Nel quartiere di Tor Pignattara e dintorni vive la maggioranza della comunità bangladese presente a Roma, 34.002 cittadini bengalesi presenti al 1° gennaio 2023. In questo vecchio quartiere popolare, il 18 febbraio, la comunità del Bangladesh ha festeggiato “La giornata internazionale della lingua madre”. La festa è stata organizzata con perizia e passione da Sushmita Sultana, cantante e danzatrice bangaldese che, nella scuola Sanchari Sangeetayau, insegna canto, danza e la lingua bangla ai bambini bangladesi nati in Italia.
La lingua madre e l’indipendenza del Bangladesh
È una giornata importante per la comunità bangladese: il 21 febbraio 1971 la lingua bangla venne infatti riconosciuta come la lingua ufficiale dello Stato del Bangladesh, una Nazione nata da “una guerra sanguinosa” come la definì il Time, finita il 16 dicembre 1971 con la resa dell’esercito pakistano.
Il nome della scuola “Sanchari Sangeetayau” è stampato su un foglio bianco A4, incollato al cancello della scuola primaria Romolo Balzani. Si passa fra sterpi e foglie secche e si arriva all’edificio dove ha luogo la festa, sulla piattaforma, all’ultimo piano, un signore bangladese si affaccia e sorride come a far coraggio a chi guarda in alto per valutare quanti gradini manchino.
È all’interno che l’atmosfera cambia. Colpisce la fila di quelle che dovrebbero essere cartelle ma sono invece delle variopinte borsette di stoffa appese al muro, contengono i quaderni di Ghada, Rima, Sumaya, Tina. Come per magia, si viene catapultati nel piccolo mondo delle donne bangladesi, avvolte nei loro sari bianchi e neri, quelle di religione islamica hanno il capo e i capelli nascosti nell’Hijab. Molte di loro, in mezzo agli occhi, hanno un “Tip”, un neo di color nero. Altre, spiega Mousumi, la moglie del fondatore dell’Associazione Dhuumcatu, hanno il Sidur, una goccia rossa che scende sulla fronte ad indicare che sono donne sposate. Mousumi, “Mou” vive a Roma da molto tempo, ha il viso di una bambina e una figlia di sei anni. Ha sposato un uomo più anziano di lei, dice “Sono stata fortunata. Quando sono arrivata, indossavo anche il Niqap”,il velo che lascia scoperti solo gli occhi,”poi l’ho tolto perché qui è più pratico girare senza, così eviti di rispondere alle domande di chi ti chiede perché lo porti”. Mou ci tiene a sottolineare che si dice “lingua bangla” e non bengali.
In Bangladesh, spiega Mou, si parlano quattro lingue: la lingua bangla, l’indi, il pakistano e l’inglese. Le donne di religione induista e buddista a differenza di quelle di religione islamica lasciano il capo e il viso scoperti, tutte sono unite dalla stessa lingua. Gli uomini, da parte loro, restano ai lati ed osservano lo spettacolo, compiaciuti. La figlia di Mou arriva correndo, parla in italiano, piagnucola perché la sua amica del cuore non è ancora arrivata. Lei, dice Mou, “Capisce quando parlo nella lingua madre ma non sa rispondere, è per questo che frequenta la scuola Sanchari”.
La musica è il linguaggio comune a tutti i popoli
I ragazzi, in camicia e pantaloni bianchi, e le ragazze, che fanno parte della scuola diretta da Sushmita Sultana aspettano pazienti di cantare e ballare. Dall’Harmonium esce un suono melodioso. Le ragazze seguono con lo sguardo la maestra Sushmita, che balla insieme a loro. Poi è il turno di altri ragazzi che recitano una poesia lingua bangla e in italiano. Ripetono più volte la stessa frase: “Parlare a qualcuno in una lingua che comprende significa raggiungere il suo cervello, parlare nella sua lingua madre significa raggiungere il suo cuore”. In prima fila, un bimbetto batte il ritmo con il piede e sembra che abbia una gran voglia di ballare. Quindi, Sushmita chiama sul palco Sara Modigliani, cantante romana di musica popolare e di canti sociali, l’amica di sempre. È stata Sara a convincere Sushmita ad insegnare nel coro multietnico e nella scuola Sanchari. “La musica è universale” dice Sara, “è lo strumento che collega l’Italia al Bangladesh. La musica è il linguaggio comune a tutti i popoli”. A sugello delle parole di Sara, i ragazzi e le ragazze del coro di Sushmita cantano “La Bella Rosina”. Chissà se sanno che la Bella Rosina era l’amante del primo Re d’Italia.
Cantano la natura e la storia del Bangladesh
Ed è la volta di Julie Dante, una ragazza non vedente. Ha una voce melodiosa e appassionata, si è laureata in musicologia all’Università di Parigi. Subarna, mediatrice culturale spiega che la canzone racconta la bellezza della natura in Bangladesh, dei fiumi Podma e Meghna, dei colori vividi della natura.
Il pomeriggio si chiude con il coro multietnico Romolo Balzani. Cantano canzoni e musiche da tutto il mondo, spesso si tratta di brani trasmessi oralmente da persone che hanno fatto parte del coro, come la canzone curda “Xeribim”, in Turchia è vietata l’istruzione nella lingua madre curda, come lo era la lingua bangla in Pakistan, il termine significa lontananza e anche nostalgia. Quindi, il coro intona Ekusher Gaan, canzone bengalese che celebra proprio il 21 febbraio 1971, giorno della lotta per la liberazione dal Pakistan.
Il coro chiude la festa con una canzone struggente “Il disertore”, di Boris Vian. L’autore scrive al suo “Egregio Presidente” e spiega i motivi per cui si rifiuta di andare in guerra, “Non sono nato per ammazzare la povera gente.. ho visto morire mio padre e partire i miei fratelli.. mi hanno rubato l’anima”. È il momento del silenzio, del respiro che resta sospeso, anche il bambino che piangeva, una fila più in là, si acquieta.
Livia Gorini
(21 febbraio 2024)
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