Didattica a distanza e alunni stranieri: l’evento di Piuculture

didattica a distanza

“La Didattica a distanza nell’insegnamento della lingua italiana ad alunni di origine migratoria” è il seminario online organizzato da Piuculture che si terrà online il 16 marzo dalle ore 17,30 alle 19. All’evento parteciperanno, in qualità di esperti di comunicazione e didattica speciale, i docenti Alessandro Perissinotto e Barbara Bruschi, autori del libro edito da Laterza La didattica a distanza. Com’è e come potrebbe essere.

Piuculture ha voluto cogliere la sfida a cui ci ha costretto la pandemia e, nonostante le difficoltà, si è impegnata ad organizzare anche a distanza un sostegno linguistico per circa 140 alunni con background migratorio segnalati dagli insegnanti. Una straordinaria esperienza che coinvolge una cinquantina di volontarie e volontari, ma sulla quale c’è anche bisogno di confrontarsi, allo scopo di approfondire i limiti e le potenzialità della strumentazione digitale per questa speciale utenza”, commenta la presidente di Piuculture Amalia Ghisani.

In attesa del seminario di martedì 16, il professor Perissinotto spiega come la didattica a distanza possa essere di aiuto, e non di impedimento, per gli studenti con background migratorio.

Didattica a distanza: verso gli ambienti integrati

Attualmente la situazione sulla didattica a distanza è variabile a seconda delle singole realtà scolastiche”, afferma Perissinotto, professore associato all’Università degli studi di Torino. “Nel primo anno della pandemia la scuola italiana è stata costretta a recuperare in pochi mesi il ritardo che aveva accumulato in tanti anni. Le tecnologie necessarie alla didattica a distanza, infatti, esistevano già da vent’anni ma erano state utilizzate poco o niente. È opportuno superare l’idea della dicotomia fra didattica a distanza e didattica in presenza. Bisogna rivolgersi, invece, verso quelli che chiamiamo ‘ambienti integrati di apprendimento’, dove le tecnologie aiutano lo studente tanto in aula quanto a distanza, riuscendo a collegare il tempo di lezione e il tempo dedicato all’apprendimento individuale. Questo – prosegue – è molto importante anche perché serve a far familiarizzare i giovani con le tecnologie. Abbiamo infatti dato erroneamente per scontato che chi fosse nato dopo l’anno 2000 avesse una grande dimestichezza con le tecnologie, ma saper usare il telefonino e andare sui social network non vuol dire necessariamente saper utilizzare la tecnologia”.

Il diritto allo studio spesso negato

Si è molto discusso intorno al fatto che gli studenti di origine migratoria e quelli che hanno bisogni educativi speciali (BES) fossero i più penalizzati dalla didattica a distanza. Ma il problema del diritto allo studio si pone indipendentemente dalla didattica a distanza”, puntualizza Perissinotto. “Ovviamente il diritto allo studio passa anche attraverso l’accesso a dispositivi e a infrastrutture di rete efficienti. Ma il vero problema è che tutti gli studenti sono penalizzati da qualsiasi tipo di didattica se non c’è un intervento politico per potenziare il diritto allo studio. Si pensi, ad esempio, a cosa significhi per uno studente universitario il dover venire a Roma da un paese della provincia: spenderà per il trasporto in treno molto più di quanto spenderebbe in infrastrutture tecnologiche. Questa persona è messa in difficoltà dalla tecnologia o è messa in difficoltà dalla politica? Perché, allora, nessuno ha mai gridato allo scandalo sui prezzi degli abbonamenti ferroviari? Eppure rappresenta un ostacolo al diritto allo studio, così come la mancanza di collegi universitari. Pertanto non facciamoci abbagliare dall’idea che ciò che è nuovo rappresenti inevitabilmente un problema maggiore: i treni hanno duecento anni ma possono essere un ostacolo al diritto allo studio molto più di quanto non lo siano i computer. Anzi, su di un piano puramente didattico e non politico o economico, il poter seguire le lezioni che si sono svolte in presenza, ma che poi sono registrate e che quindi possono essere viste e riviste, permette agli studenti e alle studentesse, non solo con background migratorio, ma anche con disturbi specifici dell’apprendimento, di imparare al proprio ritmo. Questo è di importanza fondamentale per far sì che tutti gli studenti possano raggiungere gli stessi obbiettivi, anche se con percorsi differenti, e che nessuno venga lasciato più indietro”.

Buone pratiche

“Nel corso dell’emergenza legata alla pandemia ci sono state delle sperimentazioni e delle buone pratiche, anche di attività laboratoriali, sia nella scuola che nelle università e nelle strutture educative di base. Penso, ad esempio, all’educativa territoriale per piccoli gruppi in situazioni di disagio. Un altro esempio è rappresentato dall’Università degli studi di Torino, la quale ha distribuito per posta dei kit da sperimentazione agli iscritti di chimica, agraria e veterinaria. Lo studente riceveva dall’università la scatola con tutto il necessario per svolgere l’esperimento, che poi veniva condotto in videoconferenza. Questa è chiaramente una didattica di tipo ‘emergenziale’, ma rappresenta anche un esempio di come si possa uscire dalla dimensione della pura autocommiserazione. In un prossimo futuro, sperando di uscire dall’emergenza legata alla pandemia, esisteranno delle attività scolastiche che sarà ancora opportuno condurre in presenza, anzi molte di queste. Non è pensabile infatti ipotizzare una sostituzione della didattica in presenza, ma una sua integrazione con la didattica a distanza. D’altra parte la scuola italiana, rispetto alle scuole di altre nazioni, ha sempre lavorato a distanza: li chiamiamo ‘compiti a casa’, incarichi che gli studenti hanno da sempre svolto a distanza e in autonomia. Le tecnologie, in questo senso, riescono a rinsaldare e a rendere più efficiente il collegamento tra i vari momenti della didattica”, conclude il prof. Perissinotto.

Per partecipare all’incontro che si svolgerà online sulla piattaforma Google Meet scarica qui il modulo da compilare.

Vincenzo Lombardo
(10 Marzo 2021)

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