Apolidi, persone senza Stato: vivere nel limbo

“L’ apolidia in Italia e in Europa” è il webinar organizzato dal Consiglio Italiano per i Rifugiati, CIR, il 6 dicembre, l’obiettivo è cercare di fare il punto sull’apolidia.

Apolidi: 10.000.000 nel mondo, stima per difetto

Apolide ovvero una “Persona senza Stato”. Si stima che nel mondo ci siano 10.000.000  “Stateless people”. La definizione “Stateless person” fu coniata in occasione della Convenzione adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1954, persone senza Stato ma, trattandosi di invisibili, si suppone che siano molti di più.
Ottenere lo status di apolide non significa riconoscere l’appartenenza ad uno Stato, sia pur quello dove si è nati, ma permette all’invisibile di cominciare ad avere un’identità: lavorare, studiare, avere un conto in banca.
Invisibile, questa è la prima definizione che viene in mente quando cominciamo a capire cosa vuol dire essere un apolide. L’invisibilità più propriamente è quello spazio temporale che precede il riconoscimento dello status di apolide.

Apolidi: testimonianze

Non a caso il webinar si apre con la testimonianza di Armando Augello Cupi, presidente dell’Unione Italiana Apolidi, UNIA.
Armando nasce in Italia ma i suoi genitori, profughi a loro volta, lo registrano dando delle false generalità. Lui scopre di essere apolide solo al raggiungimento della maggiore età. Armando deve smettere di studiare, lavora in nero. Non ha diritti perché semplicemente lui non esiste. Decide di chiedere il riconoscimento dello status di apolide. Un apolide non ha uno Stato ma almeno gode di quei diritti fondamentali per studiare, lavorare, aprire un conto in banca. L’iter ovviamente è irto di ostacoli, burocrazia e leggi poco chiare e non può essere intrapreso senza l’assistenza di un legale. La sua storia è del tutto sovrapponibile a quella di RominaTodorovic, tra i fondatori di UNIA: a 17 anni esce dal campo nomadi ed inizia l’iter per il riconoscimento dell’apolidia.
L’ intervista realizzata a Railya Abulkhanova lascia immaginare l’isolamento in cui sono costrette a vivere persone che fino a pochi giorni prima avevano una Patria, perché apolidi si nasce ma si può anche diventare.
Rayla è cittadina dell’Unione Sovietica, nata in Kazakistan. A 17 anni si trasferisce in Russia per terminare gli studi, un anno dopo L’URSS si disgrega e lei non viene registrata né in Russia né in Kazakistan. In breve, cessa di esistere.
Ora, Railya è apolide in Francia ma, dice, “quello che leggo nei volti delle persone quando dico che sono apolide è lo stupore, l’ignoranza e la diffidenza”. Rayla equipara la mancanza di una cittadinanza alla mancanza di un’identità perché, continua, “Non hai radici, non hai uno Stato”.

Apolidi: panoramica sui dati  e popolazione apolide in Italia

Enrico Guidi, Protection Associate UNHCR, riporta il dato ufficiale degli apolidi nel mondo: alla fine del 2022 sono 4.400.000. Si stima però che la cifra reale si aggiri sui 10 milioni. Guidi sottolinea che l’unico dato certo è che nel mondo non c’è uno Stato dove non ci siano apolidi e che la maggior parte di questi non ha varcato il confine del paese dove è nato. Sempre Guidi riporta che il 75% dei 4.400.000 è rappresentato da minoranze etniche e religiose, non è un caso che da parte degli Stati ci sia una precisa volontà di escluderli dalla cittadinanza. Il Paese con il maggior numero di apolidi è la Costa d’Avorio con 931.116 apolidi, segue la Thailandia e il Myanmar.
In Italia 2200 dei 3000 apolidi riconosciuti, appartengono all’etnia ROM, nomadi provenienti dall’ex-Jugoslavia. A questi vanno ad aggiungersi gli apolidi provenienti dall’ex URSS, da Cuba, dal Tibet e dalla Palestina. Nell’ultimo anno sono stati concessi solo 675 permessi di soggiorno il che significa altrettanti apolidi riconosciuti come tali. Il numero degli apolidi è pertanto destinato ad aumentare: chi nasce in Italia da genitori riconosciuti come apolidi, non ottiene la cittadinanza italiana. Fra i Rom ci sono bambini di terza e quarta generazione che non hanno uno status.

Apolidi: l’iter per il riconoscimento dello status

Se questi bambini, poi ragazzi, non intraprendono l’iter per il riconoscimento dello status di apolide, rischiano di restare nel limbo dell’invisibilità con tutto ciò che questo comporta in termini di diritti se non anche di sicurezza personale.
In generale, chi ottiene lo status di apolide esce dalla prigione dell’invisibilità e gode degli stessi diritti concessi agli stranieri. La realtà, però, è molto più complessa. C’è molta ignoranza in merito e l’apolide resta comunque un diverso del quale diffidare.
Il problema degli “invisibili” non è stato risolto ed anzi si tratta di un fenomeno in espansione, sia per le ondate migratorie causate dalle guerre che come conseguenza dell’emergenza climatica, come ha sottolineato l’avvocato Paolo Farci nel webinar, emergenza che gli Stati dovranno per forza affrontare con una legislazione più elastica e di veloce attuazione.
Il passo successivo sarà quello di facilitare il passaggio dall’apolidia alla cittadinanza.

Livia Gorini
(10 dicembre 2023)

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