L’immagine dei talebani: dal kalashnikov al microfono

A esattamente venti anni dallo scoppio della guerra in Afghanistan seguita all’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, i talebani sono tornati ad occupare in maniera dirompente le prime pagine dei giornali, le bacheche dei social network e i servizi dei telegiornali. Ma come è cambiata in questi anni l’immagine che vogliono trasmettere di sé al mondo?

Da guerriglieri a politici: i talebani del 2021

Al posto dei kalashnikov un’artiglieria di microfoni, tuniche bianche e gilet tradizionali sostituiscono i giubbotti antiproiettile e le tute mimetiche ormai dismesse: gli eredi dei guerriglieri del 2001 aspirano a presentarsi come politici rispettabili, intrisi di sano spirito patriottico. Se si eccettuano quelle lanciate immediatamente dopo la presa del palazzo presidenziale il 15 agosto scorso, nelle immagini ufficiali diffuse fino ad oggi i talebani non mostrano armi.

talebani conferenza stampa
Conferenza stampa dei talebani del 24 agosto 2021. Foto Google
Osama Bin Laden in un’intervista rilasciata al giornalista Peter Arnett nel 1997. Foto Google

Il messaggio politico è chiaro: non aspirano più a presentarsi come indomiti combattenti, ma ad ottenere piena legittimazione politica. Spia di questa esigenza di rinnovamento di immagine sono anche le barbe, ora più corte e curate rispetto ai primi anni Duemila. È pur vero che in vent’anni è anche il contesto ad essere profondamente mutato: se nel 2001 ancora polarizzavano l’immaginario – musulmani dalle barbe lunghe contro occidentali – sono oggi un tratto comune globalizzato, che interessa tanto i talebani in Afghanistan quanto il popolo hipster nel resto del mondo.
Al di là della boutade, i nuovi governanti afghani vogliono esibire un’immagine di sé rassicurante e moderata. D’altronde, dopo la brutale esperienza di governo conclusa vent’anni fa, è importante mostrare all’opinione pubblica interna ma ancor di più alla comunità internazionale di essere in grado di governare un paese stremato da decenni di guerre, della cui pacificazione si pongono addirittura come garanti.

I portavoce e i social: l’importanza della comunicazione

La nuova immagine pacifica e moderata non deve tuttavia trarre in inganno: nelle ultime settimane sono circolate in rete immagini e video di reporter che mostrano bande di talebani armati di tutto punto che sparano su folle di manifestanti.
Tuttavia, a differenza della prima esperienza di governo, salta all’occhio la grande attenzione riservata all’aspetto comunicativo. La strategia di comunicazione rudimentale messa in atto nei primi anni Duemila si basava sostanzialmente sulla diffusione di videomessaggi a senso unico, con la sola figura del capo a dettare la linea politicao-strategica del gruppo – come dimenticare i videomessaggi del leader di Al-Qaida Osama Bin Laden, che si staglia in primo piano con il suo kalashnikov sullo sfondo neutro del paesaggio afghano? In un altro caso addirittura ha fatto leva sul carisma dettato dall’assenza e dalla latitanza dell’altro grande capo, il leggendario Mullah Omar, di cui si possiedono pochissime immagini.

Nel 2021 invece, appena riconquistato il governo della nazione, i talebani hanno cercato di ottenere visibilità mediatica, partecipando a conferenze stampa estere e nominando al proprio interno un nutrito gruppo di portavoce responsabili della comunicazione. Tra questi spiccano Zabihullah Mujahid e Suhail Shaheen, entrambi titolari di due profili Twitter molto attivi attraverso cui twittano, rilanciano notizie e creano post ad hoc. Un cambio di rotta notevole rispetto al primo governo talebano, in carica dal 1996 al 2001, in cui internet era stato completamente messo al bando.

I nuovi leader afghani controllano anche il canale Twitter del GMIC, il Government Media & Information Center, la cui linea editoriale è cambiata radicalmente a partire al 15 agosto, finendo per ricalcare in toto la strategia comunicativa dei portavoce talebani, fatta di post prettamente visivi arricchiti da brevi slogan incorporati nell’immagine.

Uno dei tweet di GMIC: la figura di Zabihullah Mujahid campeggia al centro della foto accompagnata dallo slogan in calce

È stato sempre il portavoce Zabihullah Mujahid ad annunciare pubblicamente, lo scorso 7 settembre, la composizione del nuovo governo guidato dal mullah Mohammad Hassan. In questa prima fase sembra, dunque, che non sia più la figura carismatica del leader a segnare e a marcare le tappe politiche più rilevanti, ma specifici addetti alla comunicazione.
Non è stata casuale neanche la scelta di un altro portavoce, Mawlawi Abdulhaq Hemad, di partecipare all’indomani della presa di Kabul all’intervista dell’emittente afghana TOLOnews condotta da una donna, la giornalista Beheshta Arghand (che dopo pochi giorni ha lasciato l’Afghanistan, ndr). Si tratta di un episodio decisamente interessante, che tira in ballo due questioni fondamentali su cui si gioca la legittimazione dei talebani in campo internazionale: la libertà di informazione e il rispetto dei diritti delle donne.

TOLOnews tra libertà di stampa e attacchi ai giornalisti

La storia dell’emittente televisiva indipendente TOLOnews è estremamente interessante ed emblematica della situazione della libertà di stampa nell’Afghanistan dei talebani. Nato nel 2010, il network indipendente ha continuato a raccontare la realtà del paese, sia attraverso trasmissioni video sia attraverso una pagina web in lingua inglese, anche dopo il 15 agosto. Nella sezione “Afghanistan” del sito di TOLOnews campeggia una rubrica specifica dedicata interamente agli attacchi subiti dai giornalisti. Il più recente quello ai danni del reporter Ziar Yaad e del suo cameraman, avvenuto il 25 agosto scorso mentre stavano raccontando una protesta di disoccupati a Kabul.

In questa prima fase rispetto della libertà di stampa e reiterati attacchi a giornalisti e addetti alla comunicazione sembrano convivere. Si tratta di una contraddizione soltanto apparente, dettata dalla contingenza del momento: la garanzia formale del rispetto della libertà di stampa da parte dei nuovi governanti è dettata unicamente dalla necessità di ottenere riconoscimento in campo internazionale. D’altronde la storia recente delle primavere arabe ha mostrato come i social network e i canali di informazione indipendenti possano trasformarsi in un potente veicolo di rivendicazioni sociali e strumento di rivolta. Saranno tanto incauti i talebani finalmente tornati al potere da non affrontare questo problema? Ma c’è da chiedersi ancora: riusciranno vent’anni dopo a vietare l’utilizzo di internet, senza rischiare di delegittimarsi davanti al resto del mondo?

Il ruolo delle donne: tra shari’a e pressioni internazionali

L’altro aspetto sollevato dall’intervista a Beheshta Arghand riguarda il rispetto dei diritti delle donne, un tema dirimente su cui si misura in modo decisivo il grado di legittimazione del governo talebano in campo internazionale. È noto che tra le vittime privilegiate del nuovo governo talebano figurino proprio le donne, che dalla rigida applicazione dei precetti della shari’a vedranno ridursi progressivamente e inevitabilmente i propri diritti. Le fotografie pubblicate dall’Università di Avicenna di Kabul, che hanno fatto in poche ore il giro del mondo, mostrano delle studentesse sedute nelle aule universitarie, ma separate dagli uomini da una tenda.

Studentesse afghane dell’Università Avicenna di Kabul. Foto Google

Il messaggio è ancora una volta chiaro: diritto allo studio per le donne sì, ma nel rispetto della shari’a. Messaggio, peraltro, ribadito dal portavoce talebano Suhail Shaheen in un’intervista rilasciata alla Cgtn Europe, il canale europeo in lingua inglese della tv statale cinese Cctv.
L’attenzione internazionale sul tema dei diritti delle donne si riflette nella strategia di comunicazione dei portavoce talebani, che per la prima volta include anche figure femminili. Significativo a tal proposito è un video pubblicato sul profilo Twitter di Zabihullah Mujahid, che mostra una manifestazione di donne in burqa a sostegno del nuovo governo.

È di oggi la notizia della proibizione dello sport per le afghane a causa del rischio di esposizione del corpo.
In conclusione, è estremamente difficile per i talebani riuscire a bilanciare l’esigenza di mostrarsi moderati e rispettosi dei diritti umani e la volontà di attuare un programma di governo basato sulla rigida adesione ai principi della shari’a.
“Nervi saldi, dobbiamo rassicurare…”, sembra essere oggi il loro motto. La scena di Aprile di Nanni Moretti da cui è tratta la citazione si conclude con lo scoppio di rabbia incontrollato del protagonista. Sarà lo stesso anche per i nuovi governanti dell’Afghanistan?

Silvia Proietti
(8 settembre 2021)

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