Nel corso di uno scambio speciale tra il campo rifugiati di Shatila e alcune comunità italiane, un gruppo di 11 bambini sta scoprendo un mondo molto più grande dei confini della sua vita quotidiana. La delegazione è composta da 14 persone: 3 adulti e 11 bambini, palestinesi e siriani, insieme ad alcuni bambini libanesi che vivono nel campo profughi di Shatila a Beirut, Libano. Sono coinvolte nella realizzazione del viaggio della delegazione accanto a Un Ponte Per, molte Associazioni a partire da Atletico San Lorenzo, Centro Storico Lebowski, Palestina Youth Club, All reds Basket, Casetta Rossa, LOA Acrobax, CSOA La Torre.
Sono arrivati in Italia per giocare a calcio, ma anche per costruire ponti, amicizie e sogni di pace. Hanno fatto un lungo viaggio con il loro allenatore Majdi Majzoub, per portare un messaggio di speranza e di pace con la cosa più semplice del mondo: una partita di calcio.
Un evento significativo per dare speranza
Durante l’evento “Presentazione dell’Accordo di Solidarietà e Cooperazione tra lo Shatila Sport Center, il Municipio VIII di Roma e Un Ponte Per”, che si è tenuto martedì 8 luglio 2025 alle ore 18:00 presso Casetta Rossa, il Presidente del Municipio VIII, Amedeo Ciaccheri, ha detto che è importante “fare diplomazia dal basso”, cioè portare pace e solidarietà partendo dalle persone, non solo dai governi.
Majdi, il coach dei bambini, ha raccontato che la vita a Shatila è molto difficile, perché mancano diritti, lavoro e speranza. Ma lo sport può aiutare: “Non abbiamo tutti i diritti, ma con lo sport c’è speranza.” Majdi ha anche ricordato che “una mano sola non basta, ma uniti possiamo fare di più.”
Majdi Majzoub è allenatore e manager del Palestine Youth Club e del Palestine Sport Community Center a Shatila. Lui è un rifugiato palestinese che vive in Libano. Majdi ha spiegato che il progetto Palestine Youth Club è nato nel 2010 con l’idea che lo sport può cambiare la società in meglio. Ha detto che i bambini amano lo sport e così hanno iniziato questa esperienza per dare speranza ai giovani del campo.
Organizzare il viaggio in Italia non è stato facile: “Non è semplice ottenere i visti o trovare i soldi per il viaggio, ma con il sostegno di amici e associazioni come Un Ponte Per, siamo riusciti a venire qui.”
Majdi spera che questa esperienza in Italia sia molto importante per i bambini: “Torneranno con tanti bei ricordi e emozioni. I bambini italiani hanno accolto bene i nostri e hanno giocato insieme, costruendo amicizie.”
L’auspicio è continuare questi scambi culturali e sportivi, perché sono importanti per portare speranza e cambiamento a Shatila. Per questo l’8 luglio 2025 è stato firmato un accordo tra il Municipio 8 di Roma, l’organizzazione Un Ponte Per e la delegazione di Shatila per rafforzare progetti sportivi, sociali e culturali.
Importante aiutare i bambini a parlare delle loro emozioni
Un’operatrice che lavora nel campo del supporto psicosociale e della salute mentale a Shatila ha spiegato che è molto importante aiutare i bambini a parlare delle loro emozioni e pensieri. In Libano, nel campo di Shatila, ci sono pochi spazi sicuri per i bambini, ma qui in Italia, durante il viaggio, i bambini hanno trovato “spazi sicuri e adatti ai bambini” e si sono sentiti accolti da tutti. Lo sport e le attività insieme ai bambini italiani aiutano molto perché “quando giocano insieme non importa la lingua, il colore o la religione, ma sono solo bambini che giocano.”
Giulia Torrini, la presidente di Un Ponte Per, associazione che lavora a Shatila dal 1997, ha raccontato che hanno scelto di sostenere i progetti sportivi perché lo sport è un modo bello per unire le persone, anche se vengono da situazioni diverse.Ha spiegato che, dopo una squadra femminile di basket già venuta in Italia, è stato molto importante portare i bambini perché a Shatila non possono giocare in veri campionati ufficiali, quindi venire in Italia per tornei con arbitri è un sogno che diventa realtà. “Lo sport è un grande simbolo di come le culture possano incontrarsi: anche se questi bambini vengono da una situazione molto difficile e vivono condizioni economiche diverse, davanti a un pallone diventano tutti uguali”
“L’obiettivo del progetto è dare una possibilità nello sport a bambini che, da rifugiati palestinesi, pensano di non averne.”
In futuro l’associazione sogna di portare anche bambini italiani a Shatila per far conoscere loro la realtà del campo e farli giocare lì. Inoltre, sperano di mettere in contatto la Federazione italiana e quella libanese per aprire anche alle squadre palestinesi la possibilità di giocare partite ufficiali. Come ha detto la presidente: “Questa è una battaglia sportiva, ma diventa anche una battaglia politica: parliamo di diritti dei palestinesi, in questo caso del diritto allo sport, che diventa uno strumento per parlare di diritti in generale.”
Il Presidente del Municipio VIII “crede fortemente nel fatto che dal basso si possono costruire ponti di pace e che anche una piccola istituzione come la nostra possa aver voce verso le diplomazie più importanti.”
I bambini arrivati da Shatila sognano di diventare calciatori, di viaggiare e giocare come i campioni famosi. “Essere un giocatore molto bravo come Ronaldo”. Per loro il calcio non è solo un gioco, ma un modo per sentirsi liberi e pensare a un futuro senza guerra. Un altro racconta “Sogno di vivere nel mio Paese d’origine, che è la Palestina, e che la guerra a Gaza finisca il prima possibile.” Anche se nel loro quartiere non possono giocare partite ufficiali, qui si sono sentiti uguali, accolti e forti. Alcuni sognano di vivere un giorno nella loro terra, la Palestina, in pace. Fino a quel giorno, il pallone dà speranza per continuare a sognare.
Maryam Barak
Foto Alessandro Guarino
(12 luglio 2025)
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