Marocchini in Italia: i dati sulla comunità

Da 1.001, censimento del 1981, a 422.980 residenti su oltre 5 milioni di stranieri nel 2019, i marocchini in Italia rappresentano una presenza costante e dopo mezzo secolo dai primi arrivi costituiscono la prima comunità di cittadini extracomunitari.La cifra dei residenti cresce se si aggiungono coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana, il 13,7% di tutti gli stranieri che sono diventati italiani: oltre un milione e 340 mila persone, stando ai dati ISTAT aggiornati al 2018.

Dalla percentuale sulla cittadinanza ai numeri costantemente alti nel tempo, i dati tracciano un collegamento di lunga data tra le due sponde del Mediterraneo. I primi arrivi, numeri irrisori rispetto ai dati dei decenni successivi, coincidono con il periodo successivo alla crisi petrolifera del 1973. Ma cosa succedeva al di là del Mare? Gli anni ’70 sono di piombo anche in Marocco, dopo il difficile insediamento del Re Hassan II cominciano anni di proteste e repressioni. E se da un lato il Re crea i presupposti per partire, dall’altro crea anche le condizioni per restare all’estero: facilita le procedure per ottenere il passaporto e permette ai marocchini di acquisire un’altra cittadinanza conservando quella di origine.

La comunità marocchina, in Italia dagli anni ’70

Ed è tra gli anni ’80 e ’90 che l’Italia diventa paese di destinazione per chi parte dall’altra sponda del Mediterraneo: il 1° gennaio 1991 i permessi di soggiorno concessi a cittadini nati in Marocco sono 63.809 ed entrano per la prima volta a fare parte delle prime 10 comunità straniere guadagnando direttamente la vetta più alta del podio. Anche oltre i confini del Nord Africa, i numeri sugli stranieri hanno la prima vera impennata passando da 198.483 a 548.193. Dopo l’introduzione dello Spazio Schengen, che crea una libera circolazione all’interno dell’UE, infatti i paesi affacciati sul Mediterraneo diventano le mete privilegiate perché più semplici. Sono i primi dieci anni importanti per l’accoglienza in Italia, in cui gli arrivi devono necessariamente trovare uno spazio anche nella normativa. Nel 1990 la Legge Martelli stabilisce una programmazione annuale degli ingressi, definisce le tipologie dei permessi di soggiorno; fa una sanatoria per i già residenti, nel ’92 viene approvata la legge sulla cittadinanza, nel ’95 con la Legge Puglia prendono vita in forma embrionale gli attuali centri di accoglienza.


Leggi l’approfondimento sull’evoluzione della normativa sull’accoglienza in Italia


Dalla politica alla percezione della gente comune, il fenomeno dell’immigrazione prende forma. E negli anni ’90, agli occhi di molti, gli stranieri hanno proprio le fattezze dei marocchini, tanto che nella parlata volgare di alcune regioni il sostantivo diventa sinonimo di migrante, straniero, africano. Come si legge nel rapporto IDOS un ponte sul mediterraneo del 2013, “Volendo riassumere l’evoluzione della presenza marocchina in Italia, si può dire che gli anni ’70 hanno rappresentato la fase iniziale dell’insediamento, gli anni ’80 quella del consolidamento, gli anni ’90 quella della ricomposizione familiare con la venuta delle donne e la nascita dei figli”.Dal 2000 comincia per i marocchini la fase in cui aggiungere alle fondamenta dell’arrivo nel paese di destinazione, ai pilastri dell’apprendimento della lingua e i primi lavori, nuovi piani di costruzione: creando un rapporto sempre più profondo e stratificato con la società di destinazione.Un altro balzo in avanti importante arriva tra gli anni 2000 e 2011: in 10 anni c’è un aumento del 302,6%. Dopo due decenni si apre una nuova fase per la comunità marocchina, con la costruzione di un secondo livello di vita in Italia: i permessi di soggiorno per motivi familiari passano dal 30,6% del 2001 al 58,2% del 2011. Le due grandi motivazioni che spingono a partire, lavoro e famiglia, dopo dieci anni si ribaltano.In questi anni la differenza di genere continua ad appianarsi. In tempi diversi, anche le donne arrivano in Italia per restare: lo dimostra il dato sulle acquisizioni di cittadinanza nel 2018, ultimi dati ISTAT disponibili, le marocchine che diventano italiane sono 8.552 contro 6.944 uomini.

Da ambulanti a imprenditori: i dati sul lavoro dagli anni 70 ad oggi

A dimostrare una presenza costante di donne e uomini marocchini in Italia e la volontà di raggiungere l’Italia per restare sono anche i dati sul lavoro che dimostrano una evoluzione della presenza sul territorio.Anni ‘70L’aggettivo “marocchino”, nell’immaginario italiano sinonimo di “ambulante” oltre che di straniero, deriva molto probabilmente dagli anni ’70, ovvero dalla fase iniziale d’insediamento, cominciata prima nelle regioni meridionali e solo in un secondo momento in quelle settentrionali. I marocchini arrivati in Italia erano quasi sempre uomini, adulti e soli, o perché ancora non sposati o, se sposati, perché avevano lasciato in patria le loro famiglie. Emigrati dalle campagne, senza specifiche qualifiche di lavoro, in Italia provavano a sbarcare il lunario come venditori ambulanti, lavavetri, braccianti.Anni ‘80Negli anni ’80 si sviluppa una fase di consolidamento dell’emigrazione: i flussi iniziano a provenire non solo dalle campagne, ma anche dalle città, fattore che porta a una migrazione connotata da un superiore livello di istruzione o di qualifica professionale. In questi anni iniziano a emigrare artigiani e lavoratori rimasti senza un posto nelle fabbriche o nelle miniere di fosfati: di età più giovane rispetto al flusso del decennio precedente, i marocchini arrivati negli anni ’80 sono capaci di inserirsi nel settore agricolo, ma anche in altri comparti produttivi come l’edilizia, la piccola industria, i servizi di pulizia, i distributori di benzina e il commercio. Per la prima volta, arrivano in Italia anche studenti, che trovano uno sbocco nelle università italiane divenendo poi mediatori, educatori e operatori sociali.Anni ’90Sono questi gli anni in cui i marocchini diventano la comunità straniera più numerosa in Italia, passando dai 1.001 censiti nel 1981 ai 39.911 censiti nel 1991. In questi anni la comunità cresce esponenzialmente: il fattore che determina questa crescita è il ricongiungimento familiare, che vede aumentare il numero delle donne che, con la loro presenza e quella dei figli, portano i marocchini a diventare una comunità più stabile e maggiormente integrata rispetto alle fasi precedenti.Dagli anni 2000 ad oggiI ricongiungimenti familiari aumentano negli anni 2000, cresce la presenza dei figli e il legame con la società italiana si consolida, grazie anche alla prospettiva di un inserimento più stabile, sancita anche a livello normativo, prima dalla cosiddetta “carta di soggiorno” (legge 40/1998), poi modificata a seguito della Direttiva europea sul permesso CE per lungosoggiornanti (n. 109 del 2003), che entra in vigore in Italia nel 2007. Al Censimento del 2001 i marocchini sono 180.103 (il 13,5% su 1.334.889 stranieri). In un decennio l’aumento numerico è particolarmente consistente: i marocchini sono più che raddoppiati, nel 2010 sono 445.424, anche se la loro incidenza sulla presenza straniera è andata diminuendo (dal 13,5% a circa il 10%), perché nello stesso periodo altre collettività provenienti dall’est Europa e dall’Asia sono aumentate con un ritmo più elevato.Con la crescita della comunità, il lavoro dei marocchini in Italia cambia anche radicalmente la sua fisionomia. Nel 2011 i marocchini sono maggiormente concentrati in agricoltura, nell’industria, nelle costruzioni, nel commercio, negli alberghi e ristoranti e nei servizi sociali e alle persone. Ma gli anni 2007-2011 registrano un forte aumento delle imprese individuali con titolare straniero, che aumentano del 51,1% (da 165.114 a 249.464).Gli ultimi dati: i marocchini sono i primi tra gli imprenditori stranieriLa significativa anzianità migratoria della comunità è rappresentata dalla elevata quota di permessi di lungo periodo, pari al 70,3%, di cui quelli legati a motivi di lavoro sono il 33,2%. La comunità, inoltre, risulta terza per ingressi per lavoro stagionale, pari al 13,5% del totale.

Un dato significativo che documenta l’evoluzione della comunità marocchina contestualmente al mondo del lavoro è quello relativo all’imprenditoria. Gli ultimi dati riportano infatti che la comunità è prima per numero di titolari di imprese individuali: sono 68.259 le imprese gestite da marocchini, un numero pari al 18,2% delle imprese totali.Accanto al dato sull’imprenditoria, è da sottolineare però anche un notevole discrimine nel coinvolgimento delle donne marocchine nel mercato del lavoro. All’interno della comunità esistono, infatti, significative differenze tra il tasso di occupazione maschile (62,6%) e quello femminile (23,1%). Affiancano i marocchini in questo dato altri paesi dell’Africa settentrionale, come l’Egitto e la Tunisia.

Istruzione: i dati sulla scuola e sulle Università

Accanto al lavoro, la scuola è l’altro elemento chiave per comprendere appieno in che modo i marocchini entrano a far parte in maniera stabile della società italiana.Per quanto riguarda la scuola, il Marocco, ormai da anni, risulta il secondo Paese di origine degli studenti non comunitari, dopo l’Albania: sono, infatti, 103.216 gli alunni di origine marocchina iscritti all’anno scolastico 2017/2018, un numero pari al 15,8% della popolazione scolastica non comunitaria nel suo complesso, che conta complessivamente 653.522 studenti.A livello universitario invece, il numero degli studenti stranieri nel corso degli ultimi anni è aumentato sensibilmente: gli ultimi dati aggiornati contano nell’anno 2017/2018 oltre 65 mila universitari stranieri non comunitari, che costituiscono il 78% degli studenti stranieri.Gli studenti di nazionalità marocchina iscritti nell’anno accademico 2017/18 a corsi di laurea biennale o triennale sono 2.493, numero in crescita negli ultimi cinque anni. La popolazione accademica marocchina, maggiormente femminile, è aumentata così come il numero dei laureati: 259 nell’anno accademico 2016/2017.

La comunità marocchina a Roma

Da uno sguardo nazionale a uno sguardo locale su Roma, i numeri cambiano e i marocchini non costituiscono la prima comunità di cittadini provenienti dai paesi extraeuropei: in testa ci sono filippini, bangladesi, indiani.Secondo i dati aggiornati al 1° gennaio 2018, gli stranieri residenti nella Città Metropolitana di Roma sono 556.794, di cui 385.621 nella Capitale di cui compongono il 13,4% della popolazione.I marocchini nell’Area Metropolitana di Roma sono oltre 8.300 e costituiscono la quattordicesima comunità più numerosa, stessa posizione se si considera solo la Capitale, dove si concentrano oltre 5.000 di questi.

Con le dovute differenze numeriche, però, i dati locali confermano alcune tendenze nazionali: dalla vocazione imprenditoriale per quanto riguarda il lavoro all’inserimento nel sistema scolastico.Se è vero che i marocchini sono la quattordicesima comunità a Roma, è anche vero che risultano tra i protagonisti dell’imprenditoria straniera nella Capitale, occupando la quinta posizione, subito dopo i cinesi, con 3.234 titolari di impresa individuale impegnati soprattutto nel settore dei servizi e del commercio.Passando all’istruzione arrivano le stesse conferme, circa un terzo degli studenti stranieri nati in paesi dell’Africa Settentrionale provengono dal Marocco: nell’anno scolastico 2016/2017 nelle aule delle scuole romane ci sono 1.286 studenti marocchini, in decima posizione per numero di presenze:

  • 295 nella scuola dell’Infanzia;
  • 462 nella primaria;
  • 277 nella secondaria di primo grado;
  • 252 nella secondaria di secondo grado.

Da uno sguardo ampio sul territorio e nel tempo ad uno zoom sul presente e sulla capitale, emerge l’identikit i una comunità radicata sul territorio. I marocchini hanno raggiunto l’Italia a partire dagli anni ’70, in un numero esiguo cresciuto in maniera costante nel corso dei decenni, con obiettivi chiari: sono arrivati per restare, per ricostruire il nucleo familiare dopo la partenza, per lavorare a un futuro da quest’altra parte del mare.

Rosy D’EliaElisabetta RossiInfografiche: Rosy D’Elia(15 aprile 2020)

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