La frontiera nord-occidentale tra Italia e Francia: il rapporto MEDU

rapporto MEDU
Foto di David Mark da Pixabay

Se le tragiche condizioni dei migranti che tentano la rotta balcanica sono salite di recente agli onori della cronaca, la frontiera nord-occidentale tra Italia e Francia non mostra un quadro maggiormente edificante sul piano del rispetto dei diritti dei migranti. Respingimenti quotidiani alle frontiere dei due paesi, tentativi disperati di eludere i presidi di polizia, ipotermia ed esposizione a condizioni estreme sono tra i maggiori rischi che devono affrontare i migranti al confine alpino italo-francese. Secondo l’ultimo Rapporto sulla situazione umanitaria dei migranti in transito lungo la frontiera nord-ovest tra Italia e Francia redatto da MEDU, soltanto tra luglio e agosto 2020 più di 570 persone sono transitate per la cittadina di Oulx in Alta Val di Susa per raggiungere la francese Briançon.

Sempre più famiglie e minori

Nel corso del 2020 la composizione dei flussi migratori nel confine italo-francese è mutata notevolmente rispetto agli anni precedenti, pur confermando la presenza di un filo invisibile che lega le due frontiere settentrionali dell’Italia, quella occidentale e quella orientale. Si tratta infatti in maggioranza di famiglie, comprese donne incinte e molti minori, che hanno attraversato la rotta balcanica e maturato una lunga storia migratoria, dai 2 ai 4 anni di viaggio. L’area di provenienza è prevalentemente mediorientale (afghani, iraniani, curdi), ma si registra una consistente presenza di magrebini che sono transitati lungo la rotta terrestre per evitare il rischio di naufragi e l’attraversamento della Libia in pieno conflitto. Negli anni precedenti, significativamente, erano soprattutto giovani uomini di origine subsahariana che, dopo essere arrivati in Italia attraverso la rotta del Mediterraneo orientale, tentavano di varcare il confine.

La rete di solidarietà nell’Alta Val di Susa

La frontiera nord-occidentale è interessata da una serie di cammini migratori minori, molto variegati in termini di presenza di reti di accoglienza e impegno solidaristico da parte della popolazione residente. Si va dall’attivismo civico e dalla consistente presenza di associazioni a tutela dei migranti dell’Alta Val di Susa (esemplare il caso della cittadina di Oulx), al clima di crescente ostilità che serpeggia a Ventimiglia. Si tratta di un fenomeno inversamente proporzionale alla difficoltà di attraversamento fisico della frontiera, maggiore sulle montagne dell’Alta Val di Susa, in inverno sferzate da neve e ghiaccio, e minore nella cittadina ligure.
La rete di solidarietà costituitasi spontaneamente in Val di Susa trova concreta manifestazione nelle maraudes, cioè “scorrerie” solidali di cittadini che aiutano il transito dei migranti, grazie alle quali si è sostanzialmente impedito lo sviluppo del fenomeno dei passeurs, cioè persone che favoriscono il passaggio clandestino di migranti dietro lauto compenso.
Tra le associazioni maggiormente impegnate nella tutela dei migranti in Alta Val di Susa figurano MEDU, ASGI, Rainbow for Africa, la Diaconia valdese, militanti di Briser le Frontières, ma anche volontari della Caritas, boyscout, attivisti NO TAV e semplici cittadini.

Leggi qui il rapporto completo 

Silvia Proietti
(20 gennaio 2021)

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