Dossier IDOS 2020: no al “distanziamento sociale” degli stranieri

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“Il distanziamento sociale che ci viene raccomandato in questi mesi è qualcosa che tradizionalmente applichiamo nei confronti degli stranieri”, introduce Luca Di Sciullo, presidente di IDOS “Tenere i migranti stranieri a distanza è l’imperativo che ha da sempre guidato le politiche migratorie del nostro paese, perfettamente in linea con quelle dell’Unione Europea, che opera una sistematica strategia di esternalizzazione delle frontiere. Il Patto europeo su immigrazione e asilo presentato lo scorso 23 settembre, in cui si parla di freno delle partenze ma nulla di nuovo si dice sul versante dell’integrazione e dell’accoglienza, non fa che confermare questa impostazione.”
Si è aperta con questa riflessione, lo scorso 28 ottobre in diretta web, la presentazione del 30° Dossier Statistico Immigrazione, redatto da IDOS in partenariato con il Centro Studi Confronti, che ogni anno offre il quadro più completo del fenomeno dell’immigrazione nel nostro paese. Un’edizione arricchita da ben 10 articoli dedicati all’analisi dell’incidenza della pandemia sul campo dei diritti e dell’integrazione dei migranti nel nostro paese.

Lavoro e scuola: due distanze da colmare

Questa particolare declinazione del distanziamento sociale non si limita al momento dello sbarco, ma condiziona fortemente il processo di integrazione dei migranti stranieri presenti sul territorio italiano, specialmente in due settori fondamentali quali il lavoro e l’istruzione.
Il lavoro continua a costituire per molti migranti l’unica possibilità per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, e quindi di vedersi garantita la permanenza ed eventualmente l’integrazione nel territorio. Tuttavia, sebbene il loro contributo nei settori chiave per l’economia colpita dalla pandemia sia stato ampiamente riconosciuto, proprio il legame tra lavoro e status giuridico regolare rende i migranti particolarmente ricattabili in un mercato del lavoro che sconta una cronica precarizzazione. Anche da qui deriva la decisa concentrazione dei lavoratori stranieri nel settore delle professioni socialmente dequalificate, ma più disponibili, sebbene poco remunerative e prive di possibilità di crescita professionale. Dei 2.505.000 lavoratori stranieri registrati in Italia nel 2019:

  • 1/3 è sovraistruito rispetto alla professione svolta;
  • -24% è il gap salariale che registrano rispetto ai lavoratori italiani;
  • più del 50% risulta concentrato in sole 13 professioni.

In particolare sono stranieri:

  • il 18,3% dei lavoratori dell’edilizia;
  • il 16,9% dell’industria;
  • il 17,6% dei lavoratori nel settore costruzioni;
  • il 17,7% del comparto ristorazione;
  • il 68,8% dei lavoratori domestici, che raccoglie il 40,6% del totale delle donne straniere occupate.

Un fenomeno che rischia di perpetuarsi grazie a dinamiche di “integrazione al ribasso” che si registrano anche nel mondo della scuola. Nell’a.s. 2018-2019 sono circa 858.000 alunni stranieri presenti nelle scuole italiane, il 10% dell’intera popolazione scolastica. I 2/3 di loro – circa 553.000 alunni – sono seconde generazioni, ossia nati in Italia e stranieri soltanto per una legge sulla cittadinanza vecchia di 28 anni, ancora imperniata sullo ius sanguinis.
La componente straniera tra i banchi di scuola presenta tassi decrescenti via via che si sale verso cicli di studio superiori:

  • 11,5% della primaria;
  • 7,4% delle superiori;
  • 5,4% delle università.

A questo dato bisogna aggiungere la decisa polarizzazione degli alunni stranieri verso gli istituti tecnici e professionali (soltanto il 30% si iscrive a un liceo, a fronte del 50% degli italiani), indice di una scarsa fiducia nelle possibilità di promozione sociale offerte dalla scuola e, in ultima istanza, dall’intero paese.

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Locandina dell’evento

I numeri del 2019: meno sbarchi e più irregolarità

Passando al versante flussi migratori, si verifica, come già registrato nel Dossier 2019, una sostanziale sovraesposizione mediatica degli arrivi via mare: 11.471 nel corso dell’intero 2019, saliti fino ai 20.000 registrati a fine agosto 2020. Numeri che confermano un trend in forte ribasso, se rapportati ai 119.369 arrivi via mare del 2017.
Un dato che si riflette nel calo del numero di migranti ospitati nei centri d’accoglienza, passati dai 183.800 nel 2017 agli 84.400 a fine giugno 2020, a sua volta legato a:

  • la diminuzione della percentuale di accoglimento delle domande di protezione (nel 2019 è stato accolto soltanto il 19,7% delle domande, a fronte del 32,2% del 2018);
  • l’aumento degli irregolari presenti sul territorio.

Entrambi i fenomeni risultano strettamente correlati all’abolizione della protezione umanitaria introdotta dai Decreti Sicurezza del 2018: molti ex-titolari di protezione umanitaria o richiedenti asilo si sono visti esclusi dal circuito dell’accoglienza e sono precipitati improvvisamente nella condizione di irregolari. Un fenomeno peraltro non contrastato da un’efficace politica di rimpatri (nel corso del 2019 sono stati circa 7000, sostanzialmente in linea con i 6800 del 2018), a causa del numero esiguo di accordi di rimpatrio siglati dall’Italia con i paesi di origine.
All’inizio del 2020 sono 5.307.000 gli stranieri residenti in Italia, l’8,8% della popolazione, la maggior parte dei quali è composta da:

Dati, questi, che smentiscono clamorosamente l’immagine distorta di un’immigrazione via mare, prevalentemente africana e musulmana. Il 51,9% degli stranieri presenti in Italia è, infatti, di religione cristiana (il 23,9% di professione ortodossa), seguito dal 33,2% di musulmani, dal 4,8% di atei e dal 3,1% di induisti.

Silvia Proietti
(29 ottobre 2020)

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