“Mi chiamo Abdallah e vengo da Betlemme. Sono venuto in Italia 3 anni fa come studente, ma “come studente con tranquillità”. Sono iscritto a scienze e tecniche psicologiche presso l’università Federico II di Napoli. È un tipo di studi che in generale nel mondo arabo, come anche da noi in Palestina, non trovi”.
Abdallah: direzione Italia, una scelta lunga 10 anni
“Mio padre è morto da 8 anni, mia madre è rimasta a casa da sola, ma vicino abitano i miei fratelli”. Abdallah è l’ottavo di nove figli: “ho sei sorelle, due fratelli e cinquantacinque nipoti”. A soli 37 anni è non solo zio ma anche prozio. “Siamo un po’ sparsi, mia sorella è in Giordania. Un anno fa quando sono andato in Palestina abbiamo fatto una sorpresa a mamma tutti insieme. Lei era contentissima, ma eravamo così tanti che per una settimana ho dormito fuori casa”. Da qualche mese una compagnia aerea low-cost opera voli diretti e a buon prezzo, così per Abdallah è più facile tornare a Betlemme a trovare la sua numerosa famiglia, “prima dovevo arrivare in Giordania e poi in Palestina con diversi mezzi di trasporto: ci volevano due giorni, quando andava bene!”.La scelta di partire?Finiti gli studi in Hotel management & Food production presso la Bethlehem University, con l’indirizzo di applicativo di chef, Abdallah sceglie di venire in Italia per ampliare i suoi orizzonti, per conoscere di più: “non è stato facile, ho provato 1per dieci anni a uscire dalla Palestina. Ero combattuto perché legato alla mia causa, ma alla fine ho deciso perché mi sono detto: il mondo è più grande della Palestina”. Così fa domanda per iscriversi all’università e supera l’esame “ho scelto psicologia perché volevo provare a capire meglio me stesso. Solo così puoi capire meglio la gente”.
Abdallah: la mia Italia si chiama Napoli
“Sono arrivato a Napoli: non so dire se è stata la mia fortuna o sfortuna, penso fortuna. Il primo mese era un po’ come in Palestina: quando fai piani, sicuramente non funzionano. Abitavo in una casa grande con tante persone di diverse parti d’Italia, ma nessuno napoletano, così non ho imparato a parlare il dialetto. Ho iniziato studiando la lingua perché serviva l’italiano livello B1 per seguire i corsi universitari. Oltre l’italiano parlo naturalmente l’arabo e me la cavo con l’inglese”.Abdallah trascorre due anni a Napoli, dove viene conquistato dalla cucina napoletana, “adoro la pizza fritta, è la numero uno, specialmente quella di una friggitoria vicino Piazza Carità”. Il problema della mancanza di lavoro spinge Abdallah a partire per Roma, pur rimanendo iscritto all’università Federico II “Se potessi scegliere se vivere a Roma o Napoli, sceglierei Napoli senza dubbi: è una città come un paese, in un piccolo spazio trovi tutto. A Roma devi sempre spostarti e i mezzi pubblici non funzionano”.
Abdallah: “In Cammino…Catering Migrante”
Arrivato a Roma riprende il lavoro di catering tornando alla sua formazione iniziale di chef. “Ho contattato anche Gustamundo proponendogli di fare delle cene ed è così che Pasquale mi ha parlato del progetto di “In Cammino…Carering Migrante”. ““Con il gruppo mi trovo molto bene: l’unico problema è la lingua, alcuni non parlano italiano o una lingua che conosco, così non è possibile comunicare allo stesso modo con tutti. Poi c’è la nostra vita prima di qui, la nostra storia. A volte ci toccano i problemi solo quando riguardano noi e quelli degli altri pensiamo non siano problemi. Non cerchiamo di capire come sta l’altro”.L’argomento si sposta sull’Italia, sulla delicata situazione che il Decreto Salvini sta creando e il clima crescente di intolleranza e diffidenza. Quello che più mi ferisce è l’uso della gente da parte della politica, ma anche vedere la facilità con cui le persone prendono tutto per vero quanto gli viene detto senza capire, senza conoscere a fondo. Questo è pericoloso! Stanno accadendo cose di cui tutta l’umanità deve aver vergogna, non solo gli italiani, eppure sembrano cose normali. Questo è solo l’inizio, non sappiamo quel che sarà domani.”
Abdallah: Roma e Chiara
La quotidianità di Abdallah però è Roma “una città unica al mondo, è la storia”.“Mi sono sposato a inizio mese con Chiara. Eravamo felici prima e lo siamo dopo, non è cambiato nulla. Stiamo insieme da più di 8 anni, ci siamo conosciuti in Palestina perché oltre il mio lavoro di chef mi occupavo di turismo alternativo, politico, mostravo agli stranieri che venivano la realtà che i media non raccontavano. Molti vengono in Palestina con un’idea precostituita e con una loro soluzione, senza conoscere veramente la situazione. Così portavo i visitatori a guardare con i loro occhi, mostravo i fatti per far capire: visitare i villaggi, dormire lì, stare con le persone per capire cosa accade.Chiara era lì in Palestina per un progetto con i bambini e ha colto l’occasione per conoscere e capire. È diventata poi giornalista e ha creato insieme ad altri colleghi e ricercatori un’agenzia, Nena News – Near East New Agency (Agenzia Stampa Vicino Oriente), “con l’obiettivo di diffondere un’informazione indipendente su un’area del mondo che è terreno di conflitti che condizionano l’intero pianeta”. Ora lavora per il Manifesto.Abdallah e Chiara sono entrambi impegnati attivamente, ma nel futuro vedono bambini? “no, per ora faccio lo zio. Fare il padre non è una cosa facile, quando arriverà il momento mi piacerebbe adottare dei bambini.”
Abdallah: progetti per il futuro?
“Ne ho tanti, ma il più importante per me ora è In Cammino, l’avvio della start-up. Partire tutti insieme perché mi piace l’idea del gruppo, di lavorare e collaborare tutti insieme. Amo il lavoro che faccio, cucino con passione, anche se a volte le persone approfittano di questa passione e non sempre riconoscono il tuo lavoro come quello dei cuochi del posto. Il pericolo è il lavoro nero. È importante conoscere bene il mercato romano e diventare noi autonomi, ma ci vuole tempo, dobbiamo imparare ancora”. E l’università? “Piano, piano, per la laurea c’è tempo.”
Abdallah: il blog e la ricetta del Mansaf
“Ho un realizzato un blog “Medioriente in cucina”, dove ci sono le mie ricette. Ho iniziato a scriverlo pochi mesi fa per farmi conoscere, soprattutto per il lavoro: è come il mio biglietto da visita. L’idea iniziale era diversa: volevo parlare della mia lotta e della mia causa attraverso il cibo. Per ora parlo della storia del cibo, le origini della cucina del Levante, non della mia storia”.La ricetta che Abdallah ha scelto per rappresentarlo è il Mansaf, un piatto beduino, l’unico piatto beduino che ha alimenti cotti. Gli ingredienti principali sono: riso, gmid, un tipo speciale di yogurt duro che si conserva a lungo e fuori dal frigorifero, carne di agnello, pane shraq beduino e brodo.Per la preparazione rimandiamo direttamente al blog di Abdallah: Mansaf.
Silvia Costantini(21 novembre 2018)
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