Municipio II, il racconto della comunità filippina

Municipio II: i dati

Il Municipio II ha un’estensione  di 13,6 kmq ed è suddiviso nei quartieri Flaminio, Parioli, Pinciano, Salario, Nomentano, Trieste e Tiburtino, sede della Città Universitaria e del cimitero del Verano. Il nucleo centrale del quartiere Tiburtino è San Lorenzo: racchiuso fra le stazioni ferroviarie Termini e Tiburtina, fu il quartiere del proletariato e dell’antifascismo e oggi è popolato in parte da studenti  che frequentano i numerosi pub, ristoranti, birrerie, club e associazioni culturali della zona. Nel Municipio II, ha sede il Villaggio Olimpico e il quartiere con il reddito complessivo medio più elevato pari a 68.264 euro (dati 2019), i Parioli.

Mappa di Roma, in evidenza il Municipio II

Due quartieri agli antipodi sotto lo stesso tetto

Dal 11 marzo 2013, San Lorenzo, il quartiere romano storicamente rosso e popolare, oggi preso d’assalto dalla gentrification, e i Parioli appartengono allo stesso muncipio, il II. I quartieri in fase di gentrificazione, sono spesso quelli nei quali vi è più vitalità.

Municipio II: la comunità filippina è la più numerosa

Nel Municipio II la popolazione immigrata rappresenta il 12,8% del totale, pari a 21.523 stranieri iscritti all’anagrafe (al 31.12.2019) su una popolazione di 167.649 individui residenti. Il 63,8% degli stranieri nel Municipio II è di sesso femminile, mentre il numero di minori sul totale della popolazione straniera è pari all’11%, di cui la maggior parte hanno fra i 5 e i 14 anni. La presenza più consistente di stranieri nel Municipio II si trova nella zona urbanistica Trieste con 6.022 residenti, seguita da Parioli con 4.271, Nomentano con 3.831 e Salario con 3.375. Se il 26,4% del totale degli stranieri è membro della Ue e il 7,7% proviene dall’Africa, ben il 41,5% giunge dall’Asia. La comunità straniera più numerosa proviene infatti dalle Filippine, con il 21,2% sul totale degli stranieri residenti, seguita dalla Romania con l’11%, dallo Sri Lanka e dal Banladesh, entrambi con il 5,1%, dall’Ucraina con il 5% (Idos, Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio, 2021).

Lavoro e differenze di genere della comunità filippina

Louise Ann, 31 anni, ha lasciato le Filippine all’età di sei anni. Abitava nella zona Nord, in zona Manila. Da bambina ha raggiunto i suoi genitori in Italia, si tratta perciò di un ricongiungimento familiare. Si occupa di realizzare documentari e film. Ha seguito corsi di cinema a Praga.
Louise spiega che nel II Municipio molti filippini/e ci lavorano ma non ci vivono. “Il filippino che si trova nel Municipio II e più  in generale in Italia, è arrivato per mantenere la famiglia. Famiglia e immigrazione vanno a braccetto”. Rispetto al passato, prosegue Louise, arrivano sempre più giovani. E la loro prima necessità è, naturalmente, il lavoro. “Un’occupazione la trovano soprattutto tramite passa parola”.
Paolo Ruzzini, referente Associazione Articolo3 – Centro Diritti Sociali, conferma che il lavoro sia la prima necessità per la comunità filippina: “ogni giorno vengono in molti a chiedere informazioni, soprattutto per i lavori di colf e badante”
L’Associazione Articolo 3 – Centro Diritti Sociali opera da 12 anni a Roma e ha sede nel territorio del II Municipio. Si occupa prevalentemente di diritti e di tutela individuale e collettiva, svolgendo al contempo attività di promozione sociale e culturale.
La prima necessità è sempre il lavoro. Ogni giorno vengono in molti a chiedere informazioni, soprattutto per i lavori di colf e badante”.
Differenze di genere: le donne fanno le colf e le assistenti familiari, mentre gli uomini svolgono per lo più lavori manuali. “Molti sono portieri o giardinieri”, sostiene Luoise. Tuttavia, alcuni di essi fanno gli assistenti familiari, lavoro che solitamente è associato a una figura femminile. Allo stesso modo, “ci sono donne che fanno le operaie”. Sembra esserci anche una differenza di età, in quanto i giovani lavorano soprattutto come receptionist o come baristi.
Ninfa Gutierrez, 62 anni, assistente familiare da 25 anni con la stessa famiglia, afferma che sono le donne ad essere maggiormente richieste in Italia. Il 56% tra gli occupati di nazionalità filippina è composto dalle donne.  Anche fra i regolarmente soggiornanti, la quota femminile arriva 57% (fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, – 2019). Oggi però vi sono anche più possibilità per gli uomini. E in generale, continua, vi sono più opportunità per i filippini: “un tempo, quando sono arrivata, non conoscevo la lingua, il posto, ero disorientata”.
Anche Paolo Ruzzini sembra confermare, a grandi linee, le parole di Louise e di Ninfa: “Gli uomini lavorano soprattutto nei ristoranti, alcuni fanno le pulizie nelle palestre, e molti uomini filippini lavorano nei ristoranti,  in molte palestre. Io conosco anche molti clienti filippini che lavorano presso molte palestre, magari fanno le pulizie e molti uomini lavorano, così come le donne, come collaboratori domestici”.
Le parole degli intervistati trovano conferma nei dati: il 61% dei filippini occupati in Italia lavora infatti nel settore degli Altri servizi pubblici, sociali e alle persone (fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, – 2019), nei quali rientrano a pieno titolo le mansioni di assistenti familiari e colf.

Luoghi di incontro, non solo Piazza Manila

Manifestazione della comunità filippina in Piazza Manila

Nel II Municipio la comunità filippina ritrova in piazzale Flaminio dopo il lavoro. “Siamo una comunità molto unita che si ritrova spesso insieme”. Dello stesso parere è Ninfa, “Noi abbiamo 36 comunità filippine a Roma, e siamo molto integrati. Ci aiutiamo l’un l’altro per trovare lavoro. Per nostra natura ci diamo una mano come fossimo parenti. Tant’è che ci chiamiamo zia, oppure Ate (che significa “sorella”) anche se non c’è alcuna parentela.
Stando a Louise, i filippini sono anche ben disposti a integrarsi con gli italiani e questi sembrano ricambiare. Ninfa invece parla di discriminazione nei confronti della comunità filippina. Cita anche alcuni casi sgradevoli nei quali è stata coinvolta: “una volta due giovani in moto mi hanno gridato nera, spostati, ritorna nel tuo paese. Sono 40 anni che vivo in Italia, mi sento più italiana che filippina, non faccio caso a questo genere di insulti”.
Ninfa fa parte di un’associazione non governativa che si occupa della comunità filippina. Inoltre, è coordinatrice della messa rivolta alla comunità filippina che si svolge ogni domenica presso la chiesa di Santacroce in Via Guido Reni 2. “Dopo aver celebrato la messa, ci ritroviamo tutti insieme, chiaccheriamo, magniamo, etc.”. Ninfa tuttavia non ha molte frequentazioni poiché, afferma, “sto sempre in casa, lavoro in casa e ho un solo giorno libero. Preferisco stare in casa quando riposo”.
Paolo Ruzzini sostiene che la comunità filippina si incontra soprattutto il sabato e la domenica mattina nei parchi e nelle ville del Municipio II, come Villa Ada o Villa Leopardi: “Durante la settimana è un po’ più difficile che si incontrino, perché lavorano, però il sabato e la domenica stanno molto insieme: cantano, ballano e si divertono al parco”.
L’associazione di cui Paolo è referente – Articolo 3 – prima della pandemia ospitava delle feste della comunità filippina che si tenevano all’incirca due volte al mese. “Facevano delle feste abbastanza grandi, con un centinaio di partecipanti”. A confermare che la comunità filippina è molto unita.
Piazza Manila, è uno dei luoghi d’incontro prediletti dalla comunità filippina nel Municipio II. Qui si riuniscono per trascorrere il tempo libero, donne e uomini giocano a carte e formano capannelli.

Statua dell’eroe nazionale Joce Protacio Rizal, Piazza Manila
Alcuni membri della comunità filippina di piazzale Manila

Le due facce dell’immigrazione

Secondo Louise, i figli che sono nati in Italia o vi si sono giunti da piccoli, hanno una visione più allargata se messa a confronto con coloro che rimangono nel paese di origine o arriva in Italia in età più adulta. Tuttavia, vi è anche l’altra faccia della medaglia: “Quando vengono alle elementari, per i bambini è facile integrarsi e fare amicizie. Quando arrivano alle medie è più difficile. A volte vogliono andare subito a lavorare perché sono presi da un forte sentimento di tristezza e scoramento. Questo in certi casi può sfociare nella depressione e, a quel punto, non avendo nessuna speranza per il futuro, vanno a lavorare da giovanissimi”. Inoltre, prosegue, i bambini che vengono in Italia soffrono lo stare chiusi in casa. Nelle Filippine i bambini trascorrono il loro tempo all’aperto, non vivono in palazzoni dove uscire è pericoloso per via del traffico o altri disagi. Vorrebbero uscire ma non possono e per questa ragione si intristiscono”.
Un’altra conseguenza dell’immigrazione è la separazione. “Nelle filippine non c’è il divorzio ma solo l’allunamento ma non vi si ricorre quasi mai. In molti casi accade che le coppie si separino a causa della distanza, ma rimangono uniti per legge”.
Ninfa abitava a 90 Km da Manila, alla Laguna. Studiava e lavorava nelle filippine. Tuttavia, come accade per molti filippini lo stipendio non le permetteva di arrivare a fine mese. Lavorava in un ufficio pubblico e viveva sola con la madre, le sorelle e i fratelli. Ha perso il padre quando aveva 11 anni. Ha dovuto interrompere gli studi, al tempo Ninfa frequentava il secondo anno all’università, ed è venuta in Italia nel 1981, dove ha trovato impiego come assistente familiare.

Gli effetti nefasti della Pandemia da Sars-CoV-2 sulla comunità filippina

Louise sostiene che sono stati molti ad aver perso il lavoro per via della pandemia da Sars Covid2. “Questo è accaduto perché molti lavorando in nero, ed erano privi di documenti. Sono soprattutto le donne a lavorare in nero. Prima della pandemia alcune donne lavoravano come assistenti familiari per tre famiglie, quando è scoppiata la pandemia alcune hanno ridotto il numero a una famiglia, altre sono rimaste senza occupazione”.
Ninfa racconta che i suoi due figli sono rimasti due mesi senza lavoro. Il ristorante dove lavorava il figlio ha chiuso, e per lui è stato difficile pagare l’affitto. La figlia, che lavora come commessa in un negozio di alimentari, ha dovuto ripiegare su un altro lavoro, in quanto anche il negozio, come il ristorante, è stato costretto a chiudere durante il lockdown: “Ha lavorato come badante in quel periodo”. Spiega Ninfa. Chiosa dicendo che entrambi sono finiti in cassa integrazione ma che oggi hanno ripreso entrambi i loro lavori.
Per via della pandemia alcuni filippini hanno fatto ritorno al proprio paese. “Almeno là avevano una casa, una terra, qualche risorsa alla quale poter attingere. Altri, sono andati a finire alla caritas o sotto i ponti. Ho visto, in Tv lunghe file di filippini che aspettavano davanti alla caritas, a Milano come a Roma”.

Problemi nel Municipio II

Ninfa lamenta il prezzo degli affitti a Roma. “Lavoriamo solo per pagare l’affitto”. Molti filippini non riescono a permettersi una casa a Roma. Anche i trasporti presentano, sempre secondo Ninfa, un problema per coloro che abitano nel II Municipio. Diventa difficile raggiungere il luogo dove si lavora e fare ritorno alle proprie abitazioni.

Marco Marasà e Vincenzo Lombardo
(06 ottobre 2021)

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