Respingimenti scolastici: gli alunni stranieri non sono garantiti

C’è un tema, tra quelli che riguardano la scuola, che il Covid sembra aver congelato: i respingimenti scolastici.
Le scuole della Capitale non sempre riescono a garantire l’iscrizione degli alunni stranieri secondo le direttive del Miur, cioè accogliendoli durante tutto l’anno e inserendoli nelle classi corrispondenti all’età. Classi piene, liste d’attesa, carenza di organico e corsi intensivi di lingua italiana insufficienti e delegati in massima parte al volontariato sono solo alcuni dei nodi attorno ai quali il sistema è in affanno.
Sono tanti, gli studenti lasciati indietro ma, fosse anche uno solo, si sarebbe di fronte ad una violazione non solo del diritto all’istruzione ma anche del principio dell’obbligo formativo così come sancito dalla Costituzione.

Una classe della scuola primaria di Bologna con bimbi stranieri(foto Repubblica)
Una classe della scuola primaria (foto Repubblica)

Il fenomeno si riscontra nel Paese ben oltre i confini romani e laziali, seppure in maniera disomogenea. Ma, mentre altrove sono stati siglati o sono allo studio protocolli d’intesa tra gli Enti locali e le istituzioni che governano la scuola e avviati progetti e sperimentazioni di cui si stanno già tirando le somme, a Roma questo non accade: soffriamo un incredibile ritardo e la richiesta di un impegno da parte dell’Ufficio scolastico di Ambito territoriale è, finora, caduta nel vuoto.
Con l’iniziativa A scuola anch’io: famiglie neoarrivate a Roma, Scuolemigranti ha avviato un’indagine di tipo qualitativo per meglio comprendere un fenomeno in gran parte sommerso.

Respingimenti scolastici: la raccolta dei dati

Nel 2018 sono arrivati a Roma con il ricongiungimento familiare oltre 1400 bambini e ragazzi in età di obbligo scolastico. Il fenomeno si ripete ogni anno con numeri sufficientemente stabili che non richiedono una risposta emergenziale bensì suggeriscono un approccio sistematico.
Ma quanti di loro hanno effettivamente trovato o troveranno un posto a scuola?
Non lo sappiamo. Tra settembre 2019 e marzo 2020, Scuolemigranti ha raccolto una trentina di testimonianze nei municipi 3,5,6,7,8,12 dove molti immigrati in uscita dal precariato si sono attivati per ricongiungere il nucleo familiare: sono genitori, volontari, mediatori culturali, loperatori dei Caf raccontano le criticità più frequenti ognuno dal proprio punto di osservazione. Le interviste sono pubblicate sul sito di Scuolemigranti. Si tratta di dati circostanziati girati all’Ufficio scolastico regionale, invitandolo a farsene carico.

Iscrivere i neoarrivati a scuola: un percorso a ostacoli

Le norme che regolano il sistema scolastico sono poco note non solo alle famiglie ma anche ai dirigenti scolastici, al personale delle segreterie e ai volontari che interagiscono con le scuole.
Fuzia, giovane mamma pachistana, ha dieci figli di cui solo due maschi frequentano la scuola: uno è alle elementari, l’altro è inserito in terza media a 15 anni. Racconta Clara Santini dell’associazione Carminella che “con Fuzia abbiamo fatto un lavoro di mediazione lungo e molto impegnativo. Non sapeva che in Italia l’istruzione fosse obbligatoria ma, soprattutto, non capiva il senso del ‘diritto allo studio’ dei bambini di frequentare la scuola tutti i giorni e di crescere insieme ai loro pari”.
Tra le cattive consuetudini adottate da alcune scuole, c’è quella di una eccessiva o errata richiesta di documentazione da parte delle segreterie che scoraggia le famiglie che rinunciano o si rivolgono altrove. Racconta Antimina Savino, attiva in un Caf di Tor Pignattara, che si è ritrovata a dover dimostrare che un’intera famiglia era appena arrivata in Italia dal Bangladesh e per questo non poteva possedere residenza né utenze a proprio nome; e Lama Selman, mamma siriana che in Italia insegna la lingua araba “Ero sul punto di rinunciare per la mole di documenti richiesti dalla segreteria: traduzione e validazione dei vaccini eseguiti in Kuwait, dove i miei figli avevano studiato. Per la traduzione dall’arabo, ho versato 200 euro al Consolato”.
Spiega Giorgia Barnabei di Lab!Puzzle, scuola d’italiano dell’associazione Astra19 al Tufello “Nel municipio 3, su un totale di 45 scuole e una presenza media di alunni stranieri che oscilla tra il 5% e il 10%, c’è una punta del 32% rappresentata dall’I.C. Fidenae che risulta tra i più accoglienti e solitamente non pone ostacoli all’iscrizione dei neoarrivati”. Ai volontari giungono richieste di aiuto da genitori che hanno già tentato, in autonomia, senza successo, di iscrivere i propri figli a più scuole del quartiere “Ma quando il genitore è solo e non conosce le norme, di fronte a richieste di  documenti che non ha rinuncia”.
L’assenza di un regolare permesso di soggiorno, di una residenza, di un codice fiscale non può e non deve pregiudicare in alcun modo il diritto allo studio, come stabilito da più di una norma (ad esempio la C.M. n.5/94) così come i servizi (mensa, trasporto, libri) sono garantiti a tutti i minori, a prescindere dalla regolarità del soggiorno, nelle scuole di ogni ordine e grado (T.U.I. 286/98). Lo ha ricordato Fiorella Farinelli, esperta Miur nell’Osservatorio nazionale per l’Integrazione degli alunni stranieri nel seminario di Scuolemigranti del 24 gennaio 2020

Una classe della scuola dell'infanzia a Roma foto Piuculture
Una classe della scuola dell’infanzia a Roma

Respingimenti scolastici cause: fuori tempo, classi piene e liste d’attesa infinite

I piccoli immigrati possono giungere in qualsiasi periodo dell’anno e quindi al di fuori della breve finestra temporale che consente qui in Italia l’iscrizione on line, unica modalità di accesso prevista dalla scuola pubblica. I volontari di CittAperta, municipio 7, che aiutano abitualmente le famiglie straniere ad iscrivere i figli a scuola, mettono a disposizione i propri cellulari per acquisire la Spid perché molto spesso le schede dei migranti non sono riconosciute da Poste Italiane. Spiega Antimina Savino che le famiglie straniere succede che “Non possiedano un pc o non abbiano un connessione internet, oppure non comprendano le istruzioni di una procedura troppo complicata che prevede l’acquisizione di un account e l’immissione di una password. Pochissime scuole a Roma hanno attivato un Punto Informativo dove poterlo fare e le famiglie non sanno a chi rivolgersi”.
In  caso di arrivo in corso d’anno?
“Le famiglie si recano presso le segreterie delle scuole e si sentono rispondere che le classi sono piene. Non ricevendo indicazioni, cercano altrove, spingendosi ben oltre il quartiere di residenza. Possono passare settimane e anche mesi di ricerca infruttuosa e intanto i bambini restano a casa” racconta Antimina.
Molte scuole non sono affatto propense ad accogliere studenti al di fuori dei termini. Il ricorso alle liste d’attesa rappresenta un altro punto critico, come racconta Mariangela Pierro di Monteverde Solidale: “Una volta inseriti i nominativi nelle liste, certe situazioni diventano drammatiche: due ragazzini bangladesi arrivati a settembre non hanno trovato una scuola disposta ad accoglierli, anche cercando molto fuori dal quartiere; fino a gennaio, la scuola non ha mai chiamato, ormai li iscriveremo per il prossimo anno.
E a Garbatella Bithi, giovane mamma bangladese decide di rivolgersi all’associazione Che Guevara quando ormai la sua piccola, in lista per la seconda elementare, è a casa da oltre sei mesi. Quando hanno deciso di prenderla, l’hanno messa in prima e non in seconda, per via dell’italiano. Ha sofferto tanto, lei è molto alta e aveva già sette anni, i suoi compagni sei, alcuni cinque e mezzo”. Secondo Fiorella Farinelli le lunghe attese con il loro carico di frustrazioni, possono portare anche a rinunce definitive all’istruzione, ricorsi alle scuole private, aggiustamenti problematici come la costituzione di classi aggiuntive popolate solo di studenti stranieri, in cui il processo di integrazione viene, di fatto, impedito”. In tema di rinuncia all’istruzione l’indicatore europeo Elet (Early Leaving from Education and Training), segnala che è a rischio di abbandono precoce il 33% degli studenti stranieri contro il 14% di quelli italiani (l’obiettivo europeo è il 10%).

Inserimento in classi inferiori e lingua italiana

Sumy Taher, volontaria alla Che Guevara e mamma di due gemelle, prova ad iscrivere le sue figlie quattordicenni in prima liceo, poiché in Bangladesh hanno completato con successo i primi due cicli scolastici. si rivolge a diverse scuole, ma ciò che ottiene è un inserimento in prima media. Sumy accetta, ma ben presto la situazione risulta insostenibile:  le ragazze non riescono ad integrarsi a causa della differenza di età, sono demotivate allo studio e comunque il tempo trascorso a scuola non è produttivo senza una base di italiano più solida. Sumy le ritira da scuola e le prepara da privatiste all’esame di terza media, che superano con successo recuperando due anni. Le iscrive al liceo e, oggi, dedicano ancora molto tempo a studiare la lingua italiana in maniera intensiva.
L’inserimento in classi inferiori rispetto all’età contravviene all’indicazione del Miur secondo cui l’età anagrafica deve rappresentare il primo fattore di riferimento nell’assegnazione della classe, indipendentemente dal livello di conoscenza della lingua italiana. Questo principio, tutela il minore nelle sue prerogative psicologiche, di socialità e di sviluppo e costituisce il primo mattone su cui costruire il suo iter formativo e la sua integrazione.
A sostegno di tale disposizione, il Miur fornisce indicazioni per la creazione di piani didattici individuali finalizzati al riallineamento delle competenze linguistiche che si concretizzano soprattutto in corsi intensivi di lingua italiana e laboratori extrascolastici per il conseguimento della lingua d’istruzione. Purtroppo, per motivi di tagli all’organico e per la carenza di insegnanti specializzati in L2, la norma è disattesa e la sua mancata applicazione si ripercuote  sul percorso dell’allievo, generando il ritardo scolastico. Tale ritardo, se non recuperato con lezioni intensive di italiano, in qualche caso, porta  all’abbandono.
Secondo Paola Piva, coordinatrice della Rete Scuolemigranti “Solo prevedendo corsi intensivi d’italiano tutto l’anno e con docenti interni la scuola può garantire pari opportunità agli studenti stranieri. Questa offerta è frenata dalla mancanza di personale interno alla scuola”.
Tuttavia la scuola può e deve organizzarsi”, suggerisce Simona Di Matteo, preside dell’I.C. Guicciardini. “Come indicato dal legislatore, in base ai bisogni formativi emergenti nel PTOF, è possibile indirizzare le risorse per progetti di accoglienza e alfabetizzazione”.

Striscione di manifestazione contro i respingimenti scolastici(foto radio città fujiko)
Striscione contro i respingimenti scolastici(foto radio città fujiko)

Evitare i respingimenti scolastici “Manca una regia istituzionale”

“A Roma manca una regia istituzionale, spiega Paola Piva, è necessario un tavolo di coordinamento dedicato all’inclusione dei neoarrivati: Prefettura, Questura, Comune e municipi, Ufficio territoriale e associazioni devono lavorare in sinergia, come stanno sperimentando da qualche anno Milano (4 Poli-start istituiti nel 2009, riconfermati ed ampliati nel 2017), Bologna (5Poli, accordo del 2014, rinnovato nel 2019), Venezia e altre città. Fino ad oggi, l’Ufficio scolastico regionale del Lazio (Usr) ha sostenuto che non è suo compito trovare una scuola alternativa in caso di respingimento.”

Respingimenti scolastici: una proposta per Roma

Scuolemigranti ha promosso un documento di analisi e proposte per costruire un sistema di gestione degli inserimenti (vedi Documento 28 febbraio 2020 in http://www.scuolemigranti.org/famiglie-neo-arrivate-a-roma/) condiviso da dirigenti scolastici e assessori municipali, che prevede, tra gli altri punti:

  • il monitoraggio dell’ingresso dei minori stranieri per poter programmare il fabbisogno organico delle scuole, sulla base di stime attendibili;
  • la realizzazione di corsi intensivi di italiano accessibili anche in estate;
  • la creazione di un Punto di Collegamento per organizzare con i municipi la gestione dell’accoglienza in corso d’anno, in sinergia con il terzo settore;
  • la dotazione, presso la Prefettura, di un servizio informativo multilingue sul sistema scolastico e sulle iscrizioni;
  • l’affidamento al Consiglio Territoriale Immigrazione del monitoraggio del nuovo sistema.

L’auspicio è che – in vista di un nuovo assetto organizzativo e alla luce della più che evidente marginalizzazione degli alunni non italofoni – si affronti la questione in termini di investimenti e si smetta di delegare al volontariato un compito che spetta all’istruzione pubblica.

Antonella Priori, Scuolemigranti
(24 giugno 2020)

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