Il sole è sorto alle 5,50. Sono passate già circa 13 ore dall’ultimo bicchiere d’acqua quando Manal comincia a preparare per l’iftar, la rottura del digiuno. Secondo il calendario islamico, siamo nel 1435 e lunedì 14 luglio il tramonto è alle 20,46. Quando il sole si è ritirato deve essere tutto pronto, le ultime ore sono le più dure da sopportare. Soprattutto quando il Ramadan cade d’estate e la luce cala lentamente.
Manal ha la doppia cittadinanza: egiziana e italiana. Sono vent’anni che vive a Roma. Suo marito qualche mese fa è partito per gli Stati Uniti, e ci resterà finché il visto gli permetterà di cercare lavoro. Lei è rimasta in Italia con le sue due figlie: Aya ha 19 anni e frequenta un corso di Relazioni Internazionali presso la la facoltà di Scienze Politiche, mentre Nura ne ha 14, le idee ancora poco chiare sul futuro e l’abitudine di rispondere in italiano alla madre che le parla in arabo.
La primogenita assiste Manal durante tutta la preparazione dei piatti. “Io e mia sorella preferiamo la pasta, la cucina italiana. Anche perché è più veloce da preparare. Ma i piatti egiziani sono buonissimi, ogni tanto mamma ci fa scoprire qualche nuova pietanza tipica. Il brodo di pomodoro ad esempio, una vera bontà”. Manal intanto scava le zucchine, i peperoni e le melanzane e prepara il riso con cui dovrà farcirle. Un trito di coriandolo, menta, basilico e prezzemolo emana un profumo che anticipa la bontà del risultato finale.
La cucina egiziana è ricca di lunghe preparazioni, passaggi ben definiti, cotture separate e poi congiunte. Richiede pazienza e dedizione. Ma per Manal, nonostante il digiuno e la stanchezza della giornata, non sembra essere un peso cucinare. Da un mobiletto tira fuori un’agenda gonfia di appunti: “Questo è il mio ricettario, in realtà c’è un po’ di tutto. Appunti, ritagli di giornale, ma soprattutto i passaggi da seguire in cucina. La porto con me da anni, da quando abitavo ancora a El Cairo”. Il mese del Ramadan è il periodo in cui preferiscono piatti egiziani: “La pasta è troppo pesante. Dopo le ore di digiuno non è consigliabile mangiarla, capita solo se andiamo di fretta”, spiega Aya.
Manal non si ferma mai. La ragazza, invece, verso le 19,45 comincia a sentire il peso del digiuno. “Ora comincio ad avvertire la fame, vorrei stendermi un po’. Intorno ai dieci anni si comincia a digiunare, ma solo qualche giorno a settimana, per farci l’abitudine. E comunque non ti pesa, perché vedi che tutta la tua famiglia non mangia, per te è normale”.
Il Ramadan per i musulmani è un mese di purificazione, dello spirito e del corpo. Ogni giorno viene letto dai fedeli uno dei 30 capitoli del Corano. Come durante tutto l’anno, è il sole che scandisce i tempi di preghiera: 5 al giorno. Il digiuno si rompe prima della quarta, basta anche un dattero, come da tradizione, o un bicchiere d’acqua.
Sono le 20,46 circa e a casa di Manal è tutto pronto: dal karkadè al mahshi, verdure ripiene di riso. Si comincia l’iftar con un dattero ripieno di burro, una piccola bontà che ripaga tutto il sacrificio dell’attesa. E si continua con riso, molokheyyah e pollo. Per concludere: dolce, gelato, the verde e caffè.
Dopo la cena Manal e le sue figlie si ritrovano nella grande Moschea con gli altri musulmani per i riti speciali. Pregano fino a mezzanotte circa e poi si trattengono a mangiare dolci e bere caffè.
Aya precisa: “Il Ramadan per noi non è una punizione, come molti credono. Mi dispiace dirlo ma in Italia si conoscono poco o niente le altre culture. Una mia amica che lavora a Londra ha il giorno libero in occasione dell’Id Al Fitr (festa finale del Ramadan), mentre qui incontro gente che ancora mi chiede se indosso il velo anche quando faccio la doccia”. Eppure Aya lo indossa solo quando entra in Moschea.
Rosy D’Elia(16 luglio 2014)
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