Domicilio sportivo, la residenza in un campo di calcio

Domicilio sportivo e tesseramento solo con il permesso di soggiorno o con un'autodichiarazione, la proposta di Liberi Nantes dopo il Decreto Salvini.

Riapre il campo XV Aprile a Pietralata grazie all'impegno dei volontari e dei rifugiati della Liberi Nantes
Domicilio sportivo: la proposta di Liberi Nantes. Foto Gma
L’introduzione di un domicilio sportivo per non lasciare in panchina nessuno: è questa la proposta che l’associazione sportiva dilettantistica Liberi Nantes, insieme a UNHCR, ASGI, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione e UISP, Unione Italiana Sport per Tutti, ha presentato alla Lega Nazionale Dilettanti del Lazio il 1° aprile.Per richiedere il tesseramento e scendere sul campo di calcio regolarmente, i giocatori stranieri devono presentare, tra gli altri documenti, anche il certificato di residenza. Il Decreto Salvini toglie ai richiedenti asilo l’opportunità di ottenerlo presentando il permesso di soggiorno e indicando come domicilio il centro di accoglienza che li ospita, come è stato fino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge.Nell’articolo 13 del Decreto Legge numero 113 del 2018, infatti, si legge che il permesso di soggiorno non è più valido per l’iscrizione anagrafica. Non si impedisce espressamente ai richiedenti asilo di ottenere un certificato di residenza, ma di fatto è quello che accade.Le conseguenze umane sono tante: non essere iscritti all’anagrafe vuol dire essere fuori dai principali servizi sociali, da quelli sanitari a quelli dei Centri per l’Impiego. Vuol dire essere sempre più invisibili.

Domicilio sportivo e semplificazione del tesseramento: le proposte di Liberi Nantes

“Questa novità comporta una serie di difficoltà. Nello specifico, per noi, quello che accade è che la Lega Nazionale Dilettanti richiede il tesseramento dei calciatori, per gli stranieri uno dei documenti necessari è proprio il certificato di residenza. Ora diventa impossibile ottenerlo e quindi abbiamo chiesto per queste persone, che risiedono regolarmente sul territorio italiano, un’iscrizione solo con il permesso di soggiorno o comunque con un’autodichiarazione da parte dell’atleta”, spiega Alberto Urbinati, presidente Liberi Nantes.La molla per presentare la proposta di semplificazione è scattata con il Decreto Salvini, ma da sempre la burocrazia ostacola il gioco. “Abbiamo fatto 10 campionati fuori classifica per questo motivo”, continua. “Prima, indicando il centro di accoglienza come domicilio, non era detto che ti concedevano il certificato ma potevi provarci. Ora il problema è insormontabile perché non puoi proprio richiederlo”.La storia di Liberi Nantes, che da 12 anni porta in campo, a scuola di italiano, sui sentieri dell’escursionismo ragazze e ragazzi migranti, rifugiati, richiedenti asilo, dimostra che lo sport è un acceleratore di integrazione.”Insieme a questa proposta ne abbiamo fatta un’altra per rafforzare il concetto. La Federazione può fare affidamento alla sede della società come centro di riferimento di tutti i suoi interessi sportivi“. In questo modo il campo di calcio diventa domicilio, quel luogo che il codice civile individua come l’indirizzo degli affari e degli interessi di un cittadino.”Non è una proposta che facciamo per noi, ma per tutti“, sottolinea Alberto Urbinati. E non è una questione politica, ma una soluzione per non lasciare fuori nessuno, per dare concretezza al principio di ogni gioco di squadra: l’inclusione. “Non forniamo un indirizzo fittizio, non è un modo per aggirare il Decreto Sicurezza ma è una proposta migliorativa ed è un modo per ricoprire un ruolo e assumerci, in qualità di società che tessera l’atleta, anche una parte di responsabilità in questo processo di garanzia”.

Domicilio sportivo, lo sport è più forte della legge

Nasce così l’idea di un domicilio sportivo. E d’altronde è un concetto che già esiste per chi indossa le maglie blu della squadra di Pietralata, quello che manca è il riconoscimento ufficiale. “Liberi Nantes è la mia casa”, diceva Camara, uno dei giocatori della stagione 2015, intervistato da Piuculture . “Questa squadra è una famiglia”, rilanciava il compagno Mohamed. Ma per la legge non è abbastanza.In campo, però, l’ultima decisione spetta alla Federazione Italiana Gioco Calcio, a cui la Lega Nazionale Dilettanti ha trasferito la proposta. “Con le NOIF, Norme Organizzative Interne della FIGC, può stabilire le sue regole interne senza entrare in conflitto con il Decreto. Stabilisce un corpo normativo interno che regolamenta il gioco: dalle dimensioni del campo al fuorigioco e può accettare questa forma di domicilio, valida solo in ambito sportivo per il tesseramento”, spiega Alberto Urbinati.La richiesta di Liberi Nantes, UNHCR, UISP e ASGI nasce da un interrogativo, sottolinea Urbinati: “Lo sport da che parte sta? Rinuncia al ruolo sociale che ha sempre avuto di accelerare l’inclusione? Rinuncia al ruolo che ha sempre avuto con i migranti, con i disabili, con tutte le categorie svantaggiate?”La risposta alla FIGC che, in questa partita, fa da arbitro e decide se lasciare in panchina i giocatori senza residenza o se riconoscere che anche un campo di calcio può essere una casa.

Rosy D’Elia(10 aprile 2019)

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