Cittadinanza onoraria per 1500 bambini stranieri del Municipio II di Roma

Michaela, 2 anni, è la bimba più piccola di Carmen, che vive in Italia da 18 anni. Da oggi è cittadina onoraria di Roma
Michaela, 2 anni, è la bimba più piccola di Carmen, che vive in Italia da 18 anni. Da oggi è cittadina onoraria di Roma

“Quello che vogliamo dirvi, bambine e bambini, è che siete tutti uguali, al di là del colore della pelle, della lingua che parlate, di cosa mangiate e del luogo di provenienza dei vostri genitori”. Questo il messaggio lanciato da Giuseppe Gerace, presidente del Municipio II di Roma, durante la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria a 1500 bambini nati in Italia da genitori stranieri. L’iniziativa, condivisa da Roma Capitale, è stata organizzata in adesione alla campagna Io come Tu – Mai nemici per la pelle promossa dall’UNICEF in occasione della giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Obiettivo: sensibilizzare le istituzioni nazionali affinché si proceda alla riforma della legge sulla cittadinanza.

A due anni dalla campagna l’Italia sono anch’io e nonostante i ripetuti appelli delle associazioni e i richiami del Presidente Napolitano e del Ministro Kyenge – che anche in questa occasione hanno inviato messaggi di adesione e supporto – i bambini che nascono o crescono qui continuano ad essere trattati dalla nostra legge come stranieri. Anche se i genitori vivono in Italia da ormai 18 anni, come nel caso di Carmen, che ha chiesto la cittadinanza più di 2 anni fa e sta ancora aspettando una risposta. O come Martha e Victor, che si sono trasferiti qui 14 anni fa e potranno presentare domanda il prossimo anno. Carmen, Martha e Victor lavorano e pagano le tasse in un paese che considera i loro figli ecuadoregni e peruviani. Italiani no.

Martha e Victor con i figli Rosa, 6 anni e Alexander, 7 mesi. Nelle scuola romane ci sono 40 mila bambini stranieri, 20 mila sono nati qui.
Martha e Victor con i figli Rosa, 6 anni e Alexander, 7 mesi. Nelle scuola romane ci sono 40 mila bambini stranieri, 20 mila sono nati qui.

Ragazzi cresciuti mangiando pasta e sognando la nazionale di Balotelli sono costretti a fare i conti con “Un pezzo di carta che influisce sulla mentalità dell’essere umano”, come racconta il video documentario girato dal 17enne Phaim Bhuiyan per ZaLab, proiettato durante la cerimonia. Nella sola capitale ce ne sono 40 mila: “10 studenti su 100 non hanno la cittadinanza italiana” spiega Alessandra Cattoi, assessore scuola, infanzia, giovani e pari opportunità, invocando l’esigenza di superare questo scollamento tra realtà e diritto: “Se Roma farà sentire la sua voce in maniera forte e incisiva, qualcuno inevitabilmente dovrà ascoltarci”. “Il diritto alla cittadinanza deve essere riconosciuto immediatamente all’atto della nascita” dichiara Giacomo Guerrera, presidente di UNICEF Italia, richiamando la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che afferma, tra gli altri, il diritto alla non discriminazione.

Tra i ragazzini che riempiono l’aula magna della Sapienza ci sono due “vecchie conoscenze” di Piuculture: Adrian e Giorgio, 8 e 9 anni, che frequentano la scuola Mazzini. Sguardo vispo, battuta svelta – guai a chiamarli bambini – e tanti sogni da realizzare: “Io voglio fare il cantante, il calciatore e il giocatore di rugby” racconta Adrian, mentre Giorgio preferisce la danza: “Voglio diventare un ballerino come Michael Jackson”. Alla discussione si unisce Daniel, 8 anni, materie preferite: italiano e religione. E anche Evans vuole rilasciare una dichiarazione alla stampa sulle sue preferenze, questa volta in fatto di cibo: “Hamburger, panino e patatine fritte”. Con Enrico e Alessio, di 7 anni, parliamo di hobby: lettura e giochi all’aria aperta, come “acchiappa fulmine”.

Daniel, Giorgio e Adrian. Sguardo vispo, battuta svelta e tanti sogni da realizzare
Daniel, Giorgio e Adrian.

Sono contenti i bambini, ma anche realisti, al punto da restare spiazzati perché si tende a pensare che siano piccoli e non capiscano. E invece: “È bello, ma è finto” dice uno di loro indicando il certificato che gli hanno appena consegnato. A sottolineare l’urgenza di affrontare la questione della cittadinanza ai nuovi italiani è forse ancora di più quello che accade fuori, quando una mamma che non parla ancora la lingua chiede in inglese: “Questo foglio posso usarlo per avere il passaporto?”. Le spiego che non può, è solo un atto simbolico. Lei sorride, va bene anche così. A quel punto un bambino che ha seguito la scena mi domanda “Ma a noi quando la daranno la cittadinanza, quella vera?”. E a lui non so davvero cosa rispondere.

Sandra Fratticci (21 novembre 2013)

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