New City Map: il progetto che racconta la Roma dei migranti

Il mare è bello ma non sempre è buono” scrive una ragazza. “The world is one and for everyone”, il mondo è uno e per tutti, ha aggiunto qualcun altro con il colore verde speranza. Ma ci sono anche tantissimi disegni di barche in mare, di bandiere, di fiori e di un uccello che vola accanto la scritta “La pace è il suo destino”.

Sono alcune delle tante citazioni che si possono leggere nei pannelli del dispositivo mobile ideato e costruito nell’ambito del progetto New City Map che, trainato da una bicicletta, ha girato le strade di Roma ed è diventato testimone diretto delle tragedie umane dei tanti migranti in transito che girano per la Capitale.

New City Map
Dispositivo mobile trainato da una bicicletta ideato e costruito nell’ambito del progetto New City Map 

Un progetto che, come spiega la responsabile, l’architetto Giorgia Dal Bianco, è nato da un bando e dall’unione di due sue passioni, larchitettura e la sociologia urbana. “New City Map ha lo scopo di mappare e raccontare attraverso un documentario il fenomeno dello spostamento dei migranti in transito e le relazioni che questi stabiliscono con lo spazio pubblico.  I migranti in transito a Roma sono tanti e il loro studio diventa difficile proprio perché appunto rimangono per un periodo brevissimo di tempo nelle città e non rientrano in nessun parametro di accoglienza ma occupano uno spazio pubblico che noi grazie a questo progetto abbiamo mappato. Allo stesso tempo il progetto vuole essere parte attiva fornendo supporto concreto per prime necessità grazie al dispositivo mobile ideato da noi e fornito da rete wifi, elettricità, un computer e una stampante, ” spiega Dal Bianco.

Promosso dall’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia e finanziato da Sillumina-SIAE, New City Map è stato realizzato da venti giovani professionisti tra cui designer, architetti, antropologi, sociologi, film maker e una giornalista. La prima fase del progetto è stata quella di entrare in contatto con le associazioni, punti di appoggio fondamentali per chi arriva dall’altra parte del Mediterraneo, e dopo un approfondito studio insieme a loro è arrivato il momento di andare sul campo con il dispositivo mobile.

“Per due mesi abbiamo percorso le strade di Roma. Suonavamo con il campanello della bicicletta e loro piano piano si avvicinavano e usufruivano dei servizi della casetta mobile, di cui la connessione internet è la cosa che più gli mancava. Grazie a questa prima fase dedicata alla ricerca socio-antropologica abbiamo capito quali erano i principali luoghi pubblici dove si concentravano i migranti in transito: la stazione Tiburtina, Civico Zero e  Baobab sono per esempio quelli più frequentati da loro nel Municipio II.”

Africani, iraniani e pakistani sono le principali nazionalità dei migranti in transito che sono stati documentati all’interno del progetto e che come spiega Dal Bianco arrivano in Italia alla ricerca della pace ma poi molti di loro si chiedono, “che pace è se dormo sotto un ponte e mangio alla Caritas? Infatti, spesso, si vergognano di chiamare le loro famiglie che hanno investito i soldi di una vita nel loro viaggio e che risulta essere stato un fallimento. Si tratta spesso di ragazzi appena diciottenni che fuori sembrano bambini ma dopo tutto quello che hanno vissuto dentro sono adulti e sono consapevoli di quello che sono e dove vogliono arrivare. ”

Tuttavia, dietro a tutte queste storie e racconti, ci sono anche tanti sogni, aspetti positivi e una grande soddisfazione da parte di tutta la squadra che ha lavorato nel progetto. “Dopo questa esperienza mi rimane il loro sorriso e il loro affetto e posso dire che a Roma ci sono tantissimi luoghi pubblici abbandonati che invece potrebbero essere riutilizzati meglio. Un parco, un parcheggio o un ponte non possono diventare una casa o uno spazio per far vivere le persone, molte di loro sopravvivono grazie al volontariato, ma questa non può essere una soluzione. Servono spazi realmente abitabili come case famiglie o case di accoglienza, inoltre è necessario fornire servizi di prima necessità, perché le persone vanno accolte con dignità.

Cristina Diaz
(19 agosto 2018)

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