All’ Auditorium Massimo di Roma si sono tenute ieri, 27 ottobre, in una sala gremita, le premiazioni del Premio Astalli 2021. È la XV edizione del concorso letterario “La scrittura non va in esilio”, rivolto agli studenti e alle studentesse delle superiori e la VII edizione del concorso “Scriviamo a colori“, dedicato agli studenti di scuola media.
Entrambi i concorsi hanno lo scopo di incentivare la scrittura creativa. Il tema su cui vertono le storie è quello dei rifugiati e dell’intercultura.
Giuria, vincitori, edizioni precedenti
Sono oltre duecento i racconti inviati per il concorso “La scrittura non va in esilio” e per il premio “Scriviamo a colori”, indirizzato ai più piccoli, oltre cento. Le due giurie erano composte da scrittori, giornalisti tra cui una redattrice di Piuculture, insegnati, rappresentanti di organizzazioni umanitarie e case editrici, rifugiati del progetto ‘Finestre’ e testimoni del progetto ‘Incontri’. I tre finalisti per le scuole superiori sono Alice Formica, Lia Yuan, Flavia Serafini. Al quarto fino al decimo posto si sono classificati Beatrice Greco, Alessandra Di Mauro, Marco Reggiani, Luca De Giorgi, Diletta Piromallo, Cecilia Vespa e in ex aequo Arianna De Maria e Adriano D’Ambrogio.
I finalisti del Premio “Scriviamo a colori” sono Rosa Alma Romano, Sara Maria Maspes e in ex-aequo Beatrice Tozzo e Marco Mozzetti. Una menzione speciale della giuria è andata al racconto “Un pallone da football” di Mariachiara Ciuffo.
Tutti i racconti di quest’anno, e delle edizioni precedenti, sono fruibili sulla pagina online dedicata.
Rispetto alla scorsa edizione sono pervenuti lo stesso numero di racconti, comunque un numero inferiore rispetto ai quattrocento dell’edizione 2019. Una plausibile spiegazione risiede nelle conseguenze -su tutti i fronti- della pandemia. Sembra essere sempre più alta l’attenzione dei giovani scrittori su temi importanti, come l’infibulazione. Dai racconti, traspare uno sforzo di calarsi nei panni dei propri coetanei stranieri e tanta documentazione e studio in fase di scrittura. Continua ad essere prominente la narrazione del viaggio via mare, probabile segno di una più generale assenza nel discorso pubblico sul tema delle migrazioni via terra.
L’evento si apre con un fragoroso applauso, invocato dal presentatore d’occasione, il giornalista Giovanni Anversa, che vuole celebrare il ritorno in presenza. La sala pullula di gente, ci sono soprattutto i giovani che sono venuti ad applaudire i loro compagni. Tutti i presenti sono muniti di mascherina e rispettano le norme di distanziamento.
Il compito di scuotere la platea è affidato alla musicista Tanhee Rodriguez che – con le sue dolci e vibranti melodie – chiude l’evento fra il plauso ritmato delle ragazze e i ragazzi del pubblico.
La vita degli altri ne “La scrittura non va in esilio”
“Questi racconti sono il tentativo di raccontare la vita altrui o Il tentativo di ascoltare la vita degli altri e di raccontarla”. Dice, durante il suo intervento, Marino Sinibaldi, responsabile del Centro per il Libro e presidente della giuria. Rispolvera anche un proverbio indiano, “prima di giudicare qualcuno devi camminare due mesi nei suoi mocassini”.
Ed è ciò che hanno tentato di fare le ragazze e i ragazzi che si sono cimentati nella scrittura. E questo aspetto, ovvero l’indossare i panni degli altri tanto da far uscire non la propria voce ma quella del protagonista della vicenda, è riuscito benissimo alla prima classificata, Alice Formica, con il suo racconto “Strade di cicatrici”. Almeno stando alle parole del vignettista Mauro Biani, che ha realizzato una graphic novel del racconto: “Siccome sono abituato a fare vignette, non a fare racconti, tento sempre di dare un’interpretazione a quello che avviene. In questo caso non c’è stato bisogno perché secondo me nel racconto c’era già l’interpretazione. Per cui ho dovuto solo descrivere il racconto. Da un certo punto di vista è stato più semplice ma anche più frustrante perché sono abituato a mettere la mia interpretazione”. Chiosa con tono caustico.
La quarta classificata, Beatrice Greco, col suo racconto denominato “Aspettando la ragazza delle 12:28”, nella quale inscena uno scambio interculturale – o meglio l’incontro tra “un cassiere di colore” e una ragazza italiana di nome Emma – interpellata dal presentatore dice, fuor d’ogni retorica, che “questa è la storia di un incontro positivo. Non sempre però nella realtà ci sono questi incontri che ti cambiano la vita”.
La novità di questo premio è che cominciano a esserci persone che raccontano la propria esperienza di migrazione, giovani che rappresentano le famose seconde generazioni. Come la seconda classificata Lia Yuan, del liceo scientifico statale V. Veneto di Milano, con il racconto “Bastano due storie”. Attraverso l’escamotage del dialogo Lia ha raccontato la storia della sua famiglia, che ha deciso di lasciare la Cina per trasferirsi in un altro Paese.
Premiazione Astalli, propaganda politica e immigrazione
Una certa parte politica ha colto l’occasione, durante la pandemia, di associare virus e immigrazione. Sul palco salgono Camillo Ripamonti che ha scritto, coadiuvato dalla giornalista Chiara Tintori, : “La trappola del virus. Diritti, emarginazione e migranti ai tempi della pandemia”. Lo stesso autore spiega che il libro cerca di confutare l’idea che il virus sia la causa di tutti i mali, quali la povertà e l’immigrazione. Gli effetti nefasti del virus si sono fatti sentire soprattutto sulle persone più fragili, coloro che sono costretti ai viver ai margini della società.
Si avvicenda sul palco anche Valerio Cataldi, presidente della Carta di Roma che, chiamato in causa dal presentatore, spiega cos’è la Carta di Roma: “é un codice deontologico giornalistico che serve a dare consigli su quali sono le parole più corrette da utilizzare quando si parla di rifugiati, migranti e richiedenti asilo. Ovvero cerca di spiegare ai tanti colleghi che sono preda della propaganda politica, che parlare di invasione, quando abbiamo qualche decina di migliaia di arrivi, offre una percezione del fenomeno migratorio che è assolutamente diversa da quello che è nella realtà”.
“Strade di cicatrici”, il tema dell’infibulazione nel racconto di Alice
Crudo, spiazzante, che fa riflettere: il racconto “Strade di cicatrici” di Alice Formica del liceo scientifico statale V.Veneto di Milano si è aggiudicato il primo posto del Premio Astalli per le scuole superiori ‘La scrittura non va in esilio’. La voce narrante è quella di una donna che ripercorre le tappe di un passato doloroso. Il suo corpo è segnato dalla violenza, iniziata con la pratica dell’infibulazione in giovane età e continuata poi lungo il viaggio migratorio attraverso la Libia. “Con il mio racconto ho sconvolto un po’ tutti” racconta Alice “chi lo ha letto lo ha trovato un po’ crudo, alcuni non sapevano cosa fosse l’infibulazione e quando gli ho spiegato cos’era sono rimasti senza parole. Questa cosa mi ha fatto un po’ sorridere proprio perché pensavo fosse una cosa che si sapesse, oramai”. Esposta a discorsi sulle condizioni dei migranti sia a casa che a scuola, Alice ha deciso di raccontare il tema dell’infibulazione sia per offrire una prospettiva su un tema poco affrontato e perché ispirata alla storia di una modella vittima di questo rito. Sulll’ambientazione Alice ha fatto una scelta ben precisa, la Libia, “all’inizio non sapevo da cosa partire, poi ho fatto una ricerca geografica precisissima perché volevo tematizzare il viaggio bene, tappa per tappa, ma mi sono accorta della difficoltà.” Da qui la scelta di parlare dell’infibulazione usando l’espediente visivo delle cicatrici, metafore di strade e percorsi di vita.
L’Afghanistan e il viaggio in “L’ultimo verso della canzone” di Rosa
“L’ultimo verso della canzone” di Rosa Alma Romano dell’ I.C. Sinopoli Ferrini di Roma è il racconto vincitore del Premio per le scuole medie ‘Scriviamo a Colori’. Il testo viene inaugurato dal verso di una canzone in lingua dari, per l’appunto, che rappresenta il filo rosso nella vita della giovane protagonista, anche in questo caso una donna. La storia è ambientato nell’Afghanistan depredato dai talebani, sebbene sia stato scritto prima dei tragici eventi degli ultimi mesi. I felici ricordi e le ordinarie abitudini della protagonista si alternano ad un presente di violenza, viaggi e separazioni portando il lettore ad una considerazione certa: è ancora troppo giovane per vivere quello che le sta accadendo. “Mi sono ispirata ad un fumetto tratto da un libro, “Sotto al burqa”, ed è stato il mio primo approccio alla storia dell’Afghanistan” spiega Rosa “anche se in classe la professoressa ci ha parlato spesso di questi temi”. Nella fase di scrittura Rosa racconta di essersi immersa in un flusso di coscienza, “senza programmi su quello che volevo scrivere”: dopo aver trovato il verso della canzone il resto è venuto da se. “L’idea era quella di iniziare a descrivere una situazione di assoluta normalità e poi mostrare come una piccola cosa possa stravolgere il quotidiano completamente”. Ed è proprio sulla vita quotidiana delle persone in Afghanistan che Rosa si è cimentata nello studio, al fine di rendere al meglio la realtà.
Entrambe si dicono d’accordo sulla maggiore facilità di calarsi nei panni di una protagonista donna, sono soddisfatte del proprio testo e, sebbene questa sia stata la prima esperienza di scrittura, si sentono pronte a continuare a scrivere in futuro.
Marco Marasà e Giada Stallone
(28 ottobre 2021)
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