È ufficiale: il 14 settembre si torna a scuola. Il Ministro dell’Istruzione Azzolina lo scorso 26 giugno ha reso note le linee guida per la riapertura delle scuole, che hanno trovato un sostanziale appoggio da parte dei rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali.
Il testo, la cui bozza era trapelata nei giorni precedenti l’incontro scatenando le proteste delle associazioni di genitori scese in piazza il 25 giugno, prevede lo stanziamento di circa 3 miliardi di euro destinati alla riorganizzazione logistica degli istituti scolastici in vista delle riaperture.
Le 8 proposte del terzo settore per la riapertura
Anche il mondo del terzo settore ha preso parte attivamente al dibattitto sulle riaperture di settembre, presentando il 25 giugno, proprio in vista della pubblicazione delle linee guida ministeriali, il documento Da una scuola grande come il mondo a una grammatica per la riapertura nel corso della conferenza stampa La Scuola al bivio. 8 proposte concrete per una riapertura equa.
Sono ben 12 le associazioni firmatarie del documento – Movimento Cooperazione Educativa, Legambiente Scuola Formazione, CGD Coordinamento Genitori Democratici, Federazione Italiana CEMEA, Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia, Rete di Cooperazione Educativa, Casa-laboratorio di Cenci, Fondazione Montessori Italia, CSV Lazio, FOCUS-Casa Dei Diritti Sociali, Acque Correnti, Across APS – articolato in otto criteri per le riaperture:
- Le storie non sono uguali: attenzione alla specificità di ogni singola scuola
- Quanto più tempo a scuola: importanza dell’aspetto relazionale nell’apprendimento
- Una cornice comune di riferimento: regolamentazione del rapporto tra Enti locali e scuole
- Stare insieme in salute: protocollo di sicurezza sanitaria unico ma flessibile
- Fuori dall’aula senza paura: nuova logica di corresponsabilità di tutti i soggetti educanti
- Attualizzazione di argomenti e temi: conformità alle nuove modalità di insegnamento
- Formazione e qualità dell’azione educativa: attualizzare la cornice pedagogica tenendo conto della specifica situazione attuale
- Spazi di partecipazione, democrazia a scuola e nel territorio: una “società educante” composta da tutti i soggetti inseriti nel processo educativo
Da soluzioni tecniche ad una rifondazione pedagogica
“La DAD ha svelato quanto già era latente a scuola ancora aperta: il sistema scolastico non riesce a raggiungere tutti gli alunni allo stesso modo. Rimane, per certi aspetti, ancora sensibilmente discriminante”, introduce Anna d’Auria dell’MCE – Movimento Cooperazione Educativa “Non bastano soluzioni tecniche, bisogna formulare un nuovo quadro pedagogico che sia coerente con le indicazioni di natura organizzativa. È arrivato il momento di superare la logica dell’emergenza e convincerci finalmente che meno scuola significa meno democrazia. Nelle linee guida ministeriali non si fa riferimento ad un monte ore di didattica uniforme per tutte le scuole, cui viene affidata un’ampia autonomia organizzativa. Noi temiamo che l’esigenza di sicurezza e il ricorso a modalità didattiche alternative finiscano per ridurre drasticamente i modelli educativi in vigore prima della pandemia. Il tempo trascorso a scuola è fondamentale per la crescita dell’individuo: per questo dovremmo pensare a forme di risarcimento del tempo di allontanamento degli alunni dai banchi.”
Dello stesso parere è Franco Lorenzoni, fondatore della Casa-laboratorio di Cenci: “La proposta di articolare la didattica in ore di 40 minuti è un insulto all’intelligenza. Pensare che la scuola si possa fare di corsa è una mera semplificazione didattica. Quei 20 minuti che si perdono sono uno spazio essenziale di relazione. Invece di pensare come tagliare ore, sarebbe più utile pensare ad un ‘curricolo del rammendo’, che consenta di recuperare i molti alunni allontanati in questi mesi dalla scuola. Per fare questo è fondamentale che il mondo scolastico sappia recepire e affrontare il discorso delle differenze sociali di partenza tra gli alunni.”
Centralità della scuola per alunni e genitori
I lunghi mesi di chiusura delle scuole hanno reso evidente l’importanza della questione educativa e scolastica all’interno dell’intero sistema nazione. È tornato centrale nel dibattito pubblico il problema della conciliazione di lavoro e famiglia, che ha costretto molte donne ad abbandonare il lavoro nei mesi di lockdown per badare ai figli rimasti a casa. “La questione della conciliazione lavoro-famiglia è un problema fondamentale che ha avuto ripercussioni economiche importanti. È un tema che non ha ricevuto un’adeguata attenzione a livello governativo”, spiega Aldo Garbarini del Gruppo Nazionale Nidi Infanzia “Basti pensare alla marginalità della questione degli alunni 0-6 nel corso del dibattito sulla scuola nei mesi di chiusura totale. Anche questo è uno di quei temi preesistenti che la pandemia non ha fatto altro che rendere più evidenti: l’Italia soffre di una cronica carenza di servizi educativi per l’infanzia. Carenza di asili nido significa banalmente meno donne che lavorano.”
Il ricorso alla DAD ha avuto come conseguenza un nuovo livello di partecipazione dei genitori alla vita scolastica dei figli: “Durante il lockdown la scuola è entrata di prepotenza nelle case degli italiani”, interviene Angela Nava del CGD – Coordinamento Genitori Democratici “Molti genitori hanno dovuto stravolgere e riorganizzare le proprie giornate in funzione delle esigenze didattiche dei figli. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Ho avuto modo di riscontrare tuttavia anche degli effetti positivi: per la prima volta dopo molti anni è tornato in auge il tema della complessità e centralità della scuola nella vita del paese. Che sia l’occasione per una rivalutazione sociale del ruolo degli insegnanti, così screditato negli ultimi decenni?”
Le linee guida ministeriali del 26 giugno
Didattica in presenza e sicurezza sono le due parole chiave delle linee guida per le riaperture di settembre. Largo margine di manovra viene lasciato ai singoli dirigenti scolastici: possibilità di rimodulare l’orario settimanale, smembramento della classe in gruppi di apprendimento più piccoli, turni differenziati, didattica laboratoriale, utilizzo di spazi esterni agli edifici scolastici con coinvolgimento di altre istituzioni del territorio, sono alcune delle possibili soluzioni che ogni singola scuola potrà adottare in piena autonomia e flessibilità.
Gli edifici scolastici potranno aprire i battenti già a partire dal 1° settembre per consentire attività di recupero per gli alunni che hanno registrato gravi carenze nel corso del precedente anno scolastico. Un’opzione auspicata peraltro anche dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura del Ministero dell’Istruzione, che pure nutre perplessità sull’effettiva disponibilità delle scuole a istituire piani di recupero linguistico ad hoc per gli alunni stranieri e apre all’opzione dei campi estivi gestiti dal privato sociale e dagli Enti locali.
Permangono tuttavia alcuni elementi di criticità, riguardanti l’interruzione dell’attività scolastica nella giornata del 20 settembre in corrispondenza delle elezioni regionali, ma soprattutto la drastica carenza di docenti di ruolo. Secondo le recenti stime di CISL scuola ammontano a 85150 le cattedre vacanti per il prossimo anno scolastico, dovute in larga parte al pensionamento di molti docenti in quota 100, ma anche all’accoglimento massiccio delle domande di trasferimento, soprattutto dal Nord al Sud Italia.
Un quadro che viene complicato da un sistema di reclutamento degli insegnanti del tutto inefficace: secondo UIL scuola per il prossimo anno scolastico ben il 30% degli insegnanti in cattedra sarà precario e reclutato attraverso il conferimento degli incarichi di supplenza.
Silvia Proietti
(2 luglio 2020)
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