Il Manifesto Interreligioso dei Diritti nei percorsi di Fine Vita

Il Manifesto Interreligioso dei Diritti nei percorsi di Fine vita, presentato a febbraio e operativo da marzo, è pensato in primis per gli operatori sanitari, i quali si trovano sempre più spesso a confrontarsi con pazienti di etnie, culture e religioni diverse. Il Manifesto Interreligioso è rivolto alle strutture assistenziali, ai Referenti religiosi e agli Operatori del volontariato, ai pazienti e ai loro familiari e a tutte le persone coinvolte.
È un testo divulgativo che ha l’obbiettivo di informare sulle varie pratiche di fine vita delle diverse fedi.
Nel Manifesto vi sono le linee guida che gli operatori sanitari devono conoscere e seguire per rispettare a pieno il fine vita di tutti i pazienti in base al loro credo religioso.
Si struttura in nove punti:

  • diritto di disporre del tempo residuo;
  • diritto al rispetto della propria religione;
  • diritto a servizi orientati al rispetto della sfera religiosa, spirituale e culturale;
  • diritto alla presenza del Referente religioso o Assistente spirituale;
  • diritto all’assistenza di un mediatore interculturale;
  • diritto a ricevere assistenza spirituale anche da parte di Referenti di altre fedi;
  • diritto al sostegno spirituale e al supporto relazionale per sé e per i propri familiari;
  • diritto al rispetto delle pratiche pre e post mortem; Diritto al rispetto reciproco.

I cittadini  stranieri residenti a Roma sono 523.957 (ISTAT 31/12/2014), la comunità di fedeli più numerosa è quella cristiana pari a  359.000 credenti seguiti, a distanza,  dalla comunità musulmana che con 101.400 fedeli cioè una consistenza pari a meno di un terzo rispetto ai cristiani, ancor più distanziati gli induisti che sono 15.500 e i buddhisti 10.300, superati dagli atei e gli agnostici 19.600.

Il rapporto con la morte nelle religioni

Buddismo: l’unione buddista italiana si è costituita nel 1985. La rappresentanza buddista è costituita dalla Tradizione del Sud est asiatico (Theravāda) e dalla Tradizione dell’Asia Centrale ed Estremo Oriente (Mahāyāna). Le varie tradizioni, pur riconoscendosi tutte nell’entità del Budda, applicano diversi rituali e celebrazioni durante il percorso di fine vita. Questo è per il buddismo un momento di estrema importanza, in quanto prelude all’altra forma di esistenza che avverrà dopo.
La morte per i buddisti non avviene per arresto cardiorespiratorio, ma dal progressivo distaccamento dell’anima dal corpo del morente, processo che avviene dalle 9 alle 72 ore dopo il decesso. In questa fase, non si dovrebbe manipolare il corpo.

Ebraismo: é fondamentale sapere che per l’ebraismo la salma è fonte di impurità, per cui i fedeli eviteranno qualsiasi contatto con il defunto. Nella religione ebraica vi sono 613 precetti (248 positivi e 365 negativi). Assistere il malato nel percorso di fine vita rientra tra i 248 precetti positivi. La salma va deposta supina a terra (il freddo del pavimento rallenta il processo di decomposizione) e avvolta interamente in un lenzuolo bianco. Dopo venti minuti dal decesso la salma va spogliata e vanno rimossi tutti gli accessori sanitari.
È vietato abbandonare il morente e tutti i presenti dovrebbero accompagnarlo alla fine con litanie fino al funerale.

Induismo: per l’induismo la morte è come «un grande viaggio» e la nascita e la morte non sono intese come inizio e fine ma piuttosto come trasformazione, un mutamento di stato. La morte è quindi percepita come un processo che non va né ostacolato né incentivato ma, sostanzialmente, accettato. Il corpo del defunto viene cosparso d’olio dal figlio maggiore. Pertanto, a differenza della religione ebraica, la salma deve essere toccata, lavata e vestita rispettando le tradizioni familiari.

Islam: Innanzitutto, è bene tenere a mente che i musulmani non sono ascrivibili a un’etnia specifica e sono presenti in tutti paesi del Mondo, in particolare sono a maggioranza islamica 56 nazioni d’Africa e Asia.
Per la religione islamica bisogna avere massimo rispetto per il corpo del defunto: «rispettando il morto come se fosse ancora vivo». Per i musulmani il pudore nel mostrare il proprio corpo ha una grande importanza, per cui la prima cosa da fare è chiudere gli occhi del defunto ed evitare di esporre il corpo nudo alla vista altrui. Gli operatori sanitari che si occupano della salma devono essere dello stesso sesso.

L’Imam di Centocelle e il percorso di fine vita

L’Imam di Centocelle descrive la situazione negli ospedali: «In alcune strutture si assiste il morente in fin di vita. In altre no». Racconta poi che, anche prima che il Manifesto venisse pubblicato, ha assistito a iniziative di strutture ospedaliere che hanno cercato e cercano di venire incontro alle persone delle varie fedi: «Sono stato chiamato ad assistere persone in fin di vita».
Infine, l’Imam evidenzia un problema legato alla sepoltura: «il Comune di Roma non vuole rispettare le esigenze della religione del defunto. Soprattutto durante la pandemia. Non hanno permesso ai defunti di essere sepolti in uno spazio per i musulmani. Non hanno riconosciuto questo diritto».

Marco Marasà
(07 luglio 2021)

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