Africa MEDIAta, il rapporto di Amref sull’Africa nei media al Coni

Africa MEDIAta, il rapporto di Amref e dell’Osservatorio di Pavia è stato presentato il 25 maggio nella Sala d’Onore del Coni, alle ore 11.00.
Amref Italia ha fra i suoi obiettivi quello di promuovere una narrazione realistica, non stereotipata, degli africani.
Africa MEDIAta è il terzo report di Amref realizzato per monitorare quanto e come sui media tradizionali si parla dell’Africa. Il documento ha sempre una sezione speciale, un focus particolare. Nelle prime due edizioni è stato indagato “quanta e quale Africa”, vi fosse nelle Fiction (2019) e nelle trasmissioni per bambini (2021). Per il report del 2022 il focus è stato lo sport, in particolare le Olimpiadi e la Coppa D’Africa. Per questa ragione il rapporto è stato presentato nella sede del Coni.
Per l’occasione è stata lanciata anche la campagna “Non serve un campione per battere gli stereotipi”, patrocinata dal Coni, andata in onda in questi giorni sulle reti Rai e su la7.
La scelta del 25 maggio come giorno nel quale presentare il report non è casuale. Ogni 25 maggio si festeggia la Giornata mondiale dell’Africa, data in cui è nata l’Unione Africana.

Giuseppe Milazzo dell’Osservatorio di Pavia: “Il silenzio dei media sull’Africa è quasi assoluto”.

La prima parte del rapporto è in continuità con i due report precedenti. Tratta cioè quanto e come si parli d’Africa nei media tradizionali – quotidiani e notiziari. Sono state monitorate sei testate per un intero anno. Il numero di notizie sull’Africa sui quotidiani è all’incirca di 1100, cioè  16 notizie al mese. “In realtà 2/3 di queste notizie sono sull’Africa qui, cioè sulle persone che vivono o che transitano in Italia ed è spesso legato al tema delle migrazioni. Solo 1/3 delle notizie riguarda ciò che accade in Africa”, commenta Milazzo e per quanto concerne le notizie che vertono sull’Africa, “persiste un’associazione con categorie tematiche: guerra, conflitti e terrorismo”.
Libia ed Egitto. Tra i paesi dell’Africa più rappresentati ci sono la Libia e l’Egitto, paesi che per fattori geografici, economici e politici, hanno legami con l’Italia. “Dell’Egitto si è parlato molto sopratutto della detenzione di Patrick Zaki”.
Milazzo ci tiene a sottolineare che questo è il quadro generale, vi sono poi delle eccezioni e degli esempi positivi, in quanto “non tutte le testate sono uguali”.
Sui media perciò quando si parla dell’Africa lo si fa solo quando ci interessa direttamente. “Questo, oltre a essere un tema divisivo, ha anche un altro aspetto. Cioè che i protagonisti reali di queste notizie siamo noi“. I migranti, quando va bene, sono i coprotagonisti, altrimenti nello schema narrativo sono gli antagonisti.
Milazzo accenna anche a una parte del report nel quale ci si sofferma sugli stereotipi sull’Africa utilizzati dai media.
“Al di fuori delle condizioni di prossimità con l’Italia, il silenzio sull’Africa è quasi assoluto”. Chiosa Milazzo.
Per quel che concerne la  parte del dossier  che si concentra sulla Coppa d’Africa e i giochi olimpici, la narrazione sportiva restituisce un’immagine dell’Africa e degli africani più positiva. Anche se, afferma Milazzo, spesso sui media italiani si fa una glorificazione degli sportivi afrodiscendenti, connotata di nazionalismo, cioè esaltando quanto gli atleti africani siano riconoscenti all’Italia.

Paola Crestani, Amref, “è ora di una legge sulla cittadinanza”

Paola Crestani, di Amref Health Africa, spiega le ragioni per cui il focus del Report di Amref e dell’Osservatorio di Pavia quest’anno sia stato lo sport: “Ci siamo focalizzati sullo sport perché nel 2021 ha giocato un ruolo importantissimo, le olimpiadi, la Coppa d’Africa e gli europei. Noi italiani abbiamo vinto di tutto quest’anno. Ma c’è un’altra ragione, niente meglio dello sport aiuta ad accogliere e includere. Purtroppo gli stereotipi, i pregiudizi e il razzismo sono ancora presenti nella nostra realtà. Non possiamo far finta di niente.”
La Crestani sposta l’attenzione sull’attualità e spiega perché anche in occasione della guerra in Ucraina abbiamo assistito a episodi di razzismo: “I rifugiati da una guerra sono stati discriminati a seconda del colore della pelle e del colore del passaporto”.
Crestani afferma che non ci si deve accontentare di un inclusione di fatto ma c’è anche la necessità di “un’inclusione legale, altrimenti si è un pò cittadini a metà; è  ora di dare la cittadinanza a questo milione e più di ragazzi che vivono nel nostro paese“.

Coni
Le atlete della nazionale italiana all’evento di Amref

Riccardo Cucchi, giornalista sportivo di radio 1, “La nostra narrazione dello sport pecca di eurocentrismo”

Riccardo Cucchi, giornalista sportivo di Radio 1, sostiene che il campione italiano dei 100 metri Marcell Jacobs, nato a El Paso in Messico, ha cambiato la narrazione dell’atletica leggera. “se qualcuno mi avesse detto negli anni ’80, ai tempi di Carl Lewis, che un’Italiano un giorno avrebbe vinto i cento metri probabilmente avrei sorriso”.
Buone pratiche. Cucchi lamenta poi della pessima abitudine che ancora hanno molti telecronisti, i quali utilizzano, quando un calciatore è in possesso di palla, l’espressione “il giocatore di colore”. “C’è bisogno di specificare, raccontando un evento, questo elemento insignificante? Ci sono mille modi. Basta il nome, o dire l’origine“.
Eurocentrismo. La nostra narrazione dello sport pecca di eurocentrismo. “noi leggiamo tutto ciò che avviene nel mondo dello sport, con i nostri occhi, dalla nostra angolazione e non da altre angolazioni”.

“Il servizio pubblico deve parlare d’Africa perché è giusto e utile dal punto di vista sociale ma anche da quello geopolitico ed economico, visto che parliamo di un grande mercato”. Afferma Roberto Natale, responsabile di Rai per il sociale, che sui canali rai ha rilanciato la campagna Amref “Non serve un campione per battere gli stereotipi”. Natale sottolinea l’esistenza di uno scarto fra il paese reale e quello rappresentato nel piccolo schermo. “Perché nei programmi Rai, non solo nei film, ma anche nei giochi a premi, non vi sono quasi mai afrodiscententi?”

“Gli sportivi italiani che hanno discendenza, nascita e storia in Africa, sono in assoluto i migliori portabandiera per combattere il razzismo e l’afrofobia”. Il commento di Giovanni Malagò, presidente del Coni, che è intervenuto con un messaggio registrato.

Valerio Piccioni, “prima di essere una storia di inclusione, lo sport è una storia di esclusione”

Valerio Piccioni, giornalista della Gazzetta dello Sport, ha inventato la “Corsa di Miguel“, corsa podistica di atletica leggera nata per ricordare l’argentino Miguel Benacio Sanchez. Un ragazzo di 25 anni che sognava di andare alle olimpiadi di Mosca e diventare professore di educazione fisica. Le sue aspirazioni, insieme alla sua vita, furono cancellate  nel 1978 dalla dittatura di Videla.
Piccioni ribalta in certo senso la retorica che vuole lo sport come mezzo di inclusione: “in realtà prima di essere una storia di inclusione, lo sport è una storia di esclusione. Lo sport nasce per i ricchi, lo sport nasce per gli uomini, lo sport nasce per quelli con la pelle bianca, lo sport nasce per quelli che che non hanno nessun tipo di disabilità. Poi è una storia di muri che si abbattono. Ma questi muri, per abbatterli, ci vogliono le persone”.

 

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Marco Marasà

26 maggio 2022