Il referendum: 5 anni di residenza per richiedere la cittadinanza

Il quinto quesito, relativo alla cittadinanza, chiede l’abrogazione delle norme contemplate dall’art. 9 della L91 1992 e di riportare le lancette del tempo alla situazione antecedente alla legge del 1992. Tornerebbero ad essere 5, anziché i 10 attualmente previsti, gli anni di residenza legale necessari allo straniero extra UE per poter inoltrare la domanda di cittadinanza italiana.

Il referendum sulla cittadinanza risponde all’esigenza di attualizzare delle norme che sono ormai obsolete. I problemi posti dalle ondate migratorie degli ultimi anni, sono state oggetto di dibattito in tutti i paesi europei. L’Italia, resta un paese fermo al 1992: il legislatore non è riuscito o non ha ritenuto necessario adeguare le norme alla mutata realtà sociale.

La testimonianza dei giovani

Basti pensare alla testimonianza di una giovane donna come Sumaya Abdel Qader, intervenuta al Webinar dell’ISMU su “La Cittadinanza – quanto ne sappiamo?”. Lei come tanti altri, è figlia di immigrati, nata in Italia. A 18 anni ha chiesto la cittadinanza italiana come previsto dalla legge, ma non l’ha ottenuta perché per un periodo era tornata nel paese di origine dei genitori. Sumaya ha ottenuto la cittadinanza a 32 anni. Altra storia quella di Daniel Kalaj. Daniel arriva dall’Albania nel 2016, studia e si laurea all’università degli studi dfi Roma La Sapienza. Vive nello studentato, ottiene borse di studio perché studente meritevole ma, ad oggi, non può richiedere la cittadinanza perché non ha un reddito né una residenza.

Il ruolo del volontariato, i diritti che si sono persi

Daniel racconta di sé in occasione dell’incontro organizzato dalle associazioni di volontariato, Mo.Vi e SOS Razzismo presso la sala cittadina del Municipio II di Roma. Sono loro, i volontari, quelli che si occupano in primis dei migranti che arrivano in Italia e li sostengono, sia da un punto di vista pratico che umano. Anna Ventrella, Presidente Mo.VI. Roma Metropolitana sottolinea che il referendum sulla cittadinanza e gli altri quesiti referendari, parlano tutti di diritti che si sono persi.

Le conseguenze dell’inerzia legislativa

La realtà supera la fantasia: nessuno parla ad esempio, dice Ventrella, delle conseguenze di una politica inerte ed afona e che favorisce le zone d’ombra, sui bambini. Sono quelli che Ventrella chiama i “bambini fantasma”, i genitori non ne denunciano la nascita perché temono il rimpatrio. Angela Scalzo, Presidente di SOS Razzismo, dal canto suo, ribadisce che non si può vivere in un Paese se non esisti, non si può lasciare le persone in uno stato di sospensione. Del resto, la società in cui viviamo è una società  multiculturale, la legge deve adeguarsi alla realtà.

I migranti lavorano, il reddito minimo per i tre anni che precedono la domanda

Né si può negare la necessità del lavoro di questi lavoratori stranieri che, per richiedere la cittadinanza, devono dimostrare di avere un reddito minimo garantito per i 3 anni antecedenti a quello della presentazione della domanda.  “Non hanno voluto adeguare la legge sulla cittadinanza, riconoscere il lavoro di questi immigrati,” dice Marcello Dell’Osso, del comitato promotore del referendum sulla cittadinanza per Più Europa, “sono state elaborate diverse proposte di legge per superare la legge 91/1992 ma nessuna di queste è stata mai calendarizzata”,  per divergenze politiche o ragioni tecniche.

La sfida politica del referendum sulla cittadinanza, non se ma “come e quando”

Il referendum è una sfida politica, 5 anni invece di 10 di residenza legale per poter chiedere la cittadinanza, tutti gli altri requisiti restano uguali. Ottenere la cittadinanza resterebbe comunque un “diritto” concesso dopo avere percorso una sorta di percorso ad ostacoli: oltre alla residenza legale, la burocrazia pretende dallo straniero documenti che, non di rado, sono difficilmente reperibili perché trattasi di persone provenienti da Paesi in guerra o perché esuli politici, un’ottima conoscenza della lingua italiana (livello B1), un reddito minimo. A tale proposito, il professore Ennio Codini, moderatore del Webinar ISMU sulla cittadinanza, sottolinea che la discussione non è se ma sul come e quando ottenere la cittadinanza.

Solo il referendum può modificare la legge 91/1992

Lo studio di approfondimento dell’ISMU sulla Cittadinanza perviene alla conclusione che il referendum è al momento l’unico mezzo per modificare la legge 91/1992. Nicola Pasini, Presidente ISMU, denuncia l’ignoranza degli italiani relativa all’argomento:  a 3 settimane dal voto solo il 46% degli italiani è a conoscenza dell’oggetto del referendum, il 19% sa che ci sarà ma non sa per cosa si vota e il 35% non ne sa nulla. Lo studio ISMU mette inoltre in rilievo che il problema del come e quando concedere la cittadinanza ai cittadini stranieri non è al settimo posto fra le priorità dei cittadini italiani, contrariamente agli altri Paesi europei dove il la questione migratoria è seconda solo alla guerra fra Russia e Ucraina.

Leggere i dati, i nuovi cittadini italiani sono giovani

Giorgia Papavero, ricercatrice ISMU, aiuta a sfatare alcune false narrazioni e spiegare la nuova realtà italiana. I dati per gli anni 2023/2024 risulta che i nuovi cittadini italiani sono in maggioranza provenienti dall’Albania (31mil), segue il Marocco (27mila), la Romania (15mila), segue l’Argentina, India, Brasile, Bangladesh, Egitto e Moldova. Negli anni 2022/2023 sono state concesse circa 213mila cittadinanze, ma il 48% di questi ultimi sono figli dei migranti che avevano già ottenuto la cittadinanza, il 12% hanno ottenuto la cittadinanza per essersi sposati con italiani e il 40% perché residenti in Italia da 10 anni.  I dati raccontano che i nuovi cittadini sono soprattutto giovani con meno di 30 anni. Il 13% sono argentini e brasiliani che hanno acquisito la cittadinanza per ius sanguinis – erano 3600 nel 2021, sono 16mila nel 2023 -. L’eterogeneità di chi chiede e ottiene la cittadinanza fuga pertanto i timori di chi paventa l’islamizzazione della società italiana.

Se vince il sì al referendum

Se il sì al referendum sulla cittadinanza dovesse prevalere, inoltre, non ci sarebbe il tanto temuto aumento di nuovi cittadini italiani provenienti da Paesi extra UE. A tale proposito, si è ipotizzato che, se la legge fosse stata modificata nel 2004 e portati a 5 gli anni di residenza per richiedere la cittadinanza, in base ai calcoli effettuati, il numero dei nuovi cittadini italiani sarebbe rimasto invariato.
Si consideri, infine, che non tutti sono interessati ad avere la cittadinanza, circa 2 milioni di immigrati non richiedono la cittadinanza ma restano con il permesso di lungo soggiorno.

Livia Gorini
(28 maggio 2025)

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