Qual è il vero significato di alcune pratiche sessuali nel continente Africano? di questo si è discusso lunedi 16 Novembre nel Webinar: Sessualità in Africa: diritti, piaceri e tabù ” organizzato dal centro studi AMISTaDeS.
Non esiste un significato universale della sessualità
“Parlare di sessualità non è mai facile, essa si compone di tanti aspetti” afferma Luisa Nocito, psicologa specializzata in sessuologia clinica, “ma per capire meglio il concetto possiamo suddividerla in quattro categorie principali:
– sesso biologico determinato dalle caratteristiche genetiche, ormonali e anatomiche, che formano l’identità di genere;
– ruolo di genere che è l’insieme di prescrizioni e aspettative che la cultura di riferimento indica o impone su ciò che va bene per i maschi e per le femmine, a seconda della cultura;
– orientamento sessuale: la direzione stabile e prevalente dell’attrazione affettiva e/o sessuale verso le altre persone. Ma la sessualità” prosegue Nocito, “si compone anche di pensieri, fantasie, desideri, comportamenti, pratiche e di molto altro ancora come la religione che ha contribuito alla visione che oggi abbiamo, si pensi alla descrizione della sacralità del corpo della donna, che a seconda della cultura di riferimento assume diverse sfumature.” La sessualità si compone anche di tabù: quando parliamo di sessualità dobbiamo stare attenti di cosa si può parlare e quali termini usare? Conclude, affermando che “oggi purtroppo a scuola manca l’educazione sessuale obbligatoria, essa è vista più come un corso di biologia, mentre servirebbe un educazione sessuale a 360 gradi, in cui si spiega ai ragazzi cosa siano le emozioni, come si sta in relazione, cos’é l’intimità, il consenso e il rispetto dell’altro.”
Il Ruanda e la pratica del Gukuna: tra ieri e oggi
Michela Fusaschi, professoressa di antropologia all’Università RomaTre, narra la sua esperienza diretta di quando da studentessa si trovava in Ruanda. Attraverso il suo racconto emerge l’esistenza di un’altra Africa. Nonostante si definisca la società ruandese patriarcale, dal genocidio nel 1994 ad oggi le donne sono attive anche al di fuori dei ruoli domestici, fortemente rappresentate in parlamento e la dinamicità di genere è accettata da gran parte della popolazione.
Il Gukuna nella società Ruandese
Michela Fusaschi spiega la pratica del Gukuna il cui scopo è la costruzione di una femminilità socialmente accettata attraverso la modellazione di un dato biologico. “Il termine Gukuna significa “prendersi cura” ed è l’atto attraverso il quale le ragazze in età matrimoniale fanno il loro ingresso nella vita sociale, tale pratica consiste nell’allungamento delle labbra della vagina, per mezzo di un massaggio mutuale. Dal racconto emerge che questa pratica occupa una posizione fondamentale nelle relazioni sessuali, e non, di coppia, perché considerata sia proficua per la liberazione e il raggiungimento del piacere femminile, ma anche utile nella ricerca della maternità. Gukuna e kunyaza, tecnica maschile di stimolazione femminile, rappresentano uno scambio utile al raggiungimento reciproco del piacere. Il Gukuna è un insegnamento ancestrale custodito dalle donne più anziane. Le donne” prosegue Fusaschi “spesso usano l’eufemismo guca imyeyo che significa letteralmente “vanno a tagliare l’erba”, utilizzato per parlare del gukuna tra le ragazze e le donne all’insaputa degli uomini. La visione che oggi si ha del Gukuna” prosegue Fusaschi “non è sempre stata la stessa, durante il periodo del genocidio, gli uomini proiettavano attraverso lo stupro della donna, la conquista del territorio, definendo le donne ruandesi “stuprabili perché sempre pronte”.
Qui il video completo della conferenza.
Melany Soto
(17 Novembre 2020)
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