In Italia i migranti guadagnano poco, ma servono al paese

Nonostante i migranti servano sempre più all’Italia, il loro reddito è in continua decrescita. Come emerge da uno studio della Fondazione Leone Moressa su dati MEF Dipartimento delle Finanze relativi alle dichiarazioni dei redditi 2021 (a.i. 2020), per la prima volta è diminuito il numero dei contribuenti nati all’estero e il loro reddito.
C’è un’evidente disuguaglianza di reddito fra i migranti e gli italiani. Tra i contribuenti nati all’estero quasi la metà ha un reddito inferiore a 10 mila euro, mentre gli italiani che percepiscono un reddito che si attesta sotto ai 10 mila euro, è all’incirca il 30 per cento.

Nuovo drecreto flussi, l’Italia ha bisogno di manodopera

Eppure, come dimostra il nuovo decreto flussi su cui sta lavorando la presidenza del consiglio dei ministri, l’Italia ha bisogno di manodopera straniera, soprattutto nel settore agricolo. Il 19 maggio alla Camera, Marco Di Maio del Partito Democratico si è speso in favore di un nuovo decreto flussi per sopperire alla carenza di lavoratori nel
settore agricolo: “Quanto alla prospettiva del nuovo decreto flussi, evidenzio che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha attivato, proprio lo scorso 10 maggio, la consultazione inter-istituzionale con le Amministrazioni interessate ai fini dell’emanazione di un decreto flussi d’ingresso in Italia di lavoratori non
comunitari per l’anno 2022 per corrispondere prontamente alle esigenze che promanano dal mondo economico-produttivo del Paese”.
Dall’altro, nella stesso atto parlamentare, Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia esprime la necessità di un maggiore controllo dell’immigrazione “è urgente che l’Unione europea realizzi partenariati strategici con i Paesi del nord Africa, a partire appunto dalla Libia e dalla Tunisia, nell’ambito dei quali prevedere azioni per il contrasto al traffico dei migranti, controllo delle frontiere, nonché collaborazioni in tema di rimpatri”. La Montaruli si fa cioè fautrice del modello turco-libico, il quale prevede il finanziamento a regimi autoritari che intercettino i migranti, i quali finiscono in luoghi di confinamento dove subiscono inumane vessazioni.

Med5, la Lamorgese annuncia il nuovo decreto flussi

Questa linea contraddittoria non rappresenta una rarità bensì la normalità nella gestione della migrazione sia in Italia che, più in generale, in Europa. Al Med5, nei quali erano presenti i ministri di Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna, la Ministra Lamorgese ha annunciato che nel decreto flussi 2022 ci saranno oltre 70mila posti, più di quanti erano previsti l’anno scorso, che già furono raddoppiati rispetto al 2020. E questo perché “manca personale in alcuni settori specifici”. Nel Med5 i paesi costieri, cioè i paesi di primo approdo, cercano di trovare una linea comune da portare al negoziato per il Nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo. Si tratta del documento programmatico con cui la Commissione stabilisce le linee guida sulle politiche migratorie dei prossimi anni. Il primo testo risale al 2020. L’obiettivo è stato perciò quello di trovare un equilibrio tra solidarietà e responsabilità. Tuttavia non bisogna farsi ingannare da queste due parole che, calate in questo contesto, risultano fuorvianti. Infatti per responsabilità non si intende consapevolezza verso la vita delle tante persone che arrivano o cercano di giungere nei paesi europei, bensì che le procedure d’asilo accelerate – che consistono in un esame della domanda di protezione internazionale che si svolge in tempi più rapidi rispetto alla procedura standard –  e il controllo dei movimenti secondari – cioè gli spostamenti temporanei nei paesi di primo approdo – vadano a danneggiare i paesi costieri del Sud Europa. Per quanto concerne la parola solidarietà, questa non ha nulla a che fare con la complicità e la vicinanza coi migranti ma riguarda la solidarietà fra i paesi EU per una redistribuzione più equa dei migranti.

Nonostante il decreto flussi, la linea EU rimane sempre quella del controllo e delle espulsioni

Nonostante la Lamorgese abbia annunciato un nuovo Decreto flussi che prevede 70.000 posti, ha parlato – di concerto con gli altri suoi omologhi ministri di Spagna, Malta, Cipro, Grecia  – di accordi con i paesi di origine per il controllo e le espulsioni. Discorsi e prese di posizione in linea con quanto espresso dalla Montaruli di FDI alla Camera. Tali divergenze sono possibili perché ancora si distingue in maniera perentoria tra migranti regolari e irregolari. Lo si fa quasi come se non si stesse affrontando lo stesso fenomeno  e non si considera che spesso i cosiddetti irregolari lo sono esclusivamente per via delle norme internazionali.  È bene ricordare che l’irregolarità non è una condizione congenita, ma è legata alla contingenza di norme relative al diritto d’asilo, soggette ad ampliamenti e restrizioni attraverso decisioni in buona parte di natura politica. Inoltre il Regolamento internazionale obbligherebbe tutti gli stati ad accogliere qualsiasi persona che gode dello status di rifugiato.
Pandemia. Questo è l’effetto, da una parte naturale dall’altro paradossale, della pandemia. I migranti con l’emergenza sanitaria hanno visto i loro salari ridursi e così il proprio reddito. Di contro, molti settori legati alla produzione, con il Covid 19, necessitano sempre più di lavoratori. Inoltre la pandemia ha visto anche accentuarsi, almeno in certo momento, l’allarme migranti, ritenuti da una parte dell’opinione pubblica come untori. Effetto e insieme causa di questa arbitraria stigmatizzazione sono state le Navi quarantena, che solo lo scorso 31 maggio hanno cessato la loro funzione.

Marco Marasà

07 giugno 2022

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