Io è un’altra: l’incontro sulla diversità di genere e la scuola

Io è un’altra

Io è un’altra; l’altra è un Io. Per un’educazione all’alterità e all’uguaglianza è un incontro online che si è tenuto online giovedì 29 ottobre. L’evento è stato promosso da Compalit, l’Associazione di teoria e storia comparata della letteratura.

L’istruzione primaria e secondaria italiana nel dopoguerra ha scontato, in termini di contenuti didattici, la rimozione all’educazione all’alterità – intesa nei termini generici dell’individualità o nei termini specifici della pluralità dei generi, delle etnie, degli orientamenti affettivi, delle scelte religiose ecc. – e dunque l’educazione all’uguaglianza e alla convivenza sociale”.

I cultural studies

Nella prospettiva eteronormata e maschiocentrica dominante nelle rappresentazioni estetiche occidentali, come quelle letterarie o audiovisive, ‘l’altro’ di volta in volta è la donna, lo straniero, l’omosessuale – dichiara Fabio Vittorini, docente di Letterature comparate presso l’Università IULM di Milano –. Fortunatamente dagli anni ‘50 del ‘900 la comparatistica britannica, seguita da quella tedesca e statunitense, ha aperto dei cantieri di riflessione e di analisi che hanno condotto la critica letteraria ad aprirsi ai cosiddetti materiali della cultura di massa, combinando una grande varietà di approcci: non solo contenutistici e formalistici, ma anche politicamente impegnati. Negli anni ‘60 sono quindi nati i women’s studies, i post-colonial studies, i black studies, tutti raccolti nel ‘contenitore’ dei cultural studies, ovvero gli studi che analizzano il testo non solo come un’oggetto estetico ma anche e forse soprattutto come un prodotto culturale e sociale”.

La religione e la scuola italiana

Il dibattito sui cultural studies in Italia – prosegue Vittorini – è arrivato tardi ed è finito presto. Questa fine precoce è stata favorita e indotta da fattori locali, primo fra i quali la confessionalità latente delle istituzioni italiane, le quali non sono state in grado di portare a compimento un effettivo processo di laicizzazione. Questo include, ovviamente, anche le istituzioni formative del Paese. La religione ‘imbriglia’ anche la realizzazione dei curricula scolastici: la scelta degli argomenti da inserire nei curricula varia in virtù della loro corrispondenza al sapere confessionale prevalente in Italia”.

L’assenza di una politica nazionale

“In Italia ci sono resistenze nei confronti di una piena attuazione dell’uguaglianza tra donne e uomini. Che cosa ha fatto e che cosa fa la scuola italiana – si domanda Vittorini – sul tema dell’educazione all’altro? Secondo Grevio, l’organo del Consiglio d’Europa che valuta come gli Stati applichino la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne, i provvedimenti adottati dall’Italia sono stati del tutto insufficienti: i tentativi di inserire in Italia interventi formativi relativi alla parità e le differenze di genere sono stati frutto dell’iniziativa dispersa di singoli docenti ed enti locali lungimiranti e consapevoli dell’importanza dei temi, non di una politica educativa uniforme su tutto il territorio. Tali interventi – inoltre – hanno scatenato nel corso degli anni forze conservatrici reazionarie, attribuendo alle cosiddette teorie di genere significati ad esse estranei”.

I libri di testo e gli stereotipi di genere

Nei libri di testo utilizzati nelle scuole italiane si perpetuano stereotipi di genere. Il progetto Polite, intrapreso alla fine degli anni ‘90 del secolo scorso, sulla revisione dei libri di testo in ottica di pari opportunità è infatti rimasto incompiuto. Il codice di autoregolamentazione per gli editori scolastici, affinché la prospettiva di genere diventasse criterio orientativo nella stesura dei libri di testo, ha avuto scarsa ricaduta per due motivi: “da un lato perché solo una minoranza degli editori ha scelto di aderire al codice, dall’altro anche quegli editori che hanno deciso di farlo di fatto non sono riusciti a produrre libri di testo rispettosi della parità”.

L’importanza di iniziative strutturali

Secondo Fabio Vittorini, oltre alle campagne mediatiche, l’attività di sensibilizzazione sull’uguaglianza di genere deve partire da iniziative strutturali, stabilite dentro i curricula scolastici italiani. L’ora di educazione civica è spesso dimenticata e quella di religione, che potrebbe essere preziosissima, viene invece svolta in chiave confessionale e catechistica. “Sarebbe invece necessario inserire nei curricula delle scuole primarie e secondarie dei corsi sulla formazione dell’individuo, attraverso la trasmissione graduale e progressiva di elementi di sapere psicologico e sessuologico e l’esercizio costante di mediazione con l’altro e soprattutto di gestione della crisi nella relazione con l’altro. In questo modo, attraverso un investimento di cui si potrebbero raccogliere i frutti solo nell’arco di due o tre generazioni, si potrà iniziare a mettere fine a devianze terribili come la misoginia, l’omotransfobia, la xenofobia e a tutte le tragedie personali e sociali che ne conseguono”.

Il gruppo scuola Arcigay

Andrea Brus è un volontario della sezione “gruppo scuola” dell’associazione Arcigay Milano. “Fra le nostre attività c’è quella di tenere dei corsi nelle scuole superiori e medie, ad esempio con incontri sulle persecuzioni LGBT durante il periodo del nazifascismo. Nelle scuole trattiamo tutte le tematiche che riguardano l’educazione alle differenze, perché è necessario che esse siano affrontate in maniera organica. La vittimizzazione omofobica, come il bullismo omofobico e l’omofobia, affonda infatti le proprie radici nel sessismo e nella misoginia: se la figura della donna non avesse nella nostra società una rappresentazione sottomessa e negativa molti episodi di omofobia non riuscirebbero a radicarsi. Ad esempio quando un uomo ammette di essere effeminato spesso si crea un corto circuito negli ascoltatori. Questo perché l’uomo nella nostra società è messo in posizione di superiorità e non è ancora permesso accogliere senza problemi aspetti femminili nell’uomo”.

Il bullismo omofobico

Il bullismo è un problema concreto, per cui servono azioni mirate – continua Brus – in quanto ci sono fattori specifici. Una particolarità del bullismo omofobico è che la persona colpita non è detto che sia realmente omosessuale. Il bullismo omofobico, infatti, deriva dalla percezione che l’aggressore ha della vittima. Inoltre rispetto ad altre caratteristiche per le quali si può venire ingiustamente bullizzati, come per il colore della pelle, nel bullismo omofobico è più difficile che la vittima cerchi supporto nella sua rete familiare”.

L’assenza delle istituzioni scolastiche

Secondo Tommaso Broglia, membro di un collettivo LGBT universitario, vi è una mancanza totale di aiuto da parte della scuola sui temi della inclusione sociale. “Non esiste uno spazio dove gli studenti possano trovarsi e discutere di determinate tematiche senza essere giudicati. In moltissimi istituti manca uno psicologo o consuelor scolastico. Eppure – spiega Broglia – per comprendere gli altri bisogna prima comprendere sé stessi. La scuola dovrebbe creare un percorso che sviluppi negli studenti un pensiero critico sull’accettazione dell’altro, a cominciare dall’asilo: da piccoli siamo infatti molto ricettivi e privi di pregiudizi o discriminazioni. In questo processo formativo dovrebbero essere coinvolti tutti, anche i genitori”.

L’educazione dei docenti

Ci deve anche essere l’educazione del docente all’alterità – conclude Vittorini –. Se un docente non è stato formato a gestire l’insieme di questioni complesse che l’alterità pone, sarà da quel punto di vista un cattivo maestro e potrebbe anche creare danni. Nella scuola non si arriva a studiare il mondo contemporaneo, che è colmo di concetti sulla diversità. Se invece ci fossero insegnamenti come l’educazione ai media si riuscirebbe a parlare di argomenti come le differenze di genere. Infatti nella contemporaneità, nei film come nelle serie tv, ci sono infiniti esempi dove il genere entra come questione preponderante. Ma se il docente non è stato formato avrà sempre una reazione di chiusura su di un tema che non saprà come affrontare”.

Vincenzo Lombardo
(4 Novembre 2020)

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