Libertà, sforzo, autostima, collaborazione e divertimento quanto basta. Nel racconto delle partecipanti, con queste parole chiave si conclude il corso di giornalismo sociale, realizzato dalla redazione di Piuculture. La formazione è un tassello del percorso “Perfetto Migliorabile” della Cooperativa Befree finanziato dalla Regione Lazio e destinato a donne adulte, italiane e straniere.
Da ottobre a giugno, le partecipanti al progetto, le redattrici tutor di Piuculture, Nicoletta del Pesco e Luciana Scarica, nei ruoli di direttrice e coordinatrice, si sono sedute intorno al tavolo da lavoro della redazione, prima, e davanti alla webcam, poi, per analizzare la trasformazione dei fatti in notizia, per porsi domande e darsi risposte sulle logiche del web, per analizzare tutto il lavoro alla base di interviste e approfondimenti.
Corso di giornalismo “Perfetto migliorabile”: il percorso
Nei primi incontri tutti i gesti necessari per preparare il caffè sono diventati la metafora dei passaggi da compiere per arrivare dall’individuazione del fatto da raccontare, svitare la moka per poi riempirla, alla notizia pubblicata sul web, spegnere la fiamma quando il profumo ha ormai riempito la stanza.
Tra un sorso e l’altro i concetti sono diventati sempre più tangibili e le metafore hanno lasciato spazio a un linguaggio condiviso, non senza fatica, domande, dubbi, errori e rallentamenti.
“Mi sono sentita accolta”, si conclude con le parole delle protagoniste l’ultimo giorno di lezione. “Con questo percorso, ho superato il blocco della scrittura che avevo all’inizio perché per la prima volta ho fatto qualcosa che ho scelto io e ho voluto per me, e non per accontentare gli altri. Ho impiegato tempo, ma ci siamo mosse tutte insieme rispettando i tempi di ognuna”. una dopo l’altra le partecipanti sintetizzano i mesi di lavoro ciascuna dal proprio punto di vista. “una grande iniezione di fiducia in me stessa, mi sono messa alla prova e ce l’ho fatta”.
Più che un corso “Perfetto Migliorabile” è stato un laboratorio nel vero senso della parola: il sabato mattina è diventato uno spazio in cui fare esperimenti e scambiare esperienze sulle visioni del mondo così come sull’approccio alla scrittura. Partecipanti e tutor, ognuna col suo bagaglio. Al microscopio? Fatti ed eventi e il modo di raccontarli, presentarli, leggerli e scriverli.
“Per il mio percorso personale scrivere e fare giornalismo presuppone uno sforzo non indifferente: alla fine del lavoro mi sento stanca sia mentalmente che fisicamente”, sottolinea ancora una delle partecipanti che, però, ha rispettato tutti gli impegni di scrittura dal primo all’ultimo giorno, evidentemente la fatica ha sempre restituito frutti e soddisfazioni.
Le apprendiste redattrici non si sono mai tirate indietro: dalle feste delle comunità straniere presenti a Roma ai momenti di preghiera in Moschea, fino al confronto con cittadini italiani e stranieri sulle parole de Il silenzio che offende – L’alfabeto delle parole che ci mancano, che si concretizza con la pubblicazione di interviste doppie sulle pagine di Piuculture.
L’Alfabeto delle parole che ci mancano: l’esperienza delle partecipanti
Dopo una prima esperienza che ha coinvolto un gruppo di studenti del Liceo Pilo Albertelli di Roma, nel laboratorio di giornalismo tutto al femminile sotto la lente di ingrandimento è finito anche il lavoro che la redazione, da un’idea di Luciana Scarcia, porta avanti su alcune parole che circolano poco nel discorso pubblico: quelle che definiscono un pensiero democratico e lo formano, la cui mancanza rivela la crisi della nostra democrazia.
Dalla “a” astratta di “armonia” fino alla z di “zolla” che riporta alla mente la terra, si passa per il concetto di “futuro” su cui ha lavorato Anna, quello di “hotel” su cui si è messa alla prova Brigida, quello di “tetto” su cui si è concentrata Paola, e quello di “vulnerabilità” al centro delle interviste di Iuliana.
E dal momento che le parole sono importanti, l’ultimo giorno di corso non mette fine al lavoro sull’Alfabeto.
Una mini redazione tutta al femminile continuerà a lavorare su nuove interviste partendo dai lemmi de Il Silenzio che offende, per continuare l’atto libero e faticoso della scrittura e per superare nuove prove di autostima senza mai dimenticare collaborazione e divertimento.
Il video racconto con i saluti finali della redazione.
Rosy D’Elia
(22 giugno 2020)
Leggi anche