Quello all’abitazione è un diritto fondamentale, a molti ancora oggi negato dalle difficoltà di accedere alle procedure di iscrizione anagrafica con cui ottenere il riconoscimento della residenza. L’articolo 5 del D.L. 47/2014, o “Piano Casa” o “Decreto Renzi Lupi”, vieta l’iscrizione anagrafica a tutti coloro che vivono in occupazioni, alimentando le fila degli invisibili esclusi dai diritti fondamentali per i quali la residenza è requisito, sia italiani che stranieri. Per chiederne la modifica e per promuovere il diritto alla residenza, venerdì 9 aprile si è tenuta una mobilitazione presso l’Anagrafe Centrale di Roma, in piazza Bocca della Verità, cui hanno aderito numerosi movimenti per il diritto alla casa, associazioni, occupanti, docenti e amministratori locali. Tra i promotori: A Buon Diritto Onlus, ActionAid Italia, ASGI Lazio, Black Lives Matter-Roma, Comitato Quarticciolo, Medici Senza Frontiere Italia, Movimento per il diritto all’abitare- Roma, Pensare Migrante, ed Enrico Gargiulo dell’Università di Bologna.
Iscrizione anagrafica: accesso ai diritti, anche alla salute
Le difficoltà che si frappongono al godimento del diritto all’iscrizione anagrafica risultano ancora più irragionevoli nel contesto di piena emergenza sanitaria in cui ci troviamo a vivere. Senza l’iscrizione anagrafica infatti non è possibile:
- accedere al Sistema Sanitario Nazionale (SSN);
- accedere ai servizi sociali;
- richiedere l’assegnazione di un alloggio popolare;
- usufruire dei servizi di welfare locali e misure di agevolazione economica;
- iscriversi ad un Centro per l’Impiego;
- godere dei diritti politici, come la facoltà di votare alle elezioni;
- aprire una partita I.V.A.
In questi mesi, le raccomandazioni delle autorità governative e sanitarie a permanere il più possibile in casa e a limitare gli spostamenti si sono scontrate con la realtà quotidiana di chi una casa non ce l’ha. In Italia, secondo l’indagine svolta nel 2015 da fio.PSD e Istat, sono 50 724 le persone senza fissa dimora. Un dato sicuramente sottostimato, aggravato dall’impatto della crisi economica causata dalla pandemia che, sempre secondo l’Istat, ha portato a 5.6 milioni il numero dei poveri assoluti nel nostro paese. Secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti riferiti al 2019, inoltre, nell’anno precedente lo scoppio della pandemia sono stati eseguiti 48 531 provvedimenti di sfratto, la maggior parte dei quali per morosità.
“Le misure adottate in questi ultimi mesi per fronteggiare l’emergenza abitativa sono per lo più di natura temporanea, come il blocco degli sfratti prorogato al 30 giugno”, spiega Antonello Ciervo di ASGI. “Queste misure si scontrano con la cronica assenza di piani di edilizia residenziale efficaci ed aggiornati e con la permanenza di norme come l’art. 5 del D.L. 47/2014, che stabilisce il divieto di iscrizione anagrafica e di allaccio alle utenze come acqua o elettricità per coloro che vivono nelle occupazioni, che siano italiani o stranieri. Gli occupanti, che pure nella maggior parte dei casi si sono stabiliti in edifici pubblici dismessi, vengono privati di un diritto fondamentale cui si collegano molti altri diritti. Basti pensare alla possibilità di iscriversi al SSN: ciò significa, in concreto, che queste persone non avranno possibilità di accedere a misure di prevenzione e non potranno neanche vaccinarsi, con grave danno per la salute collettiva.”
La residenza fittizia tutela i senza fissa dimora?
Ogni Comune italiano è dotato un indirizzo fittizio su cui registrare i senza fissa dimora: nella città di Roma corrisponde a Via Modesta Valenti, in ricordo dell’anziana senza fissa dimora morta nel 1983 presso la Stazione Termini nell’indifferenza collettiva. Al 31 ottobre 2020, secondo quanto emerso dalla richiesta di accesso agli atti avanzata da ASGI e ActionAid, l’Anagrafe capitolina ha registrato negli elenchi dei senza fissa dimora ben 19 916 persone. Nel corso del 2019 la cifra si attestava, invece, a 18 815 unità. “La possibilità di assegnare ai senza fissa dimora una residenza fittizia è un escamotage giuridico cui molti Municipi sensibili alle questioni sociali hanno fatto ricorso per tutelare i molti inquilini di stabili occupati. Si tratta, tuttavia, del classico caso in cui la pezza è peggiore del buco. In primis perché l’iscrizione presso l’anagrafe dei senza fissa dimora comporta l’attivazione dei servizi sociali, con un onere di spesa a carico del Comune per ogni presa in carico. Ma soprattutto perché, come recita il Testo Unico Anagrafe e come ribadito anche in Cassazione, quello della residenza è un diritto soggettivo perfetto, che cioè non ha bisogno di attestazioni o dichiarazioni. Il Comune avrebbe, tutt’al più, la possibilità di effettuare controlli attraverso la Polizia Locale.”
Iscrizione anagrafica e permesso di soggiorno
L’iscrizione anagrafica svolge un ruolo determinante nelle procedure di rilascio, rinnovo o conversione del permesso di soggiorno per i migranti. Molte Questure rifiutano di considerare valida la comunicazione della residenza fittizia, interponendo ostacoli che complicano il già complesso iter burocratico. “Anche in questo caso si tratta di una forzatura e di una prassi contraria alla legge. Alla Questura, infatti, serve soltanto la comunicazione di un domicilio, cui inviare comunicazioni ufficiali e in cui il richiedente deve risultare reperibile. Da qui ha origine la pratica diffusa del mercato delle residenze, con sovrapprezzi richiesti dai proprietari di casa per gli stranieri alle prese con le procedure di rilascio o rinnovo del permesso, e le lunghe battaglie delle associazioni a tutela dei migranti, impegnate a giorni alterni a fronteggiare rifiuti e arbitri vari.”
Occupazioni e diritto all’abitare: il caso di Roma
Il 2021 è l’anno delle elezioni amministrative nella Capitale, ma ad oggi nessuna delle forze politiche in corsa sembra voler fare della battaglia per il diritto all’abitazione uno dei punti fermi della propria campagna elettorale. “Anzi, se guardiamo agli ultimi mesi lo scenario non è affatto rassicurante. L’attuale sindaco di Roma ha fatto della lotta alle occupazioni quasi un vessillo: basti pensare allo sgombero del Cinema Palazzo, allo sfratto della Casa Internazionale delle Donne, ridotto ad una mera questione burocratico-amministrativa. Peccato che in entrambi i casi si trattasse di occupazioni per fini sociali, ma questo sembra non avere rilevanza.”
Silvia Proietti
(14 aprile 2021)
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