Il 33,8% delle famiglie in Italia non è in possesso di un tablet o un pc (Istat 2019). L’accesso ad internet e l’utilizzo dei device, inoltre, aumenta in proporzione al livello di istruzione degli utenti, alle condizioni socio-economiche del nucleo familiare. Pertanto il 57% dei minori deve condividere il computer o il tablet con i restanti membri della famiglia. L’emergenza COVID-19 ha reso sempre più evidenti gli effetti del cosiddetto “digital divide” soprattutto nell’ambito dell’istruzione, erogata in questo difficile periodo nella modalità della didattica a distanza (DAD). Molti alunni stranieri che popolano le scuole italiane rischiano più di tutti di subire gli effetti negativi di questa nuova forma di didattica, perché spesso provenienti da situazioni socio-economiche svantaggiate o di scarsa integrazione sociale.
Problemi legati al contesto socio-economico
Il ruolo determinante delle condizioni socio-economiche di provenienza per gli alunni stranieri in regime di DAD si manifesta principalmente in tre campi:
- accesso ad internet e utilizzo dei device
- sostegno da parte delle famiglie nel corretto funzionamento della DAD
- capacità di interfacciarsi con docenti e scuole
Accesso ad internet e utilizzo dei device
Il primo punto è stato di recente affrontato dal Ministero dell’Istruzione che, con il Decreto Scuola del 6 aprile 2020, ha stanziato 70 milioni di euro per l’acquisto di tablet e dispositivi da consegnare agli alunni in comodato d’uso per sostenere la didattica a distanza.L’erogazione dei dispositivi richiede uno sforzo notevole da parte dei docenti e talvolta anche della stessa rappresentanza genitoriale per raggiungere le famiglie di alunni con background migratorio. “Le insegnanti della mia scuola hanno contattato telefonicamente tutti i bambini stranieri o hanno avuto notizie sulle loro esigenze tramite i genitori rappresentanti di classe. Non è stato facile”, racconta Marcella Messina, docente presso la scuola elementare Guido Alessi. “Siamo una scuola con una componente importante di alunni con background migratorio, circa il 20%, per questo fin da subito ci siamo attivati autonomamente per fornire a quegli alunni che ne avessero bisogno alcuni tablet già in possesso della scuola, organizzando spedizioni con corriere anche a chi non risiede nel nostro Municipio ma frequenta la nostra scuola.”L’erogazione dei dispositivi per la DAD è un processo complesso che si articola in diverse fasi, come precisa la prof.ssa Simona Dimarco, referente degli alunni BES presso la scuola media Guido Alessi: “Come prima cosa ho predisposto insieme alla referente di plesso e con l’aiuto dei coordinatori di classe un elenco degli alunni bisognosi di connessione per il cellulare o di tablet con la connessione. Il Ministero ha erogato fondi alle scuole e la scuola ha acquistato tablet che a partire dal 21 aprile – la consegna è slittata causa vacanze di Pasqua – dovrebbero essere recapitati alle famiglie in comodato d’uso tramite corriere”.La situazione, tuttavia, non è omogenea visto che i dispositivi tardano ancora a raggiungere molte scuole, come riferito per esempio da Paola Forghieri, volontaria Piuculture presso il plesso Don Bosco dell’IC Piazza Capri: “L’istituto ha acquistato dei tablet da distribuire a chi non li possiede, ma a tutt’oggi ci risulta che a nessuno dei ragazzi del laboratorio sia pervenuto, come ci hanno riferito i ragazzi stessi con cui siamo riusciti a metterci in contatto.”
Il supporto dei genitori e genitori che necessitano di supporto
La didattica a distanza, soprattutto se applicata agli alunni delle classi inferiori, debolmente educati alla cultura digitale, necessita del supporto dei genitori. Le famiglie di alunni stranieri, tuttavia, “non sempre si riescono a contattare, alcune sono più collaborative, altre difficilmente reperibili”, spiega Daniela Sansonetti, responsabile del laboratorio Piuculture presso la scuola media Santa Maria Goretti. L’aspetto della minore o maggiore partecipazione dei genitori stranieri alla vita scolastica dei figli può essere sintomo, a sua volta, di una scarsa integrazione, spiega Marcella Messina: “In molti casi gli alunni provengono da famiglie in cui entrambi i genitori lavorano o il genitore o il parente che sta a casa con loro non parla l’italiano. Molti di loro, inoltre, hanno difficoltà con la tecnologia e mancano delle abilità per seguire il percorso didattico dei propri figli”. Proprio per fronteggiare il problema dell’accesso alla lingua italiana da parte dei genitori di alunni stranieri nelle scuole, Piuculture ha da anni avviato laboratori linguistici per adulti, come quello che si tiene nel plesso Don Bosco in piazza Monte Baldo. Ad oggi il laboratorio continua la sua attività, attraverso lezioni via mail e la fruizione di materiale didattico online.
Problemi inerenti alla sfera didattica
Gli alunni stranieri o con background migratorio presentano bisogni educativi specifici legati in primis alla padronanza della lingua italiana, non solo come lingua per la scuola ma spesso anche come mero veicolo per la comunicazione quotidiana. Il grado di inclusione sociale dell’alunno straniero, così come il tempo trascorso in Italia e sui banchi di scuola, la prossimità della lingua madre alla lingua di apprendimento sono fattori che influenzano in modo determinante il grado padronanza della lingua italiana.Ogni alunno straniero, insomma, presenta bisogni specifici che difficilmente possono essere affrontati in maniera soddisfacente facendo ricorso alla DAD, una forma di didattica per definizione standardizzata: “Le lezioni a distanza, che possono funzionare per bambini senza particolari difficoltà, non possono sostituire pienamente il lavoro che facciamo nei laboratori, che punta a colmare le lacune individuali di ciascuno dei nostri alunni”, spiega Antonella Trezzani, responsabile Piuculture presso l’istituto Contardo Ferrini. “La DAD non consente azioni di recupero personalizzate e una risposta obiettiva individuale, perché non permette di verificare il reale miglioramento dell’apprendimento”, aggiunge Anna Violati, ex docente e responsabile del laboratorio Piuculture presso la scuola media Falcone-Borsellino.
Il caso limite degli alunni stranieri neo-arrivati
Un caso ancor più drammatico è rappresentato dalla componente di alunni stranieri neo-arrivati, debolmente alfabetizzati quando non totalmente analfabeti. Come quelli che siedono tra i banchi della scuola media Don Bosco, in cui Piuculture è attivo con un laboratorio linguistico composto da circa 23 alunni. “Nel gruppo erano presenti ragazzi con competenza linguistica disomogenea”, spiega la volontaria Paola Forghieri, “alcuni avevano già frequentato il laboratorio l’anno precedente, al contrario i neo-arrivati non avevano alcuna conoscenza della lingua italiana e presentavano problematiche diverse. Purtroppo allo scoppio dell’emergenza siamo riusciti a raggiungere telefonicamente soltanto pochi dei neo-arrivati, nonostante l’impellenza di garantire loro una continuità didattica. Gli alunni stranieri rischiano di subire in modo particolare un isolamento quasi totale e l’impossibilità di proseguire nel percorso di apprendimento”. Un altro rischio per gli alunni debolmente alfabetizzati, inoltre, è quello di perdere progressivamente l’abitudine alla lingua italiana, e di rimanere esposti ai soli input linguistici nella lingua di origine parlata in famiglia.
Il supporto sinergico di volontari e docenti
Il lavoro a distanza per gli alunni che si trovano ad affrontare notevoli difficoltà linguistiche rischia di essere per loro fortemente demotivante. I volontari Piuculture hanno tentato di raggiungere gli alunni più bisognosi di supporto attraverso video, chat, cercando di recuperare quel supporto didattico personalizzato o a piccoli gruppi che il laboratorio linguistico garantiva, talvolta attuando un’azione il più possibile coordinata con il corpo docente, talaltra grazie al supporto di alcuni docenti particolarmente sensibili alla questione, o ancora per iniziativa autonoma. Gli stessi docenti, precisa Anna Violati, scontano già da parte loro “l’inadeguatezza tecnologica del sistema dell’istruzione e la moltiplicazione di piattaforme cui dovrebbe far fronte l’elaborazione di un modello unico di programmazione nazionale della DAD”.Anche un’azione apparentemente banale, come l’assegnazione dei compiti, diventa un problema quando si svolge a distanza: “Spesso i ragazzi hanno difficoltà nella comprensione delle consegne e delle modalità di svolgimento dei compiti che, in classe, possono essere spiegate più diffusamente”, spiega la prof.ssa Dimarco. Per questo risulta fondamentale la presenza di figure di supporto per gli alunni stranieri, laddove genitori e docenti da soli non possono arrivare a sopperire.
L’assenza di un modello coerente di DAD
Ma mancando un modello coerente e valido di DAD, il supporto agli alunni stranieri ha avuto esiti molto differenti nelle diverse scuole: si va dal lavoro coordinato con tra volontari e docenti della scuola Falcone-Borsellino erogato nella piattaforma Weschool, all’interruzione dei laboratori e dei contatti con gli alunni stranieri presso l’istituto Contardo Ferrini, passando per l’erogazione del materiale scolastico pensato per studenti L2 ai singoli insegnanti che ne fanno richiesta sperimentata presso le scuole medie Santa Maria Goretti.Un modello virtuoso è, per esempio, quello portato avanti dai volontari di Piuculture in collaborazione con i docenti della scuola media Guido Alessi, che sono riusciti a proseguire l’attività di supporto per gli alunni di III media, seguiti individualmente via telefono o anche via zoom.
L’esigenza di una DAD più inclusiva
Terminata la prima fase pienamente emergenziale, alcuni dirigenti scolastici hanno potuto formulare un documento con cui lanciare proposte e osservazioni sull’utilizzo della didattica a distanza, in prospettiva di un suo utilizzo ancora più prolungato, raccolte nel documento La scuola riparte (anche) fuori dalle mura. È singolare tuttavia che, in pieno allineamento con le direttive ministeriali che nessun accenno dedicano al tema, non vengano in alcun modo menzionate le problematiche specifiche degli alunni stranieri presenti nelle scuole italiane. “La DAD è sicuramente uno strumento dettato da una situazione d’emergenza”, spiega la presidentessa di Piuculture Amalia Ghisani, “di modesta efficacia per gli alunni senza particolari problematiche, ma che diventa una montagna insormontabile per gli alunni stranieri. Ha fatto bene il Ministero ad emanare direttive specifiche nei confronti degli alunni affetti da disabilità, tuttavia si fatica a comprendere la riluttanza a considerare le problematiche degli alunni stranieri all’interno dei bisogni educativi speciali. Per come è stata attuata la DAD in questa prima fase, è solo grazie alla buona volontà dei singoli docenti se alunni stranieri o provenienti da famiglie con un background migratorio si sono visti riconosciuti i propri specifici bisogni educativi. Il rischio tuttavia è questo periodo lontano dai banchi possa contribuire a creare per gli alunni stranieri un carico di lacune difficili da recuperare con facilità e destinato a gravare sulle loro spalle per molto tempo.”L’auspicio, in conclusione, è che nell’emergenza pandemia venga compiuto ogni sforzo affinché, parafrasando Don Milani, la scuola non diventi “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
Silvia Proietti
(22 aprile 2020)
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