Il Piano Mattei è il fulcro del G7, il gruppo dei 7 paesi più industrializzati del Mondo, a presidenza italiana, che si è concluso il 15 giugno in Puglia. Il Piano, che aveva già riscosso il plauso dell’Unione Europea e si inseriva nel progetto europeo Golden Gateway for Africa, ha ottenuto anche l’ appoggio degli USA e dovrà pertanto coordinarsi con il PGII ,Partnership for Global Infrastructure and Investment, a trazione americana, stanziamento previsto di 75 miliardi di dollari, il documento finale a firma del Gruppo dei 7 ha accolto, dunque “con favore il Piano Mattei per l’Africa”.
Quello che l’Africa ha e di cui l’Occidente ha bisogno
Il nuovo Piano Mattei, in cima all’agenda politica del Governo italiano, è stato presentato al Senato il 29 gennaio 2024 davanti ai rappresentanti di 25 paesi africani. È un piano ambizioso che mira a dare il ruolo di capofila all’Italia all’interno della Unione Europea, non solo gestire l’immigrazione irregolare intervenendo all’origine del fenomeno ma soprattutto non lasciarsi sfuggire il controllo del continente africano. Già ad Atreju, l’evento politico di Fratelli d’Italia, tenutosi a fine 2023, Claudio Descalzi amministratore delegato dell’Eni aveva evidenziato la necessità di un Piano di investimenti in Africa, “Noi siamo un grande mercato senza energia, il continente africano possiede invece tanta energia”: fotovoltaico, gas, uranio, petrolio, terre rare “che però non riesce a sfruttare”. E non solo, loro hanno terreni coltivabili mentre quelli occidentali sono ormai insufficienti o improduttivi a causa dei pesticidi e dalle monoculture, loro hanno ed avranno una popolazione sempre più giovane mentre l’Occidente ha bisogno di manodopera. Inoltre, bisogna scalzare Cina e Russia che, prima dell’Occidente, hanno colto le opportunità del continente africano.
Il Piano Mattei è stato preceduto dal Piano Marshall per l’Africa a firma tedesca del 2017 , dal Global Gateway Africa dell’Unione Europea e dal PGII, evento collaterale sul partenariato del G7 che si è tenuto a Hiroshima nel 2023.
Se in Europa il Piano italiano viene accolto con favore e considerato un’integrazione al Global Gateway Africa per cui la UE ha già stanziato 150 miliardi di euro, in Italia non si ricorda che il piano fu pensato e in parte attuato da Enrico Mattei, fondatore di ENI, partigiano e deputato italiano che nel ’60 firmava un accordo con il governo tunisino per la costruzione di un impianto petrolifero. Enrico Mattei voleva scalzare il vecchio sistema coloniale e il monopolio degli idrocarburi. Da allora, l’Eni ha continuato ad operare in Africa.
Ed è dalla Tunisia che l’attuale Piano Mattei riparte. Il 27 maggio il Mase, Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza energetica, ha approvato la costruzione del Cavo elettrico che collegherà la Tunisia alla Sicilia e fornirà “energia pulita” fotovoltaica, per cui la UE ha sbloccato il finanziamento di 307 milioni di euro.
Le sfide dell’Occidente: demografica, energetica e il terrorismo
La necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, ricorda Marco Minniti, Presidente della Fondazione Med-Or, nata per iniziativa della Leonardo SpA , che è intervenuto all’incontro annuale organizzato da Apri International il 22 maggio, era chiara fin dal 2014, anno in cui la Russia occupa la Crimea. Per il Piano Mattei l’ Italia ha stanziato 5.5 miliardi, “soldi che” contesta Roberto Ridolfi, Presidente di Link 2007, “provengono da fondi destinati alle ONG”. Minniti parla di sentimento e di pragmatismo, “L’Italia, nell’ottica del Piano Mattei dovrebbe essere l’apripista del rientro in gioco dell’Occidente nello scacchiere africano”. Le sfide da affrontare, dice Minniti, sono tre, “Quella demografica, dobbiamo aprire canali legali per importare manodopera, quella energetica e quella del terrorismo, l’Africa e l’Afghanistan sono incubatrici del terrorismo e l’Italia è il primo approdo per gli africani”.
Tra Occidente e Sud c’è il Mediterraneo e l’Italia è al centro del Mediterraneo”. L’intervento di Minniti si allinea con quello di Giulio Terzi di Sant’Agata, Presidente della IV Commissione permanente per le politiche della UE, che lo ha preceduto.
Terzi di Sant’Agata ha sottolineato la necessità di cambiare la narrazione, “L’Africa non rappresenta un problema ma un’opportunità”, senza però spiegare cosa ne sarà dei migranti africani che continueranno a sbarcare sulle coste italiane e che si dovranno gestire. “Entro il 2050, gli africani supereranno la popolazione indiana e la superficie dell’Africa è immensa, corrisponde a quella della Cina, dell’India e degli Stati Uniti messi insieme”. Sant’Agata denuncia le ingerenze della Cina e della Russia, “L’Africa sta subendo pensati interferenze da parte della Cina, che gestisce il 50% della produzione mineraria del Congo e 1/3 delle infrastrutture, e della Russia che militarizza la sua presenza e offre supporto militare ai governi africani”.
Le interferenze cinesi e quelle russe
Le interferenze, come rileva uno studio dell’Osservatorio di Politica Internazionale del 26 agosto 2023, a cui si riferisce Terzi di Sant’Agata iniziano alla fine della Seconda guerra mondiale. Nel 1955, la Conferenza di Bandung, in Indonesia, formalizza un movimento afroasiatico, di cui la Cina fa parte, in funzione antimperialistica. Sempre negli anni ’50, la Russia con Kruscev, assiste militarmente i movimenti di liberazione africani, in Sudafrica, Mozambico, Angola, Namibia, Zimbabwe o fornisce le armi ad Algeria, Libia ed Egitto. La politica della Cina nei confronti dell’Africa non ha conosciuto battute d’arresto.
Ad oggi, le comunità cinesi sono presenti in Sudafrica, Angola, Nigeria, Mauritius, Madagascar, Ghana e Tanzania e a varie migliaia in molte piccole comunità negli altri Stati. La banca statale cinese fornisce ingenti prestiti a tassi agevolati, più o meno quello che prevede il PGII e il Piano Europeo per l’Africa, e fornisce borse di studio agli studenti africani che frequentano le università cinesi stabilendo solide relazioni con 51 dei 54 Paesi africani. Le interferenze russe, dopo un rallentamento dovuto alla crisi dell’ex URSS, riprendono nel 2014. Il rapporto tra Russia ed Africa si è rinsaldato soprattutto attraverso la firma di accordi di cooperazione militare, l’ultimo dei quali ha portato, nel luglio 2023, al colpo di stato in Niger e al conseguente stop delle forniture di Uranio di cui è uno dei maggiori produttori, alla Francia che stenta a riconsiderare il suo ruolo coloniale in Africa.
La presenza di ENI in Africa
In tale contesto, Lapo Pistelli, Direttore dei Public Affairs ENI, Ente presente da decenni in Mozambico, Libia, Egitto, Nigeria, Algeria e Repubblica del Congo, si richiama al fondatore di ENI, “Mattei ha trasformato la fragilità dell’Africa in opportunità”, la creazione di capitale umano qualificato, questa forse è la novità, è uno degli obiettivi di ENI come “la necessità di piani a lungo termine”. Pistelli si richiama a quanto affermato da Ridolfi e sottolinea l’importanza del ruolo che potranno giocare e giocano le ONG già operanti in Africa dove operano in territori e settori, come le miniere del Congo dove vengono impiegati e sfruttati i minori, in cui la diplomazia non ha accesso, dice “in alcune realtà particolarmente disagiate, le ONG fanno più della diplomazia”.
Cosa dice il Ministro degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale? Antonio Tajani rassicura i professionisti, “L’internalizzazione dell’economia italiana avrà bisogno di tutti, fiscalisti, ingegneri, tecnici, notai, avvocati, vediamoci e troviamo un modo per mettere a sistema l’esperienza dei liberi professionisti. C’è bisogno di tutela legali, fiscali. L’Italia deve preparare l’ambiente giuridico ad hoc per attrarre investimenti”.
Il gioco è in mano all’Africa
L’Africa sembra essere l’unica vera grande assente alla riunione del 22 maggio. L’ intervento di S.E. Aly Coulibaly, ambasciatore della Repubblica del Mali è a margine. S.E. ricorda ai presenti che da qui al 2050 “l’Africa sarà il continente più popoloso del mondo, l’Africa ha quasi un milione di ettari di terreni coltivabili”, ha le terre rare, ha gas e petrolio. S.E. Coulibaly chiarisce qual è la posta in gioco e riecheggia quanto detto dal capo della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki, il 29 gennaio al vertice Italia Africa in cui il presidente del Consiglio ha presentato il Piano Mattei, “Non ci presentiamo a mani vuote, i Paesi africani avrebbero voluto essere consultati prima che l’Italia lanciasse il suo piano”. Di certo, è loro interesse giocare su più fronti, saranno i Paesi africani a decidere con quali players giocare il loro futuro.
Livia Gorini
16 giugno 2024
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