Alunni con background migratorio in Italia. Il rapporto ISMU

Alunni con background migratorio

Il rapporto nazionale “Alunni con background migratorio in Italia. Le opportunità oltre gli ostacoli”, pubblicato dalla Fondazione Ismu, ha come obiettivo la qualificazione del sistema scolastico in contesti multiculturali e il rafforzamento dell’integrazione degli alunni di origine straniera. Il report, in particolare, si focalizza sul riconoscere gli ostacoli e le difficoltà che tali studenti continuano a incontrare nella loro formazione scolastica, con particolare attenzione ai minori stranieri non accompagnati (MSNA).

Gli studenti cni

L’anno scolastico (a.s.) 2017/18 vede la presenza di circa 842 mila studenti con cittadinanza non italiana (cni) nelle scuole nazionali, con un’incidenza sul totale degli scolari vicina al 10%. Per quanto riguarda le loro origini:

  • il 47,2% (397 mila) è europeo;
  • il 25,4% (214 mila) africano;
  • il 19,6% (165 mila) asiatico;
  • il 7,8% proviene dalle Americhe;
  • lo 0,03% dall’Oceania;
  • lo 0,04% è apolide.

La nazionalità con il numero maggiore di unità è quella rumena, con 158 mila studenti (18,8% sul totale); segue quella albanese (114 mila, 13,6%); la marocchina (103 mila, 12%); la cinese (53 mila, 6,3%). Fra le prime dieci nazionalità presenti in Italia, emergono anche quella filippina e indiana (26 mila alunni), quella moldava (25 mila), quella egiziana (23 mila), quella ucraina e pakistana (20 mila).

Su un campione di 100 alunni cni, il 19,6% frequenta la scuola dell’infanzia, il 36,6% la primaria, il 20,7% la secondaria di primo grado, il 23,2% la secondaria di secondo grado.

La distribuzione territoriale

Sul territorio nazionale, nell’a.s. 2017/18 emerge una maggiore concentrazione di studenti cni nelle regioni del Nord (65%), soprattutto nella Lombardia, dove si registra la presenza di oltre 213 mila studenti di origine migratoria (25,3% del totale di tutto il Paese). Seguono l’Emila Romagna e il Veneto. Nelle regioni del Centro (23%), il Lazio conta la percentuale più elevata di studenti con cittadinanza rumena (18,2%) e nel Sud (12%) la Sicilia e la Campania rappresentano le regioni con il numero più consistente di scolari cni.

Studenti di “seconda generazione”

Secondo il report, dall’a.s. 2012/13 ad oggi la presenza degli studenti cosiddetti di “seconda generazione”, ovvero i figli d’immigrati nati in Italia , ha registrato un notevole incremento, passando dal 47,2% al 63,1%. È nato in Italia l’82,3% degli scolari con cittadinanza cinese, circa il 76% con cittadinanza marocchina e albanese, il 67% filippina, il 58,7% romena. La presenza di scolari cni provenienti da altri Paesi ha subito, invece, una costante diminuzione.

Ritardi nel percorso scolastico

«Gli studenti con cittadinanza non italiana sono, al pari di altre fasce deboli, quali i disabili o gli studenti italiani provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati, a più forte rischio di abbandono del percorso scolastico. La scelta di principio della scuola italiana è quella di accogliere gli alunni con background migratorio nelle “scuole comuni”, inserendoli nelle classi corrispondenti all’età anagrafica e con i coetanei autoctoni. Si vogliono così evitare forme di emarginazione o separazione. Ciononostante, diversi indicatori testimoniano che numerosi minori d’origine migratoria non accedono all’istruzione scolastica o, altro aspetto della questione, smettono di parteciparvi». Esemplificativi in proposito è il tasso di scolarità degli studenti cni: nella fascia di età 3-5 anni corrisponde al 79%, a fronte del 93,6% dei bambini italiani. Ma è nella fascia di età 17-18 anni, corrispondente alla formazione post obbligo, che si verifica un netto abbassamento, fino al 65,8%, della partecipazione scolastica degli studenti cni. Secondo il report, le difficoltà d’inserimento e i ritardi accumulati nel percorso scolastico sono fra le cause principali di interruzione degli studi. Infatti il 17,7% degli undicenni con cittadinanza non italiana frequenta ancora la scuola primaria, contro l’1,9% dei coetanei italiani. Un dato, «che se fosse dovuto alle bocciature e conseguenti ripetenze sarebbe in palese contraddizione con la normativa sulla valutazione degli alunni del primo ciclo, tesa a far sì che gli studenti della scuola primaria siano comunque ammessi alla classe successiva, anche nei casi di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti».

Gli alunni stranieri non accompagnati

I minori stranieri non accompagnati (MSNA) sono in costante aumento sull’intero territorio europeo. In Italia il loro numero comincia a salire già a partire dalla fine del 1980 per aumentare negli anni ‘90, grazie all’aumento dei flussi migratori provenienti dai paesi dell’Est Europa, e i primi anni del secondo decennio del nuovo secolo, a seguito delle cosiddette “primavere arabe”, solo negli ultimi anni la presenza dei MSNA in Italia è in flessione. «La caratteristica che contraddistingue questi minori, e che li connota con specifici bisogni e aspettative, è il fatto di vivere l’esperienza migratoria in solitaria, senza famiglia o adulti di riferimento, anche se in realtà si tratta di un indicatore non del tutto adeguato, in quanto non sempre siamo di fronte a minori effettivamente soli: spesso questi ragazzi sono inseriti in reti di connazionali o di familiari che facilitano il loro arrivo e il loro inserimento nel Paese di accoglienza».

MSNA sbarcati in Italia. 2014-2019. V.a. Fonte: elaborazioni ISMU su dati Ministero degli Interni, 2019

Quanti sono i MSNA?

Rispetto alla prima rilevazione ufficiale del 2012, compiuta dalla Direzione Generale dell’Immigrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la quale registrava 7.575 MSNA sul territorio nazionale, si è verificato un notevole incremento nel 2014, con un numero quasi raddoppiato di presenze (14.243 MSNA). Il picco viene raggiunto nel 2017 con 18.303 MSNA, per poi scendere a 10.787 nel 2018 e a 6.054 nel 2019. Di questi, la maggior parte di loro sono soggetti maschi (il 94, 8%) con un’età compresa fra i 15 e i 17 anni. Albania (27,7%), Egitto (8,8%), Pakistan (8,3%), Bangladesh (8%), Kosovo (5,4%), Costa d’Avorio (4,7%), Tunisia (4,6%), Gambia (4,3%), Senegal (4%) e Guinea (3,6%) rappresentano le prime 10 posizioni di provenienza su un totale di oltre 35 cittadinanze. Con 1.164 MSNA, la Sicilia è la regione italiana che ne ospita il maggior numero, il 19,2% del totale. Segue la Lombardia, con 823 MSNA, mentre tutte le altre regioni hanno numeri più contenuti: il Lazio ne accoglie 428 (il 7,1%).

MSNA presenti e censiti in Italia. 2012-2019. V.a. Fonte: elaborazioni ISMU su dati Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

La legge Zampa

Il report ricorda come nel 2014, per la prima volta, la dicitura MSNA viene inserita esplicitamente nella normativa sull’integrazione degli alunni stranieri nella scuola italiana, nella pubblicazione delle “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”. «Da quel momento si è registrato in Italia un aumento di attenzione, reso evidente dallo stanziamento di risorse economiche ad hoc – complessivamente un milione e mezzo di euro – da parte del Ministero dell’Istruzione». In Italia, la legge Zampa n.47/2017 rappresenta una normativa avanzata in merito alla gestione dei MSNA. In particolare, il comma 3 dell’art. 14 stabilisce che «a decorrere dal momento dell’inserimento del minore nelle strutture di accoglienza, le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e le istituzioni formative accreditate dalle Regioni e dalle Province autonome […] attivano le misure per favorire l’assolvimento dell’obbligo scolastico […] e formativo da parte dei minori stranieri non accompagnati, anche attraverso la predisposizione di progetti specifici che prevedano, ove possibile, l’utilizzo o il coordinamento dei mediatori culturali, nonché di convenzioni volte a promuovere specifici programmi di apprendistato».

Dati incompleti

Le indagini sull’accesso dei MSNA all’istruzione in Italia risultano incompleti. Sono disponibili i dati relativi ai minori inseriti nel sistema SPRAR (oggi SIPROIMI, Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), che accedono al sistema di istruzione e formazione professionale: «nel 2018, negli 877 progetti SPRAR (di cui 144 specifici per MSNA) si è rilevata l’iscrizione di 2.458 minori nel sistema scolastico (di cui 1.832 MSNA) e di 1.176 MSNA nei corsi di formazione professionale». Inoltre, «l’ultima rilevazione dei dati INDIRE considera l’utenza dei CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione per gli Adulti), composta da 108mila studenti nel 2016/17, di cui 14mila stranieri. Secondo tale studio, i CPIA del Sud e delle Isole accolgono la maggior parte dei ragazzi MSNA o ex MSNA (16%) con punte del 21% in Sicilia e 19% in Calabria, dove è ingente il fenomeno legato agli sbarchi dei migranti. Nel resto del Paese, con una media del 6%, i MSNA iscritti ai CPIA sono decisamente una percentuale minore. […] Il quadro incompleto dei dati sull’inserimento scolastico, così come le analisi realizzate finora, evidenziano paradossi e contraddizioni della situazione italiana, in cui l’obbligo di istruzione e formazione è garantito per legge per tutti i minori, ma nella pratica l’effettivo accesso e inserimento scolastico non si verifica in maniera uniforme nel territorio nazionale».

Conversione del permesso di soggiorno

A livello nazionale, prosegue il report, «disponiamo anche dell’analisi dei pareri emessi dalla Direzione Generale Immigrazione per la conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età ai MSNA. Dal 2014 al 2019 sono stati rilasciati, annualmente, quasi 2mila pareri: la maggioranza dei percorsi di inserimento in cui i MSNA sono stati coinvolti riguardano la scuola e i CPIA. Oltre il 90% dei ragazzi non accompagnati neomaggiorenni, che richiede la conversione del permesso di soggiorno, è inserito in un percorso di istruzione e/o formazione, raggiungendo il 96,5% per l’anno 2019. Nel medesimo anno sono stati rilasciati 1.850 pareri, di cui 902 su base di percorsi scolastici, 663 per percorsi scolastici e formativi e 220 per percorsi scolastici e lavorativi».

Fattori di rischio

Fra i più rilevanti fattori di rischio nell’esperienza dei MSNA prima della partenza e durante il viaggio vi è la separazione dai familiari, le varie esperienze di violenza e l’esposizione a eventi traumatici in contesti segnati da conflitti e da forti disuguaglianze socio-economiche. Dopo la migrazione, invece, abbiamo problemi di salute mentale, difficoltà linguistiche e conseguente shock culturale, insicurezza, isolamento e solitudine. Inoltre, secondo il report «l’idea che la scuola sia un ambito significativo per l’integrazione dei MSNA è presente in tutta la letteratura internazionale; si evidenzia, tuttavia, come la scuola abbia una funzione ambivalente nei confronti dei MSNA: offre enormi possibilità e risorse, ma presenta al contempo elementi di criticità e rischi di discriminazione».

Le interviste

Il report chiarisce come «sul fronte delle ricerche internazionali, una tendenza emergente consiste proprio nell’ascoltare e dare voce ai MSNA e alle loro esperienze di vita […]. Dando spazio ai loro personali punti di vista, opinioni e bisogni, ne emerge un gruppo differenziato di giovani capaci di scegliere, di esercitare la propria volontà e agire nel mondo definendo i propri obiettivi, mettendo in campo strategie orientate alla ricerca del benessere personale e relazionale». A questo scopo è stata realizzata l’indagine “Tra obbligo e diritto. MSNA nel sistema di istruzione e formazione”, una ricerca di tipo qualitativo promossa dal Settore Educazione della Fondazione ISMU. La ricerca si è basata sulla realizzazione di 10 interviste con giovani dai 18 ai 28 anni, ex MSNA, arrivati in Italia da Albania, Egitto, Somalia e Gambia. I ragazzi intervistati risiedono in Lombardia, hanno un’occupazione stabile e hanno frequentato un corso di alfabetizzazione in italiano L2. Solo alcuni di loro hanno proseguito gli studi o hanno concluso un corso di formazione professionale.

Il percorso formativo in Italia

Dalle interviste risulta come «l’ottenimento del titolo di studio di licenza media in Italia è il traguardo che sia gli educatori delle comunità di accoglienza, sia i minori stessi hanno nominato più di frequente e con maggior entusiasmo, in quanto l’accesso all’istruzione di base è considerato un diritto, ma soprattutto un dovere, che si collega poi ad altre possibili opportunità di formazione professionale e lavorative future». Da numerose testimonianze emerge come il sistema di istruzione italiano sia vissuto con positività e come tutti i ragazzi intervistati siano consapevoli dell’importanza della conoscenza della nuova lingua. Appare anche «costante la presenza di adulti, figure cardine con un ruolo specifico nelle traiettorie educative di questi ragazzi. Tutti gli intervistati hanno incontrato in Italia almeno una persona che è stata riconosciuta come fondamentale per il proprio percorso di integrazione. A volte si è trattato di educatori delle comunità, altre di volontari, altre ancora persone conosciute sul lavoro o in servizi del territorio, in altri casi di insegnanti».

Il passaggio alla maggiore età

Spesso i MSNA hanno nascosto ai genitori rimasti in patria le difficoltà incontrate in Italia. Coraggio e determinazione, però, gli hanno accompagnati nel loro percorso verso l’autonomia, soprattutto durante «il periodo precedente al compimento dei 18 anni, poiché significativo e ricco di sfide tra cui, soprattutto, l’individuazione di una possibile fonte di reddito. Sono vari e tra loro interconnessi gli elementi necessari per la transizione all’età adulta, come il possesso di un permesso di soggiorno e di una abitazione autonoma, ma l’identificazione di un lavoro, che permetta quindi di guadagnare per mantenersi, sembra la sfida più importante da affrontare».

L’abbandono degli studi

Alcuni di loro che «hanno deciso di portare avanti gli studi, nonostante l’avvio di un’attività lavorativa, riportano la fatica, così come l’impegno e la motivazione che questo comporta: alcuni ragazzi non ce l’hanno fatta, hanno dovuto abbandonare quest’idea dopo un periodo di prova lavorativa, perché non riuscivano a conciliare entrambe le attività. […] Ciò non significa rinunciare e arrendersi; il bisogno di apprendimento viene direzionato altrove, cercando ad esempio un miglioramento nella professione individuata». La maggior parte dei ragazzi intervistati ha infatti raccontato di voler avviare un’attività autonoma. E il report racconta che alcuni di loro ci sono già riusciti.

Qui il report completo

Vincenzo Lombardo
(7 Ottobre 2020)

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