Seconde generazioni: quando l’inclusione formale non basta

Le seconde generazioni di giovani stranieri, nell’indagine ISTAT e Ministero dell’Istruzione del 2021 intitolata Bambini e ragazzi: comportamenti, atteggiamenti e progetti futuri, emergono come un soggetto sociale ben definito portatore di specifiche istanze.

Difficoltà di accesso alla DAD a causa di dotazione carente di strumenti informatici e di spazi domestici, un maggior grado di impoverimento percepito durante l’emergenza: la scuola, strumento di integrazione, nei complessi mesi della pandemia è stata la cartina di tornasole di quanto le disuguaglianze socio-economiche incidano ancora in maniera significativa sul percorso di vita dei giovani stranieri in Italia.

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Le seconde generazioni e l’impatto del Covid-19. Foto Pixabay

Seconde generazioni: l’indagine ISTAT

L’indagine ISTAT ha interessato un campione di 41 mila alunni di scuole secondarie di I e II grado, 30 mila italiani e 11 mila stranieri, attraverso la somministrazione di un questionario online. All’analisi comparativa degli effetti della DAD sul piano prettamente didattico, si è affiancata quella relativa all’impatto del Covid nell’ambito relazionale, sociale e progettuale.
Per il target specifico di indagine rappresentato dagli alunni stranieri è stato predisposto un questionario specifico, accompagnato da una lettera di presentazione dell’indagine tradotta in 10  lingue – albanese, arabo, cinese, francese, inglese, romeno, russo, sloveno, spagnolo e tedesco.
I temi affrontati sono stati:

  • la storia migratoria;
  • la conoscenza e l’uso della lingua italiana;
  • la famiglia e l’abitazione;
  • la didattica a distanza;
  • la scuola, gli insegnanti e i compagni;
  • gli amici e le relazioni;
  • l’emergenza covid e il futuro.

Svantaggio socio-economico e didattica

L’Italia possiede una delle legislazioni più avanzate in tema di inclusione scolastica di alunni stranieri, sebbene nella pratica i nobili principi fatichino ad essere messi in atto: troppe disparità territoriali, protocolli e disposizioni disattese, poche buone pratiche che si scontrano con una sostanziale mancanza di volontà di dare una risposta strutturale a quella che sarà destinata ad essere una componente di alunni sempre più numerosa tra i banchi di scuola.

La pandemia ha mostrato chiaramente come le specifiche esigenze didattiche di questi alunni si intreccino indissolubilmente a condizioni di svantaggio socio-economico, in un circolo vizioso difficile da spezzare. Da strumento di promozione sociale la scuola diventa così un luogo in cui condizioni di disparità materiale trovano modo di agire sottilmente, ostacolando, rallentando e spesso bloccando percorsi scolastici, se non adeguatamente fronteggiati.

Il più complesso approccio alla DAD

Il possesso di una strumentazione tecnologica adeguata è stato un fattore determinante per la buona riuscita della DAD: l’80% dei ragazzi italiani ha potuto seguire sin da subito e con continuità le lezioni a distanza nei primi mesi della pandemia, contro il 71,4% degli alunni stranieri.

Solo il 72,1% degli alunni stranieri, a differenza dell’85,3% degli italiani, ha avuto a disposizione un PC per seguire le attività didattiche. Molti di loro hanno fatto maggiormente ricorso al cellulare per seguire le lezioni (64,3% contro 53,7%).

Fonte: ISTAT 2022

Alla disparità tra alunni italiani e stranieri si aggiunge quella legata al contesto geografico, che vede gli alunni del Mezzogiorno più  svantaggiati rispetto a quelli del Centro-nord. Più di tutti sono stati colpiti gli alunni stranieri che frequentano le scuole nel Mezzogiorno: solo nel 61,5% dei casi hanno potuto utilizzare anche il PC, a differenza del 78% nel Nord-est, del 73% nel Nord-ovest e del 70,5% al Centro.

Condivisione degli spazi e socializzazione

Uno dei problemi più frequenti da affrontare durante la DAD è stato quello logistico relativo alla condivisione degli spazi domestici. Hanno condiviso la stanza con fratelli e sorelle il 13,7% degli alunni stranieri contro il 6,9% degli italiani, mentre erano soli nella stanza l’87,7% degli italiani e l’81,4% degli stranieri.

Chiamati a esprimere una valutazione sulla tipologia di didattica preferita, solo il 60,3% degli alunni stranieri ha dichiarato di preferire le lezioni in presenza, contro il 68,3% degli italiani.
La preferenza accordata o meno alla didattica in presenza si lega indissolubilmente ad aspetti legati alla vita relazionale e sociale che si svolge all’interno dell’aula scolastica. Il quadro risulta più eterogeneo se si analizzano in dettaglio le singole comunità di appartenenza. Preferiscono maggiormente la didattica in presenza gli alunni con cittadinanza:

  • 🇦🇱 albanese, 64,4%;
  • 🇷🇴 rumena, 63,1%;
  • 🇲🇦 marocchina, 61,2%.

Le percentuali più basse di preferenze si riscontano tra cinesi, 44,2%, e filippini, 52,6%.

A conferma del minor grado di coinvolgimento negli aspetti di tipo relazionale, va segnalato che già prima della pandemia il 17,3% degli alunni stranieri delle scuole secondarie non vedeva mai amici e/o amiche fuori dall’orario scolastico, in confronto con il 5,8% degli alunni italiani.

Fonte: ISTAT 2022

La percezione del proprio status sociale

Chiamati ad esprimere una valutazione soggettiva in merito al grado di benessere economico della propria famiglia di origine, l’11,3% degli alunni stranieri classifica come abbastanza o molto povera la propria famiglia, contro il 4,0% degli alunni italiani; si percepiscono “né ricchi né poveri” l’84,1% degli stranieri e l’86,3% degli italiani, mentre si sentono ricchi il 4,5% degli stranieri e il 9,7% degli italiani.

La quota di coloro che percepiscono la propria famiglia come molto o abbastanza povera passa dal 6,6% degli albanesi al 17,9% dei marocchini, passando per il 15,2% della comunità cinese e per il 14,1% della comunità filippina.

Fonte: ISTAT 2022

Hanno percepito un peggioramento della propria situazione economica a causa della pandemia il 39,1% degli stranieri e il 28,7% degli italiani, soprattutto nella fascia di coloro che si consideravano già poveri.

Silvia Proietti
(29 giugno 2023)

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