Didattica digitale: un’occasione di rinnovamento per la scuola?

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A pochi giorni dalla riapertura il mondo della scuola è agitato da un’ondata di proteste: il 24 e 25 settembre è stata la volta della due giorni di scioperi promossi da USB, Unicobas e Cub, mentre il 26 settembre alle 15.30 in piazza del Popolo a Roma hanno manifestato alunni, docenti, genitori, educatori mobilitati dal comitato nazionale Priorità alla scuola, affiancati dai sindacati Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda.

Le richieste del comitato, nato spontaneamente sul web a fine aprile con l’intento di far emergere le problematiche della scuola in tempo di DaD e carenze decennali, riguardano in particolare:

  • un maggior investimento strutturale nel settore istruzione che destini alle scuole almeno il 5% del PIL e una fetta consistente dei fondi Next Generation EU, comunemente noto come “Recovery fund”;
  • la lotta al precariato scolastico, particolarmente evidente in queste prime settimane con il caos delle graduatorie provinciali supplenze (Gps) ancora in corso di revisione;
  • incremento degli investimenti nell’edilizia scolastica.

Didattica a distanza: nulla da salvare?

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Uno dei punti fermi della protesta è la decisa opposizione al ricorso di ogni forma di didattica a distanza. Durante i mesi di lockdown è stato proprio attraverso la valutazione collettiva dell’esperienza della DaD, analizzata più nei suoi numerosi punti di debolezza che come unica soluzione plausibile di continuità didattica in piena pandemia, che la scuola è tornata ad essere un argomento centrale nel dibattito pubblico. Se per gli alunni più piccoli risulta preferibile e addirittura insostituibile il ricorso ad una didattica relazionale in presenza, come indicato dallo stesso MIUR nelle “Linee Guida per la scuola 0-6 anni” del 31 luglio e come ribadito da associazioni del terzo settore e pedagogisti fin dai mesi della quarantena, per gli studenti dei cicli di studio superiori la didattica digitale rappresenta veramente la peggiore delle soluzioni possibili?

Le Linee Guida per la Didattica digitale integrata (DDI)

Se la prima ondata di pandemia da Covid-19 ha colto di sorpresa il comparto scolastico costretto ad adottare in pochi giorni una forma di didattica emergenziale, il MIUR, anche in previsione di una possibile seconda ondata già in corso in altri paesi europei, lo scorso agosto ha emanato le Linee Guida per la Didattica digitale integrata (DDI). Queste indicazioni ministeriali ampliano e specificano la possibilità, già introdotta dal Piano scuola 2020-2021 del 26 giugno recante le linee guida per la riapertura di settembre, del ricorso ad una forma di didattica a distanza in caso di deterioramento della situazione epidemiologica. Ogni singola istituzione scolastica dovrà essere in grado di attivare tempestivamente la DDI in base ad un Piano scolastico per la Didattica digitale integrata appositamente redatto.
Il Piano scolastico per la DDI va adottato “nelle scuole secondarie di II grado, in modalità complementare alla didattica in presenza” ma, in caso di esigenze di contenimento del contagio o di nuove chiusure, può essere esteso alle scuole di ogni ordine e grado. La progettazione di una didattica digitale integrata, in particolare:

  • deve mettere in primo piano le esigenze di tutti gli alunni, attraverso un’analisi preliminare del fabbisogno di strumentazione tecnologica e connettività degli alunni di ogni singolo istituto;
  • deve inserirsi in una cornice pedagogica e metodologica condivisa da tutto il Collegio docente, chiamato a fissare criteri e modalità condivisi di erogazione della DDI;
  • deve prevedere per gli alunni fragili di salute la possibilità di fruire delle lezioni da casa, per gli alunni disabili va privilegiata invece la didattica in presenza;
  • deve attivare, attraverso periodici monitoraggi, tutte le azioni volte a garantire l’effettiva fruizione delle attività didattiche in particolar modo per gli studenti con cittadinanza non italiana neo-arrivati in Italia, anche con il supporto delle agenzie del territorio.

L’ultimo punto sembra recepire in pieno una delle indicazioni raccolte dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura nel documento È la lingua che ci fa uguali, dove si parla di “elaborare linee guida o criteri di attenzione per la didattica a distanza che tengano conto anche di apprendenti non o poco italofoni”.
Proposta per altro ribadita e condivisa nei documenti redatti fin dallo scorso aprile dalle varie associazioni del terzo settore attive nel campo dell’infanzia e/o della tutela dei minori stranieri o con background migratorio presenti nel nostro paese.

Metodologie didattiche e digitalizzazione

È evidente, tuttavia, che le indicazioni ministeriali rischiano di rimanere lettera morta se non sono accompagnate da un profondo rinnovamento del modo di fare didattica. L’adozione della Didattica digitale integrata comporta infatti un radicale ripensamento della modalità di erogazione dei contenuti didattici. La classica lezione frontale, da svolgersi necessariamente in presenza, è una modalità che mal si concilia con un contesto di crisi pandemica, pronto a degenerare nell’arco di pochissimo tempo.
La DDI offre invece la possibilità di sperimentare e/o implementare forme di apprendimento attivo e critico che ogni alunno di scuola superiore dovrebbe saper sviluppare, favorite dal ricorso a metodologie didattiche alternative da anni inserite nei manuali di didattica e pedagogia ma poco sperimentate nelle scuole. Tra le quali, per esempio:

  • la flipped classroom, che consiste nell’apprendimento autonomo da parte di ogni studente da svolgersi a casa con l’ausilio di strumenti multimediali i cui risultati verranno poi discussi durante le ore di lezione in aula, in un’ottica di didattica personalizzata;
  • l’apprendimento cooperativo, basato sull’interazione all’interno di un gruppo di allievi che collaborano per raggiungere un obiettivo comune, promuove un lavoro di approfondimento e di acquisizione di conoscenza attraverso strategie di problem solving e lo sviluppo di abilità di interazione sociale.

Lo sviluppo delle abilità sociali e la capacità di problem solving rientrano a pieno titolo in quel gruppo di abilità personali trasversali note come soft skills, fondamentali per l’inserimento nel mondo lavorativo attuale e futuro, troppo spesso penalizzate dalla scuola tradizionale.

Il PNSD: uno strumento da potenziare

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A questo punto è chiaro che il funzionamento della DDI è una questione che non dipende soltanto dalla dotazione infrastrutturale o materiale di dispositivi elettronici di scuole e alunni, ma coinvolge in pieno anche la formazione e l’aggiornamento del personale scolastico, in particolare docenti, sia sul piano didattico che su quello digitale.
Proprio in tale direzione si muovevano le indicazioni contenute nel Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), lanciato nel 2015 all’interno della legge “Buona scuola”, L. 107/2015, prima e unica strategia complessiva di innovazione tecnologica e digitale della scuola italiana.
Il Piano è basato su 3 pilastri fondamentali – strumenti, formazione, contenuti – che legano esigenze didattiche, organizzative, di apprendimento e di miglioramento dei diversi soggetti che compongono il mondo della scuola. Non ci può essere infatti una didattica digitale efficace senza un’adeguata formazione del personale docente e non ha senso educare al digitale in una scuola ancora scarsamente digitalizzata in ambito amministrativo, talvolta priva addirittura del supporto logistico e delle infrastrutture di connettività adeguate.
Stupisce che proprio all’interno di questo Piano vecchio di 5 anni si trovino indicazioni essenziali per lo sviluppo della didattica digitale (azioni #22 e #23) che, se opportunamente seguite, avrebbero consentito una migliore gestione della scuola nei mesi del lockdown.
Sono stati proprio gli istituti che meglio avevano recepito le indicazioni del PNSD, soprattutto in relazione alla formazione digitale del personale docente, quelli che meglio hanno saputo reagire all’emergenza.
Ciononostante il divario tra le varie esperienze è destinato a caratterizzare anche quest’anno scolastico, se soltanto lo scorso 23 settembre, ad anno scolastico già avviato, nel corso di un’audizione alla Camera il ministro Azzolina ha annunciato “la realizzazione di uno specifico piano di formazione mirato al miglioramento delle competenze digitali dei docenti, dei dirigenti, del personale ATA”.
Sorge spontanea una domanda: non staremo forse rischiando di perdere un’occasione storica di innovazione del sistema scolastico?

Silvia Proietti
(26 settembre 2020)

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