Riforma della Cittadinanza: storie degli “stranieri” in attesa

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Un’immagine scattata durante un flash mob per la cittadinanza organizzato di fronte al Pantheon nel 2015.

Alba è una giovane albanese arrivata in Italia all’età di 10 anni con i genitori. Loro hanno un Permesso di Soggiorno per motivi di lavoro, lei per motivi familiari. Inizia a studiare e cresce come tutti i suoi coetanei con amici italiani. Una vita da adolescente qualsiasi, senza ansia per un futuro che ancora deve arrivare. L’obiettivo è quello di finire la scuola e poi iscriversi all’università e magari trovare un lavoro, fare una famiglia… e tutti vissero felice e contenti? No. Poco prima di compiere 18 anni, i genitori la mettono di fronte ad una cruda realtà. “Se vuoi rimanere in Italia hai due possibilità: continuare a studiare e richiedere un permesso di soggiorno per motivi di studio, poi molto difficile da convertire, oppure iniziare a lavorare e richiedere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro”.

Fino a oggi i bambini che arrivano da piccoli con i loro genitori devono infatti avere 10 anni di residenza ininterrotta in Italia prima di richiedere la cittadinanza italiana. Questa però non è una procedura automatica: ci sono tanti altri requisiti da soddisfare, per esempio quello del  reddito. E poi ci sono quelli che sono nati qui da genitori stranieri regolarmente residenti, ma non sono “riconosciuti” come italiani finché non compiono i 18 anni.

E così Alba, costretta, prende la decisione  più coraggiosa: studiare e lavorare allo stesso tempo. Per fortuna trova un lavoro da McDonald’s, che le fa un contratto regolare che le permetta di avere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Finalmente ora riuscirà anche a realizzare il suo sogno: iscriversi all’università, e trascorsi i “famosi” dieci anni di residenza in Italia potrà fare domanda per la cittadinanza.

Ma non tutti hanno la “fortuna” di Alba: c’è chi è costretto a simulare di lavorare con un contratto fittizio. Ed è la storia di Alina, arrivata in Italia a 22 anni, diventata clandestina dopo alcuni mesi, che ai tempi dei “flussi” per avere un contratto regolare deve chiedere la cortesia a degli amici di far finta di assumerla versandosi da sola i contributi, così da apparire agli occhi della legge con un contratto di lavoro regolare.

La riforma della Legge sulla cittadinanza proposta di recente al Senato cerca di modificare casi come quello di Alba. Una riforma che potrebbe cambiare la vita di molti ragazzi “stranieri” come lei, e non solo.

Per Alina, invece, questa riforma non modifica la sua situazione: lei oramai appartiene alla categoria degli “adulti”. E per questi ultimi ci sono i cosiddetti flussi o sanatorie, che escono in media una volta ogni due anni, e che consentono di essere regolarizzati.

La vita di molte persone irregolari passa nell’attesa, un periodo durante il quale non è possibile lavorare in regola o vivere una vita normale, perché per lo Stato italiano queste persone non esistono. Dopo aver fatto la richiesta con un contratto falso bisogna attendere di nuovo la risposta dalla prefettura, la burocrazia a volte ti lascia in un limbo anche per più di due anni. Il passo successivo, che è l’ottenimento della cittadinanza, si complica, perché i dieci anni che servono per ottenerla sono solo quelli in cui lo straniero è regolare con una residenza in Italia. E gli anni di clandestinità, sono anni di vita persa.

Erick è filippino. E’ nato a Roma ma ancora oggi, all’età di 25 anni, deve rinnovare il permesso di soggiorno. Erick ha sempre vissuto e studiato in Italia, ha anche conseguito il diploma, ma purtroppo non ha potuto richiedere la cittadinanza perché quando lui è nato la sua mamma non aveva ancora la residenza in Italia. Lui le Filippine le ha viste solo una volta, in vacanza. Parla solo italiano, anzi “romanaccio”, adora la carbonara e i tonnarelli cacio e pepe. Un ragazzo solare sì, ma da sempre considerato straniero nella propria terra natia. Quindi non basta nascere, crescere, studiare e vivere in Italia per essere considerato italiano, serve anche tanta burocrazia.

Ritornando alla riforma, se venisse approvata Alba prenderebbe la cittadinanza italiana per Ius Culturae, ovvero, per essere arrivata in Italia prima dei 12 anni compiuti e aver fatto tutto il percorso scolastico. Ma la nuova riforma, accanto allo ius soli e allo ius culturae, introduce anche un ulteriore caso di concessione della cittadinanza, ossia la naturalizzazione, per lo straniero che abbia fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età e sia legalmente residente da almeno sei anni, abbia frequentato regolarmente un ciclo scolastico. Erick, a quale categoria apparterrà?

E’ una riforma con solo quattro articoli, ma quei quattro articoli possono cambiare la vita di quasi un milione di persone. Dopo l’approvazione da parte della Camera ora si sta attendendo il parere del Senato, oramai da parecchio. Oggi, giovedì 19 maggio, dovrebbero discuterne.

Certo, l’attesa è una metafora della vita, e per quei ragazzi dopotutto, è solo l’ennesima.

Amarilda Dhrami

Tetyana Feshak

Carla Guanais

Nibir Mamdudar Rahman

Ghiath Rammo

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