Municipio VI: qui vive la comunità di stranieri più numerosa della Capitale

Via degli usignoli, via dei tordi, le strade di Torre Maura hanno nomi di uccelli e di ornitologi, procedendo verso est si raggiunge borgata Giardinetti con l’omonima fermata della metropolitana in un municipio, il VI, localizzato prevalentemente oltre il raccordo anulare e incluso tra l’A24 e la via Casilina, lungo la linea C della metropolitana.

Nomi che riportano alla natura, come i campi che si insinuano nella città all’altezza di Torre Angela lungo la via Prenestina e man mano che ci si allontana dal GRA, questa è l’area del Municipio VI di Roma, 112,813 chilometri quadrati, 243.497 abitanti, più di Messina che ne ha 236.962. Il Municipio VI è quello con maggior presenza di stranieri della capitale, degli oltre 240mila abitanti  43.646 sono stranieri, il 17,9%.

 

Municipio VI: un tetto innanzitutto

Il Municipio delle Torri è suddiviso in sette aree procedendo da sud ovest verso nord est: Torre Maura, Giardinetti-Tor Vergata, Torre Angela, Borghesiana, Lunghezza, San Vittorino che a loro volta sono composti  da oltre venti frazioni che comprendo  diverse Torri, inclusa Tor Bella Monaca e numerosi Colli: Aperto, del Sole, Prenestino.
Il Municipio VI è quello con il più esteso insediamento di edilizia pubblica di Roma accanto al quale si sono sviluppati quartieri e costruzioni senza la minima pianificazione. Un’edilizia cresciuta intorno a quelli che erano borghi agricoli al margine della città: manca verde pubblico, aree per gioco e sport, ma anche marciapiedi e edifici pubblici.
In quest’area che si è sviluppata disordinatamente si concentrano famiglie con alto tasso di povertà e  un elevato disagio sociale. Il reddito individuale medio è il più basso fra quelli dei 15 Municipi della città ed è pari a 17.460 euro che si abbassa a 11.113 per gli stranieri, contro il più alto reddito medio per gli italiani, pari a poco meno di 42mila euro, che si riscontra nel Municipio II .

Municipio VI: Reddito e Occupazione

Volendo considerare come indicatore il reddito di cittadinanza, pur con i suoi limiti, tutte le prime dieci aree romane per incidenza di domande accolte sono periferiche e caratterizzate dalla presenza di consistenti nuclei di case popolari o da borgate ex abusive, tra le prime dieci c’è Tor Bella Monaca. Sono più di 3 ogni 100 abitanti le domande accolte al 30 aprile 2020 nelle zone che corrispondono alle Torri (dove si registra il tasso di domande più elevato pari a 3,84)e a Borghesiana. Nelle seconde dieci aree trova collocazione quasi tutto il VI Municipio.

Tor Bella Monica periferia est di Roma (fotoit.wikipedia.com)

Municipio VI: spaccio fonte alternativa di sostegno

Malgrado la massiccia presenza di edilizia popolare pubblica l’assegnazione delle casa continua a essere una battaglia fra gli ultimi, i contendenti sono le famiglie assegnatarie e coloro che occupano gli appartamenti per necessità. Questa situazione porta il caos nelle graduatorie dove chi occupa perde il diritto alla casa popolare e spesso succede altrettanto al legittimo assegnatario, avviando un moltiplicatore senza fine.
In questa realtà al margine dell’illegale, dove è elevata la percentuale di chi vive agli arresti domiciliari, capita ci si disputi gli spazi con la rete di spacciatori, che occupa una parte del territorio come la zona di via dell’Archeologia, nota  per essere ciclicamente smantellata  dalle forze dell’ordine, una zona legata allo spaccio, diventato fonte alternativa di sostentamento.

Municipio VI: scuola una battaglia contro i mulini a vento?

Nel Municipio VI i bambini della fascia della scuola dell’infanzia, 3-5 anni, sono aumentati del 52% in 10 anni: nel 2010  erano 5.330, nel 2019 sono diventati 8.103. Una tendenza che si riscontra in altri Municipi, soprattutto periferici, a fronte di una diminuzione delle presenze della stessa fascia d’età nei quartieri del centro di Roma. Alla crescita del numero dei bambini non corrisponde un analogo aumento delle aule scolastiche, tanto che la ventina di scuole comunali per l’infanzia e le oltre trenta statali presenti nel Municipio riescono a soddisfare solo in parte la domanda delle famiglie, una situazione denunciata, senza successo, da comitati di quartiere e associazioni di genitori.

La scuola, in un’area con forte disagio sociale, mancanza di spazi pubblici per il tempo libero, può diventare un punto di riferimento fondamentale per il quartiere. L’apertura della scuola al territorio sancita dalla Legge 107 del 2015 che “da’ piena  attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche, art.21 Legge 59/1997” consente agli istituti di concedere a terzi spazi per svolgere attività anche oltre l’orario scolastico.
La scuola in questi quartieri, grazie anche alla volontà di dirigenti scolastici combattivi in grado di fornire spazi, coinvolgere insegnanti e genitori e creare alleanze sul territorio con le associazioni può combattere una battaglia per contrastare la povertà educativa elemento indispensabile per formare  cittadini consapevoli proprio in queste aree periferiche della città dove l’assenza dello stato è più evidente.

Municipio VI: Romeni e Nigeriani le comunità straniere più numerose

La comunità straniera più consistente  del Municipio VI è la romena: 21.027 residenti, pari al 46,4% degli stranieri del Municipio, secondo gruppo più numeroso i Nigeriani 2.433 persone, pari al 5,4 % degli stranieri del territorio e più della metà dei cittadini provenienti dalla Nigeria presenti a Roma, che in totale sono 4.763.
La maggior parte  delle famiglie in Romania negli ultimi trent’anni sono state coinvolte nel processo migratorio. La migrazione si è sviluppata a partire dalla caduta della dittatura di Nicolae Ceauşescu dal gennaio 1990 ed è decollata, in maniera rapida e consistente,  dopo il 1 gennaio 2007 quando la Romania  è diventata membro dell’Unione europea e ha beneficiato  della  libera circolazione prevista per i cittadini e i lavoratori comunitari. Oggi i romeni in Italia sono la comunità più numerosa: 1milione145.178 di cui 82.600 a Roma.

L’arrivo dei Nigeriani in Italia risale agli anni ’70: il boom petrolifero in Nigeria ha fatto sì che il governo fornisse ai giovani l’opportunità di borse di studio all’estero, molti di questi studenti non sono più rientrati nel paese d’origine. Le cose cambiano in Nigeria e alla fine degli anni ’80 la crisi economica è tale che comportato la ripresa delle emigrazione, questa volta per motivi economici
Tra il 2019 e il 2020 la presenza nigeriana in Italia diminuisce sensibilmente, -8,3%, questo è dovuto alla diminuzione dei permessi di soggiorno rilasciati, collegata al notevole calo degli sbarchi in Italia, e alle acquisizione di cittadinanza, si tratta  comunque di un calo progressivo iniziato nel 2017.
Inizialmente gli studenti nigeriani che arrivavano trovavano casa in zone come San Giovanni, Tuscolana  e in altri quartieri della città, all’interno del raccordo anulare, di tipologia simile. Il peggioramento delle condizioni economiche in Nigeria, la perdita di valore della moneta nigeriana e il mutamento delle motivazioni della partenza, che sono passate dallo studio al lavoro, ha comportato che la ricerca della casa si svolgesse in zone più periferiche, meno costose, principalmente in una direttrice lungo la Casilina fino al Municipio VI e oltre. È probabile inoltre che gli insediamenti della comunità nigeriana si siano concentrati in una specifica area della città sia perché gli affitti erano contenuti, ma anche perché si tende a riproporre la struttura della società nigeriana che è fondata sulla comunità di cui la famiglia è il nucleo principale. Una famiglia molto più estesa di quella che si intende nel mondo occidentale, cioè allargata non solo  a genitori  e fratelli del nucleo originale, ma anche a zii e cugini e alle loro famiglie. Una piccola comunità con più nuclei disponibili ad un ausilio reciproco in caso di necessità.

Municipio VI: Kingsley consigliere aggiunto

Sotto un sole estivo cocente cammina, con passo incerto, un uomo sulla cinquantina, si chiama Kingsley, proviene dal sud della Nigeria, lavora con una cooperativa sociale che si occupa di disabili. Ha una moglie, una figlia e un figlio. In Italia dall’82, dopo una permanenza di quattro anni in Inghilterra, tra l’86 e il ’90.  Kingsley, a 23 anni, è arrivato in Italia per ragioni di studio. Oggi il motivo principale che spinge i nigeriani a venire in Italia , è il ricongiungimento familiare, circa il 47% dei casi, mentre il 29% arriva per  lavoro. “Oggi chi arriva in Italia è senza prospettive. Al contrario, negli anni ’80 e ’90, coloro che sceglievano l’Italia avevano la sicurezza di trovare un lavoro o, nei casi più fortunati, un posto dove studiare”.
Per ragioni culturali, come ci spiega Kingsley, sono soprattutto i maschi a lasciare per primi il paese di origine. Questo perché l’uomo è colui che deve partire per primo, trovare un posto di lavoro, guadagnare a sufficienza per permettere alla famiglia di fare una vita dignitosa.
Il 56% dei nigeriani che soggiornano in Italia sono uomini, 44% le donne. Esattamente il contrario di quanto avviene nella comunità romena dove le donne sono 693.649 cioè il 57,4% del totale dei romeni residenti in Italia.
Nel VI Municipio gli uomini sono in numero maggiore rispetto alle donne che sono 22.312, il  49,2%, mentre gli uomini sono 23.042 pari 50,8%
Kingsley è stato eletto consigliere aggiunto del VI municipio nel 2007 e lo è stato fino al 2013. “Il mio ruolo non era di rappresentare solo i Nigeriani ma tutte le 74 etnie del territorio e anche gli italiani. Quando sei eletto consigliere, sei consigliere di tutti. Durante il mio mandato ho seguito molti ricongiungimenti famigliari. All’inizio per via della burocrazia i tempi perché si concretizzassero erano molto lenti, fortunatamente oggi le pratiche sono meno farraginose”.

La barriera linguistica

Uno dei maggiori problemi degli stranieri che vengono in Italia è la barriera linguistica. Nelle famiglie nigeriane si parla l’inglese, diventa perciò difficile capire la lingua del paese di arrivo, nel caso specifico, l’italiano. “Personalmente”, dice Kingsley, “ho scelto, anzi abbiamo scelto insieme a mia moglie, di adoperare la lingua italiana a casa”.
La conoscenza della lingua del paese in cui si va a vivere è fondamentale. La lingua è di cruciale importanza per cercare lavoro, andare alla questura per fare i documenti e persino all’ospedale. Perciò Kingsley si è fatto promotore di una scuola di lingua italiana,  in modo che i nigeriani potessero svolgere più facilmente almeno le pratiche basilari. Ma non tutti quelli che arrivano possono frequentare la scuola “generalmente chi viene in Italia ha bisogno di soldi, per tentare di recuperare innanzitutto quelli spesi per il viaggio. E per questo accettano il primo lavoro che gli capita. Per loro l’ideale sarebbe seguire i corsi la domenica, ma spesso nei giorni festivi gli insegnanti non sono disponibili”

Municipio VI: mondo del lavoro e differenze di genere

Il tasso di occupazione della comunità nigeriana è inferiore a quello delle altre comunità. Questa tendenza negativa sembra valere anche per il VI Municipio “La comunità nigeriana è cresciuta molto numericamente e le possibilità di lavoro sono diminuite”. Per questa ragione molti”, spiega Kingsley, “trovano il ripiego nel fare gli ambulanti. Quando era consigliere aveva realizzato un accordo con il comune di Roma grazie al quale è nato un documento, valido ancora oggi, che regolarizza la vendita porta a porta. Pochi però, ne sono a conoscenza.
Il tasso di occupazione degli uomini nigeriani è del 51%, per le donne scende al 39% . Le donne svolgono prevalentemente lavori di cura, pulizie o assistenza familiare. Benché ci si trovi di fronte a un significativo scarto, la percentuale di donne nigeriane occupate è in linea, se non di poco superiore, con quella dei paesi terzi. “Gli uomini vanno a fare i muratori, in molti casi per la demolizione di case vecchie, o gli spazzini. Tanti lavorano nel commercio, diversi nel mercato degli affitti, anche se negli ultimi anni questo settore è entrato in crisi. Poi vi sono quelli, non sono tanti, che sono riusciti ad aprire negozi di alimentari. Il profilo prevalente tra gli occupanti nigeriani è quello di lavoratori manuali non qualificati, orientati soprattutto verso il settore agricolo, del commercio o della ristorazione. In questi ultimi due settori è occupato il 28% dei nigeriani arrivati in Italia.

Municipio VI: La comunità romena e il lavoro

Alexandru Neacsu, sessant’anni, è in Italia da diciotto anni, da sedici vive nel Municipio VI ed è il presidente dell’associazione Ulpia Traiana Romana, associazione socioculturale, orientata all’integrazione della comunità romena, che organizza eventi culturali, sportivi, banchi alimentari, ecc. Neascu è sposato ed ha due figli. Diciotto anni fa Alexandru voleva lasciare la Romania e trovare un posto migliore dove stabilirsi. “Sono stato in Germania, in Russia, in Turchia, in Polonia, ma non mi sono mai sentito a mio agio in quei luoghi. L’Italia è il paese dove mi sono trovato meglio e una delle ragioni è sicuramente il fatto di aver trovato subito lavoro”. Ha cominciato come carrozziere, poi ha lavorato in un negozio di mobili e adesso fa il corriere. Occupazione questa che gli dà molta soddisfazione.

Elena Zaulet è arrivata in Italia dalla Romania nel 2007 e oggi ha un negozio di alimentari a Torre Maura. Sugli scaffali sono allineati barattoli di cetrioli, peperoni, fagioli, senape, con etichette in rumeno. Nel frigorifero spiccano peperoni freschi gialli e verdi accanto a carne macinata preparata a forma di salsicce, dietro al bancone Elena, occhi ridenti, una lunga treccia sottile e una r arrotata, accoglie i clienti che si alternano nel suo negozio. “Ho raggiunto mia sorella in Italia,  è stata lei a procurarmi il lavoro come badante. Per sette lunghi anni ho lavorato occupandomi di vecchi o bambini. In alcune case ho sofferto la fame e subito offese, ma ho avuto l’opportunità negli anni di mettere da parte il denaro che mi ha consentito di aprire questo negozio a Torre Maura, ora non mi comanda più nessuno, sono libera.” L’insegna all’esterno del negozio indica che si tratta di un negozio che vende alimentari romaneasca e all’inizio i clienti erano soprattutto romeni, la comunità più numerosa che vive in questa porzione di città.  “Poi pian piano sono arrivati gli italiani, incuriositi dai prodotti, ora la clientela si divide equamente fra le due comunità ma è composta anche da cittadini di altri paesi che vivono a Torre Maura.” E così a fianco alle etichette in rumeno con il tempo hanno guadagnato spazio anche cibi italiani. In un angolo del negozio campeggia un passeggino, Elena ha due figli: un giovane di ventidue anni cresciuto in Romania che ora vive in Gran Bretagna e una bimba di due avuta dal suo compagno italiano “mia figlia finora ha passato molto tempo nel mio negozio, ma ora andrà all’asilo, dovremo accompagnarla in macchina perché la scuola non è molto vicina”.
Qui in Italia non ho tempo libero tra il negozio, la bimba e la casa” ma l’estate, quando può, Elena torna in Romania “sento la nostalgia, mi manca il mio paese. Sono partita con l’idea che qui in Italia avrei trovato un lavoro e avrei guadagnato di più ed è stato così. Vivere in Italia comporta anche altri vantaggi: il vostro sistema sanitario è molto buono. Recentemente in occasione del vaccino la persona che si è occupata di me mi ha trattato come una figlia, mi sono sentita accolta. Il futuro? Il progetto sarebbe di tornare in Romania quando andrò in pensione, il mio compagno è d’accordo, gli piace vivere nel mio paese”.

Nel VI municipio, sostiene Alexandru, la comunità romena trova lavoro senza particolari problemi anche se non si è riusciti a creare un ente al quale la comunità potesse rivolgersi per trovare un’occupazione. Con l’associazione di cui è presidente, Alexandru ha tentato, per adesso invano, di far nascere un centro comunitario che aiuti i romeni a trovare un lavoro e/o una casa.

Municipio VI: La casa una priorità per tutti

Per chi giunge in Italia, trovare una sistemazione è sicuramente una delle priorità. Ma  “per avere un alloggio ci vogliono in media, almeno tre mesi di cauzione”, spiega Kingsley “il che comporta una disponibilità economica non indifferente”.
Anche per Alexandru “Una delle priorità per chi arriva è quella di trovare un alloggio. Tuttavia, non è facile trovare una casa nel VI municipio. Soprattutto per chi arriva e non ha immediatamente un lavoro è molto difficile che si possa permettere di vivere in un appartamento”.
Mancherebbe un centro comunitario che, stando a quanto riporta Alexandru, risolverebbe gran parte dei problemi che affliggono i romeni e gli stranieri del territorio. Questa è la sua proposta. «Fortunatamente vi sono alcuni nostri connazionali che lavorano nel sindacato o sono avvocati. Diventano perciò un punto di riferimento per la comunità».
Anche l’accesso alla sanità è fondamentale per chi arriva in Italia. Il comune di Roma, quando Kingsley ne faceva parte, coadiuvato dall’ASL ha realizzato la STP, una tessera in sostituzione alla tessera sanitaria, utile perciò per accedere alle strutture ospedaliere. Oggi questo servizio non è più così utilizzato, in quanto la maggior parte dei nigeriani hanno il permesso di soggiorno.

Municipio VI: l’integrazione

Un ulteriore problema è l’integrazione tra i nigeriani. Nonostante Kingsley lamenti una scarsa integrazione all’interno della stessa comunità nigeriana, vi è cooperazione quando si tratta di aiutare un connazionale a trovare lavoro. È perciò grazie al passa parola che spesso i nigeriani che arrivano in Italia, e nella fattispecie nel VI municipio, riescono a trovare lavoro.
Della parola integrazione, o convivenza, non viene, a detta dell’intervistato, colto a pieno il significato. “L’impressione è che gli stranieri, nel nostro caso i nigeriani, debbano meramente ricevere la cultura occidentale e, in particolare, quella italiana: Io uomo nero, devo fare l’uomo bianco”.
Kingsley invoca il coinvolgimento di figure straniere anche nella governance. L’unico modo per raggiungere, in tempi brevi, l’obiettivo dell’integrazione.

Conseguenze dell’immigrazione

Per quanto riguarda le conseguenze dell’immigrazione, Kingsley ritiene che, paradossalmente,” i divorzi avvengono maggiormente quando si ha un ricongiungimento, piuttosto che nei casi in cui uno dei due coniugi, quasi sempre la moglie, rimane nel proprio paese d’origine. Questo accade perché l’uomo rimane spesso ancorato alla tradizione locale, patriarcale, mentre la donna, una volta in Italia, si vuole emancipare e ciò naturalmente può causare la rottura della coppia”.
Un pensiero condiviso anche da alcuni degli intervistati di origine romena e confermato dai dati secondo l quali nel 2000 c’erano 1,6 divorzi ogni mille residenti stranieri, nel 2018 2,2 per mille.

Municipio VI: la burocrazia un ostacolo condiviso

A preoccupare Alexandru è la burocrazia. In particolare, “quando si tratta di chiedere dei documenti al municipio, come la tessera elettorale, i tempi di attesa sono molto lunghi. Per un romeno, che di solito fa un lavoro che lo occupa per gran parte della giornata e gli porta via tante energie, questa le lunghe attese diventano una perdita di tempo inutilmente dispendiosa”.

Nicoletta del Pesco, Marco Marasà
(15 settembre 2021)

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