paesi di provenienza da cui sono partiti i barconi. Le incrostature della salsedine e  i segni dati dall’impatto con gli scogli non sono stati rimossi, sappiamo benissimo che le bandiere continueranno a sgretolarsi e a decomporsi. L’intenzione dell’artista,  è  quella  di sottolineare che il “viaggio” di queste bandiere, così come quello dei tanti uomini e donne che sui legni di quei barconi ci hanno attraversato il mare, non è ancora finito.

Il rumore delle macchine tostatrici, il vocio degli operai al lavoro, i colori sbiaditi dal sale, dal sole e dall’acqua di quei legni evocano inevitabilmente le traversate sopra quei barconi arrangiati, carichi di terrore ma anche di speranza e di fiducia per un futuro migliore. E il viaggio di quegli uomini e di quelle donne diventa  il viaggio di tutta l’umanità.

 

Alessandra Marchioni
(06 agosto 2018)

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