La cucina di Horia questa sera, 24 aprile 2020, giorno in cui inizia il Ramadan, profuma di mandorle, di miele, di anice e di caffè latte. Le zuppiere, le posate e i bicchieri più belli sono pronti sul tavolo e la Jilab, l’abito tipico, è pronto per essere indossato da lei e suo marito.
Ramadan e coronavirus, cosa cambia con la pandemia
“Sarà un Ramadan molto diverso quest’anno,” spiega Horia. “Per noi oltre ad essere un importante momento spirituale, è un’occasione per stare con la famiglia e gli amici. Purtroppo non sarà possibile fare insieme a loro l’iftar, la cena che segna la fine del digiuno, né tanto meno recitare le preghiere notturne nelle moschee che sono chiuse come tutti gli altri luoghi di culto. Abbiamo pregato tanto perché il mese del Ramadan arrivasse e portasse un po’ di serenità e anche la fine di questa pandemia mondiale.”Horia classe 1960 ha origini marocchine, vive a Roma e, come la maggior parte dei 2 miliardi di musulmani nel mondo, sta celebrando per la prima volta uno dei riti fondamentali della sua fede sotto il lockdown imposto da numerosi paesi per il coronavirus. Trent’anni fa, Horia, è partita da Rabat e, insieme a degli amici, è arrivata prima in Francia e poi in Italia dove ha conosciuto suo marito di origine egiziana. In questi giorni di Ramadan sente più che mai la mancanza dei suoi affetti.“Parlo tutti i giorni con la mia famiglia che si trova a Rabat e per fortuna stanno tutti bene. Purtroppo ultimamente la situazione lì sta diventando sempre più preoccupante.”Infatti, il Marocco, è uno dei Paesi africani più colpiti dal Covid-19 con 4.120 casi confermati ad oggi. L’isolamento è iniziato a marzo ed è stato prorogato fino al 20 maggio, lo scorso 25 aprile il Ministero dell’Interno ha annunciato l’introduzione del coprifuoco notturno dalle ore 19.00 alle ore 5.00 durante il Ramadan.
Ramadan 2020: Iftar e preghiere tra tradizione e nuove tecnologie
“Devo ammettere che in questa occasione non ho cucinato come gli altri anni. Io e mio marito non possiamo mangiare tanto ormai,” confessa Horia. “Comunque il menu che ho preparato per questa sera prevede una minestrina di lenticchie rosse con carne, il Msemen, che è una pizza preparata con il burro e l’olio ma senza lievito, e dolci come i Chebakia, fatti con la farina, l’anice e i datteri, e i Qataief, piccole crepes ripiene di noci fritte nel miele.”Durante l’iftar, oltre ai piatti tradizionali e ai dolci, non possono mancare la frutta, il caffè latte, il thè, l’acqua e i datteri. “Questi ultimi rappresentano un ingrediente simbolico sulle tavole in tutti i paesi islamici perché si crede che il Profeta Muhammad abbia mangiato tre datteri al momento di rompere il suo digiuno,” continua Horia. “Di fatto, questa sera, alle 20.06, interromperemo il digiuno mangiandone uno, come da tradizione, e reciteremo una breve preghiera.”Per sentirsi più vicini alla propria famiglia e condividere in maniera diversa il Ramadan, Horia e suo marito, utilizzeranno le nuove tecnologie durante l’iftar.“In questi giorni di quarantena abbiamo imparato a utilizzare whatsapp per poter vedere le mie due figlie e i miei nipoti. In questo momento non possiamo riunirci ma è un modo per accorciare le distanze e pregare insieme. Non andare in Moschea ci dispiace tanto ma so che loro riescono a seguire dei sermoni tramite piattaforme social.”Una sorta di Ramadan 2.0 che permetterà ai fedeli di condividere in maniera diversa un evento così importante per tutti loro. “Ma le nuove tecnologie non potranno mai rimpiazzare lo spirito conviviale e di festa,” spiega con rammarico Horia.“È un momento difficile anche per tante famiglie nella nostra comunità. Per fortuna mio marito che fa il cuoco è in ferie, ma c’è chi è meno fortunato e questi giorni ha perso il lavoro o ha qualche parente in ospedale. Restare a casa non significa non fare niente, è un momento per esaminare la nostra vita e aiutare chi ha bisogno. Un mese per fare del bene e che va vissuto con tanta solidarietà anche se si è lontani dai parenti. Sarà un Ramadan diverso, ma avremo più forza proprio per superare questo periodo.”
Cristina Diaz(27 aprile 2020)
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