Il 5 febbraio 2022 la legge sulla cittadinanza ha compiuto trent’anni. Da quasi venti si parla di una riforma per permettere a bambine e bambini che nascono e crescono in Italia da genitori non italiani di avere gli stessi diritti dei loro coetanei. Le novità si arenano sempre a un passo dall’approvazione, ma non si smette di tentare: dopo lo ius soli e lo ius culturae, il cambiamento dovrebbe passare dallo ius scholae, proposta presentata lo scorso 3 marzo da Giuseppe Brescia, deputato del Movimento 5Stelle e presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera.
In estrema sintesi dovrebbero bastare cinque anni di scuola per diventare italiani, la formula non sembra molto diversa rispetto alle ultime proposte di legge bloccate a una passo dal via libera. Sarà la volta buona?
Arriva lo Ius scholae dopo anni di mancata riforma della cittadinanza
Per comprendere appieno le novità e la possibilità che queste diventino reali è necessario fare qualche passo indietro.
Il testo della legge sulla cittadinanza, numero 91 del 1992, è stato modificato 12 volte in questi tre decenni. Ma il riconoscimento degli italiani di fatto e non di diritto non è mai arrivato. Le ultime modifiche rilevanti sono state apportate dal primo Decreto Salvini, a loro volta riviste dal Decreto Immigrazione.
Dopo il naufragio delle grandi speranze a Natale 2017 sulla possibilità di arrivare a una riforma della cittadinanza basata sullo ius soli, il DL n. 113 del 2018 ha reso la procedura più costosa e più lunga. Le modifiche sono state mitigate, poi, due anni dopo dal Decreto Immigrazione, approvato ad ottobre 2020.
Nello specifico i tempi di attesa, che in origine erano di 24 mesi ed erano stati raddoppiati, sono stati portati a 36 mesi.
Mentre le altre modifiche che avevano reso più complesso l’accesso alla cittadinanza sono rimaste in vigore:
- è stato abrogato il passaggio normativo che prevedeva il rigetto della richiesta solo entro due anni dalla presentazione della domanda di cittadinanza;
- è stata introdotta la necessità di avere un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER);
- il costo per le domande di cittadinanza è aumentata da 200 a 250 euro;
- è stata introdotta la revoca della cittadinanza in caso di condanna definitiva per reati di terrorismo ed eversione.
In questo quadro normativo e in questo panorama di regole, che si sono fatte più complesse negli ultimi anni, arriva la proposta di una riforma sulla cittadinanza basata sullo ius scholae, formulata in maniera quasi identica da Matteo Orfini del Partito Demoratico già nel 2018.
Ius scholae, come funziona e cosa prevede
La proposta di riforma 2022 basata sullo ius scholae prevede l’aggiunta del comma 2 bis all’articolo 4 della legge n. 91/92.
La novità darebbe la possibilità di acquisire la cittadinanza in presenza dei requisiti che seguono:
- essere minore straniero/a nato/a in Italia o arrivato/a entro i 12 anni;
- aver risieduto senza interruzioni sul nostro territorio;
- aver frequentato per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale.
Stando al testo presentato in commissione, per ottenerla i genitori avrebbero la possibilità di presentare una dichiarazione di volontà entro i 18 anni. Superata la maggiore età sarebbero i ragazzi e le ragazze a decidere se procedere con la richiesta o se rinunciare, in caso di domanda già presentata dai genitori.
Ius scholae, una nuova via per la riforma della cittadinanza
Si apre, così, una nuova via che potrebbe portare alla cittadinanza. La novità si aggiunge alle numerose strade battute e interrotte:
- si è già dibattuto a lungo in passato della possibilità di introdurre lo ius culturae, sulla base del quale diventa italiano chi termina almeno un ciclo di studi in Italia;
- la discussione negli anni passati ha riguardato anche lo Ius soli: ma anche in questo caso la possibilità di riconoscere ai nati in Italia da genitori stranieri il diritto ad essere cittadini italiani non ha trovato terreno;
- e non ha superato le resistenze neanche la formula mitigata dello ius soli temperato, per cui la cittadinanza può essere riconosciuta per nascita, nel caso in cui uno dei due genitori abbia il permesso di soggiorno a tempo indeterminato.
L’idea di uno ius scholae, dopo un periodo di stallo anche solo per le proposte di riforma, è stata accolta con favore anche dalla Rete per la cittadinanza.
Nel comunicato diffuso dopo la presentazione della proposta di legge in Commissione Affari Costituzionali, si legge: “Salutiamo con soddisfazione la presentazione del testo di riforma della cittadinanza: si tratta di un passaggio che aspettavamo da tempo e per il quale, insieme a tante e tanti, ci siamo mobilitati. A una prima lettura ci sembra sia una proposta ampiamente migliorabile all’interno del lavoro in Commissione. In questa fase è fondamentale che la riforma arrivi tempestivamente in aula per essere discussa e approvata prima della fine della legislatura”.
Il lavoro è solo all’inizio. Si tratta di un nuovo, ennesimo, primo passo. Si punta al superamento delle connotazioni ideologiche per un testo che mette al centro la scuola, luogo reale di incontro e conoscenza, dove si insegnano i valori sui quali si basa la Costituzione Italiana.
Nonostante la forte centralità delle istituzioni scolastiche, la proposta non sembra discostarsi molto da alcuni tentativi già fatti in passato, e sarà l’occasione per verificare ancora una volta, dopo trent’anni, se i tempi sono maturi per riconoscere la cittadinanza a chi di fatto è italiano.
Rosy D’Elia
(8 marzo 2022)
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