Lotta delle pentole: il 22 marzo alle 12 le donne rom di Via Salaria 971 chiedono attenzione

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Foto di Giuseppe Marsoner

La lotta delle pentole non si arresta e ritorna in piazza. Questo è il nome assurto a simbolo della lotta che le donne della Casa della solidarietà di Via Salaria 971 portano avanti ormai dal 16 febbraio da quando gli abitanti dello stabile sono stati privati di frigorifero e gas per disposizioni comunali. É da due mesi che le persone che abitano nella cartiera hanno perso la possibilità di cucinare e conservare cibo: cene e colazione sono forniti dal comune ma la qualità è spesso pessima e non sufficiente a tirare avanti fino al giorno seguente. La situazione si è aggravata il 9 marzo quando 35 famiglie hanno ricevuto l’ordine di lasciare liberi, entro e non oltre il 28 marzo, gli spazi assegnati che occupavano dal 2011.

Dopo la manifestazione del 14 marzo la lotta ha visto un’altra mossa: il 22 marzo è stato esibito uno striscione con scritto Romnia che in romanì significa donne, in lotta, contro il Dipartimento delle politiche sociali. C’è stata la presenza dell’onorevole Giovanna Martelli, a cui una delegazione guidata da Eva Maruntel ha sottoposto il problema e che si è mostrata solidale. La parlamentare ha parlato con le famiglie e ha esposto l’intenzione di fare un’interrogazione parlamentare urgente chiedendo conto anche dei costi di uno sgombero. L’obiettivo è anche contattare Vera Jourova, commissario europeo per la giustizia. La protesta è stata organizzata da tre donne: sono le sei e mezza del pomeriggio di lunedì 21 marzo, Maria Rosaria Chirico, sociologa e ricercatrice impegnata dal 2000 con i rom, Eva Maruntel, mediatrice culturale e  Denise Madalina Tetcu esperta di giornalismo e difesa dei diritti umani – Eva e Denise  abitano in via Salaria 971 – si incontrano per mettere a punto gli ultimi preparativi per il 22. Eva mostra il comunicato stampa per la protesta che si conclude con una citazione di Bertolt Brecht Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento , perchè rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perchè mi stavano antipatici…Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare“.

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Foto di Giuseppe Marsoner

Parlano per strada, tra una fila di furgoni bianchi, perché non si può entrare all’interno del centro, un ufficiale del comune vigila e impedisce di far varcare la soglia agli “esterni”. Un topo in un angolo rosicchia un pezzo di pane indisturbato e intanto alla spicciolata escono altre donne con figlie e nipoti. Hai portato il lenzuolo?- chiede Eva ad un’altra donna- e le bombolette? Maria Rosaria insieme alle donne rom, vere protagoniste, per la prima volta, della lotta per la rivendicazione dei propri diritti, fanno una grande scritta sul lenzuolo.

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Foto di Giuseppe Marsoner

Il fervore cresce: il 28 marzo si avvicina sempre di più. Denise Madalina Pectu, ha una madre di ottanta anni a cui è arrivata la lettera di sfratto, non può credere che tutte queste persone vengano mandate in mezzo ad una strada tra una settimana senza una soluzione alternativa. Lei è in via Salaria da cinque anni e si occupa di diritti umani per sensibilizzare il suo popolo -“Se ne approfittano perché i rom non sanno le cose e così è facile spaventarli e fargli credere che non abbiano diritti ed escluderli”.

Le 385 persone che abitano la cartiera di via Salaria, di cultura romanì e di origine romena e bosniaca, vengono da diversi campi, soprattutto dal Casilino 900 o dal Best house e le tante promesse che gli sono state fatte sono infrante, non ultima quella di poter abitare negli stabili seppur precari in cui si trovano adesso.

Una donna aggiunge che il comune dovrebbe pensare ai loro bambini che vanno a scuola a Borgata Fidene che hanno fatto lo sforzo di integrarsi “noi stessi paghiamo un pulmino per assicurarci che possano andare, da quando quello del comune è stato soppresso. Che fine faranno? Ora cambierà di nuovo tutto? Non ci possono spostare così non siamo pacchi, siamo esseri umani. Noi non abbiamo avuto le stesse possibilità ma i bambini sono il nostro futuro, ne va’ della nostra reciproca convivenza”.

Foto di Giuseppe Marsoner

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Elena Fratini

(22 marzo  2016)