Nella società multiculturale attuale è importante chiarire che non si è tutti uguali e riconoscere le differenze. L’errore può annidarsi nell’interpretare la realtà attraverso delle categorie semplificando e scivolando facilmente nello stereotipo e nel pregiudizio, creando un contesto ostile a chi è diverso. Il tutto può tradursi nella chiusura intendendo la diversità come una minaccia all’integrità della propria comunità.
Questa paura la si intravede nel ritardo dell’Italia a riconoscere lo ius soli, ovvero la possibilità di acquisire la cittadinanza di un Paese come conseguenza dell’esserci nati, a prescindere dalla cittadinanza dei propri genitori. Queenia, 29enne di seconda generazione laureata in Scienze Politiche ed in Italia da quando aveva 5 anni, racconta di questo divario “Penso che lo ius soli sia un allinearsi a ciò che l‘Italia è già, un paese multiculturale. Secondo me, il ritardo di questo Paese sta nel non rendersi conto di un cambiamento in atto già da trent’anni.” Il dover rinnovare continuamente il permesso di soggiorno le è pesato “mentre tutti erano contenti per la loro carta d’identità, io mi chiedevo dove fosse la mia. Il mancato riconoscimento è sempre un trauma anche se non lego il mio essere italiana a un documento. E conclude con amarezza “sono disillusa, oggi so che se si presentasse un’opportunità me ne andrei anche senza cittadinanza“.
Gli stereotipi, secondo Queenia, permeano la società “che credo sia schiava di stereotipi creati dal contesto mediatico. Descrivere la pelle nera come un qualcosa di debole, associare il concetto dell’Africa a qualcosa di povero è probabilmente frutto di una presunta pubblicità progresso che invece veicola un’immagine stereotipata di un intero continente”.
Ma non necessariamente bisogna subire il pregiudizio “se si reagisce tutti insieme creando una linea comune di pensiero diversa da quella stereotipata che vediamo adesso. E non parlo soltanto del colore della pelle ma anche degli occhi a mandorla o di un nome e cognome semplicemente diversi”.
“Certo, non bisogna vivere con l’idea di dover sempre avere la risposta pronta altrimenti diventerebbe un’ossessione” ironizza Queenia, e rafforza “l’ignoranza va schiaffeggiata mettendo le persone nella condizione mentale di capire quanto sia ridicolo ragionare per stereotipi e pregiudizi. Così tutti insieme cambieremo questo paese che è anche il nostro.”
Sara Gomida
(14 marzo 2016)
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