Sono ancora molte le librerie indipendenti collocate nei diversi quartieri di Roma. Proprio a due di esse ci siamo rivolti per individuare titoli di opere letterarie che potrebbero allietare la calda estete dei lettori. I libri suggeriti si accomunano tra loro per il fatto di essere scritti da autori di origine non italiana che, seppur per ragioni profondamente diverse, sono giunti in Italia, dove ora vivono e scrivono. Se il primo volume, proposto dalla “libreria TOMO”, apre all’immaginazione e crea un effetto di piacevolezza, il secondo, invece, suggerito dalla “libreria GRIOT”, tenta di ricordare una cruda realtà a cui milioni di persone, ancora oggi, sono costrette.
“Racconti paralleli” Uemon Ikeda
Nel quartiere di San Lorenzo, in particolare, in via degli Etruschi, 4, si trova “TOMO libreria caffè”, dove ad accoglierci è Nicoletta che consiglia “Racconti paralleli” di Uemon Ikeda.
Nato nel 1952 a Kobe, in Giappone, Uemon Ikeda vive e lavora a Roma da quasi cinquant’anni. Nel corso del tempo si è dedicato alla pittura, all’architettura, al disegno, all’istallazione, fino ad avvalersi della scrittura come modalità espressiva.
“Racconti paralleli” viene pubblicato il 14 Aprile 2022 dalla casa editrice Bordeaux. Il libro si presenta come una serie di aneddoti che riguardano la vita dell’autore, il quale, lungi dal seguire una linea logico-consequenziale nella ricostruzione delle vicende, propone, pagina dopo pagina, ricordi d’infanzia legati al Giappone a cui associa veri e proprio propri tableaux della periferia romana. Un susseguirsi di suggestioni che, come nota nella prefazione Umberto Vattani, presidente della Fondazione Italia Giappone, testimoniano “lo sguardo di Uemon Ikeda”: occhi in grado di cogliere “non solo paradossi, ma soprattutto la stranezza e le meraviglie del mondo in cui viviamo”. L’artista dona “visioni poetiche, slittamenti temporali, oscillazioni vertiginose tra sogno e realtà. Ed è soprattutto di questo che abbiamo bisogno per ricostruire le nostre esistenze, ricucendo i brandelli strappati, le memorie perdute, le sensibilità attutite. E riprendendo a vivere e a sognare”. Un intreccio, dunque, di spazi “visibili”, l’Italia e il Giappone, che apre a dimensioni “invisibili”, il sogno, il cambiamento.
“Le cicatrici del porto sicuro. Il diario di un sopravvissuto” Soumaila Diawara
A Trastevere, in via di Santa Cecilia 1/a, dal 2006 è sorta la “libreria GRIOT” con lo scopo di promuovere la produzione letteraria di scrittori africani, arabi e della diaspora. Il volume che questa libreria ci indica è scritto infatti da un attivista politico maliano: Soumaila Diawara.
L’autore nasce nel 1988 a Bamako, dove consegue la laurea in Scienze Giuridiche. Terminati gli studi entra a far parte del partito di opposizione “Solidarité Africaine pour la Démocratie et l’Indépendance”, diventandone ben presto giuda. Nel 2012 Diawara viene accusato ingiustamente, insieme ai suoi compagni, di un’aggressione ai danni del Presidente dell’Assemblea Legislativa. A seguito di tali accuse molti esponenti del suo partito sono uccisi, Diawara riesce invece a lasciare Mali. Inizia così un viaggio turbolento che trova fine solamente nel 2014, quando, in mare su un gommone, una nave della Marina Militare lo mette in salvo. Ottenuta la protezione internazionale, rimane in Italia in qualità di rifugiato politico.
Il libro, da lui scritto e consigliato dalla “libreria GRIOT”, si intitola “Le cicatrici del porto sicuro. Il diario di un sopravvissuto”, edito nel 2021 direttamente dall’autore tramite la piattaforma di selfpublishing “Youcanprint”. L’opera racconta la fuga di Diawara, congiungendo la vicenda individuale con il contesto storico, politico, militare e sociale in cui essa si inserisce. La violenza (del viaggio, della permanenza in Libia, della traversata in mare, del sistema di accoglienza in Italia) è il nodo centrale del volume. Gennaro Avallone, professore di sociologia presso l’Università degli studi di Salerno, evidenzia, nella prefazione, l’indifferenza della nostra società rispetto a situazioni analoghe a quella dello scrittore: “Conosciamo quest’orrore, ma nulla cambia”. Lo stesso Avallone definisce il libro di Diawara come “una geografia del coraggio. Una testimonianza necessaria per la memoria presente e futura della violenza sistemica che […] sta tormentando le vite di milioni di persone in fuga”.
Cleofe Nisi
(1 luglio 2022)
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