Intervista a Abir Nasser e Aoua Ouologuem, volontarie Auser Viterbo: dai corsi di italiano alla mediazione interculturale.
Per ogni cosa è richiesto l’italiano
“Nel 2007, quando in Italia c’è stata l’emergenza sbarchi, sono andata a Lampedusa dando inizio al mio lavoro come mediatrice”. A parlare Abir Nasser, mediatrice libanese per Auser. “Conosco l’arabo, il francese, l’inglese e l’italiano e questo mi ha permesso di aiutare, nel corso degli anni, tantissime persone provenienti dall’Africa, dall’Asia e dal Sud America. La principale difficoltà delle persone che assisto è sempre la stessa: la conoscenza della lingua italiana. Bisogna tener presente che per poter fare qualsiasi cosa, dai documenti ad andare dai dottori, serve conoscere l’italiano. Una scuola che permetta alle persone di origine straniera di studiarlo è quindi estremamente importante, anche per poter sostenere l’esame di italiano e così ottenere il certificato per fare la richiesta di cittadinanza o della carta di soggiorno”.
Le famiglie straniere sono state lasciate sole
“Il lavoro del mediatore culturale, in questo periodo di emergenza per il Covid-19, è ancora più importante: questo perché le famiglie straniere sono state lasciate sole. Ultimamente lavoro molto come volontaria con famiglie con ragazzi in età scolastica. L’anno scorso sono stata contattata da diverse famiglie che hanno avuto bisogno di spiegazioni non solo sul funzionamento della piattaforma per la DAD, ma anche per la sua traduzione. Considerato che tutto era in italiano, era difficile per loro capire quello che dovevano fare. In questo periodo, poi, si terrà l’incontro fra genitori e docenti, ma si farà online e non in presenza. Occorre quindi fissare un appuntamento seguendo un iter specifico. Molti genitori non sanno come chiedere l’appuntamento, sia per scarse conoscenze informatiche, sia perché non padroneggiano la lingua italiana. Non riuscendo a comunicare con la scuola tanti di loro non hanno potuto aiutare i propri figli. È fondamentale supportare queste famiglie. Rispetto al passato adesso si fa tutto tramite internet: i genitori di alunni di origine straniera non possono neanche andare a scuola con un mediatore, o con un amico traduttore, per poter parlare con le maestre. Noi come associazione abbiamo chiesto di poter aiutare queste famiglie, ma a causa di un iter burocratico molto lento attendiamo i documenti al fine di ufficializzare il nostro sostegno”.
Dal Libano all’Italia
“Io sono libanese e prima di arrivare in Italia ho lavorato nel campo dell’ottica per quasi sei anni. Mentre lavoravo seguivo anche dei corsi di lingua, soprattutto di italiano, e dei corsi di informatica. Nel 2006, mentre abbiamo subito un attacco israeliano in Libano, ho conosciuto mio marito, ingegnere informatico italiano. Ci siamo sposati e nel 2006 sono venuta in Italia, trasferendomi stabilmente. Devo ammettere che al mio arrivo la vita è stata più facile rispetto a quella di altri immigrati perché mio marito non è straniero. L’unico problema, anche se avevo studiato l’italiano in Libano, era la lingua. Infatti studiare l’italiano è un conto, ma arrivare in un Paese dove tutti lo parlano è un ostacolo difficile da superare. Ho quindi voluto fare un corso intensivo di italiano e durante lo stesso periodo anche uno per mediatori interculturali. Quando sono diventata madre ho dovuto lasciare il lavoro, perché non era facile conciliare lavoro e famiglia. Dopo questo periodo di assenza, da tre anni sono volontaria dell’Auser a Orte. Sono così tornata a fare qualcosa di importante, che mi appassiona e mi gratifica profondamente”.
La prima difficoltà degli stranieri
“Assisto molte comunità, non solo quella maliana, ed essendo donna non ho problemi ad aiutare le mamme, le quali alle volte sono restie a farsi aiutare da mediatori uomini – afferma Aoua Ouologuem, mediatrice interculturale per Auser –. Dall’89 svolgo il ruolo di mediatrice e quando, un anno dopo, in Italia c’è stata la prima legge sull’immigrazione, la legge Martelli, ho iniziato a collaborare prima col sindacato UIL, poi con quasi tutti gli enti pubblici: la provincia, la prefettura, la questura, i comuni. Durante questi anni ho potuto notare come la prima difficoltà che hanno le famiglie immigrate è quella di iscrivere i propri figli a scuola e di seguirli nel loro percorso di apprendimento. Per me il rapporto fra la scuola e i genitori di alunni stranieri è di fondamentale importanza. Infatti molto spesso i genitori non solo non capiscono il sistema scolastico del Paese ospitante, ma non parlano neanche la lingua: per loro diventa impossibile seguire i figli dopo la scuola. Un’altra grossa difficoltà è rappresentata dai ricongiungimenti familiari, i quali si svolgono nel corso di tutto l’anno scolastico: allora in quale classe inserire i bambini? hanno fatto i vaccini necessari? Moltissime scuole hanno questi problemi e da mediatore bisogna essere sempre preparati per affrontare e risolvere qualsiasi impedimento”.
L’integrazione è stata messa da parte
“Con l’emergenza Covid-19 e l’istituzione della didattica a distanza la situazione è ulteriormente peggiorata. Infatti non posso assistere più i bambini come prima: il problema dell’integrazione degli alunni di origine straniera, per il momento, è stato messo dalle scuole un po’ da parte. La pandemia ha creato molta diffidenza fra le persone e il nostro lavoro di mediazione è divenuto più difficile, ma ancora più importante. Secondo il progetto IMPACT (integrazione dei migranti con politiche ed azioni coprogettate sul territorio) io come mediatore dovrei essere a scuola, però con l’emergenza Covid-19 si è creato un problema burocratico di coordinamento fra l’amministrazione comunale e gli istituti scolastici. Ad oggi, non siamo nemmeno riusciti a metterci in contatto con alcuni di questi istituti. Questo mi dispiace tanto, vorrei riuscire ad aiutare ancora meglio ai bambini e ai loro genitori. Infatti ci possono essere tante difficoltà anche con i documenti, ad esempio su come rinnovare il permesso soggiorno. Spesso si tratta di aiutare le famiglie a orientarsi sul territorio”.
Il mediatore ci deve essere sempre
“Il ruolo del mediatore culturale è un ruolo importante, fondamentale, soprattutto per l’integrazione sociale. Tuttavia, di solito un mediatore viene chiamato dalle scuole e istituzioni solo quando c’è un bisogno e una volta risolto il problema viene mandato via – denuncia Aoua –. Vorrei lanciare questo messaggio: il mediatore ci deve essere sempre, deve essere una figura onnipresente nelle scuole, negli ospedali, nella pubblica amministrazione e in tutti quei luoghi in cui vi è un effettivo bisogno. Purtroppo la figura del mediatore è oggi ancora troppo spesso sottovalutata”.
Una borsa di studio mi ha portato in Italia
“Sono arrivata in Italia nell’85 – ricorda Aoua –. Sono venuta dal Mali grazie a una borsa di studio del Ministero della pubblica istruzione del mio Paese, avendo la possibilità di iscrivermi alla facoltà di Scienze Agrarie all’Università per Stranieri di Perugia. Ho quindi seguito un corso di italiano per un anno, ricevendo l’attestato per insegnare la lingua italiana agli stranieri. Intanto ho seguito un corso, della durata di 1500 ore, per diventare mediatrice interculturale. In Italia ho anche conosciuto mio marito, ivoriano, creando una splendida famiglia”.
Vincenzo Lombardo
(9 dicembre 2020)
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