Io ci sono: sul campo di calcio dalla parte dell’integrazione

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“Noi, tutte le persone riunite oggi a Roma e a Catania, sappiamo da che parte stiamo e da che parte vogliamo essere. Siamo con determinazione dalla parte di un’umanità migliore, della solidarietà e della speranza, per questo diciamo con forza: ‘Io ci sono!’“. Con il messaggio di Alfonso Molina, direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale arrivato in Europa come esule della dittatura cilena, è cominciato l’evento Io ci sono organizzato lunedì 20 giugno, in contemporanea a Roma e a Catania, dalla fondazione in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.

Sui campi di calcio dell’Istituto Santa Maria la partita dell’integrazione si è giocata tra gli ospiti dei centri d’accoglienza e i ragazzi romani: studenti e volontari della conoscenza.

Nel giorno che anticipa l’estate, su Roma cade un acquazzone tropicale, ma i ragazzi del centro SPRAR di Fiano Romano sono i primi ad arrivare e anche sotto la pioggia sono già pronti a scaldarsi. Il sole torna a splendere non appena i Tam Tam Morola danno il via al ritmo dei tamburi che scandiscono, in sottofondo, i passaggi e i tiri in porta dei giocatori per tutto il pomeriggio.

Se l’integrazione è una partita, si comincia presto a giocarla. Nella prima parte del pomeriggio spettatori e partecipanti assistono alle sfide tra i più piccoli, i pulcini delle scuole calcio romane che concludono con saggezza: “abbiamo vinto tutti”.

Io ci sono si trasforma in una vera e propria festa già dal calcio di inizio. Il tifo coinvolge da subito anche le associazioni presenti: il centro di aggregazione giovanile MaTeMù, che ha qualche rappresentante anche in campo,  Ugo Melchionda e  Franco Pittau di IDOS, Nicoletta del Pesco, direttrice di Piuculture, Suleman Diara della cooperativa sociale Barikamá.

Mentre sul rettangolo di gioco la squadra degli italiani prova a tenere testa ai rifugiati, appena fuori dal campo di calcio qualcuno non smette di osservare le regole di preghiera nel mese del Ramadan, e si ritaglia uno spazio di raccoglimento, noncurante di tutto il resto che lo circonda.

Come da tradizione, la partita si conclude con la vittoria della squadra dei rifugiati, e con la speranza che ogni giorno per loro ci sia una piccola conquista. Soprattutto fuori dal campo.

R.D.

(22 giugno 2016)

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